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Dopo più di una settimana dall’inizio dell’escalation tra Hamas e Israele è stato raggiunto il cessate il fuoco. L’accordo entrerà in vigore dalle 2 di notte (ora locale).

Nella giornata del 20 maggio si erano susseguite notizie su una possibile fine delle ostilità tra le parti in campo, con l’Egitto disposto a garantire lo stop del lancio di razzi da Gaza. In serata il Gabinetto di sicurezza di Israele, convocato dal premier Benjamin Netanyahu, ha votato a favore del cessate il fuoco.

Lo Stato ebraico aveva più volte rifiutato la richiesta di Hamas di una tregua affermando che i raid sarebbero cessati solo dopo che il Movimento e Jihad islamica avessero pagato per il lancio di razzi. I due gruppi attivi a Gaza avevano intimato diverse volte a Israele di interrompere gli attacchi contro la Striscia e di ritirare i soldati dalla Spianata delle Moschee, presa d’assalto dalle forze dell’ordine.

Il bilancio delle vittime

Il bilancio di vittime e feriti: la Mezzaluna rossa parla di più di mille feriti palestinesi, mentre i dati del ministro della Sanità di Gaza riferiscono della morte di 230 persone, tra cui 65 bambini, a seguito dei raid. Almeno 13 palestinesi hanno perso la vita nelle proteste scoppiate in Cisgiordania. La notte del 14 maggio almeno 10 persone, tra cui 2 donne e 8 bambini, tutti membri della famiglia Abu Hatab, sono stati uccisi da un attacco israeliano nel campo profughi di Al-Shati, nel nord della Striscia.

Tra le forze dell’ordine israeliane si contano una ventina di feriti. A causa dei razzi contro Israele hanno perso la vita un soldato e nove cittadini israeliani, tra cui due bambini, mentre almeno altri 60 sono rimasti feriti.

Martedì 18 anche due cittadini thailandesi hanno perso la vita e altri otto sono rimasti feriti dopo che un razzo sparato dalla Striscia ha colpito l’impianto di imballaggio nel quale lavoravano nella regione di Eshkol.

Prove per il cessate il fuoco

Il cessate il fuoco è stato raggiunto il 20 maggio.

In giornata il New York Times aveva fatto sapere che l’accordo tra Israele e Hamas sarebbe stato per “fasi”. La prima fase includerebbe la cessazione degli attacchi israeliani contro infrastrutture di Hamas e i leader del Movimento, mentre quest’ultimo dovrebbe invece mettere fine ai lanci di razzi contro le città israeliane. Israele chiede anche ad Hamas di interrompere la costruzione dei tunnel verso il confine e far cessare le manifestazioni  lungo la barriera. Al centro delle trattative vi sarebbe anche la restituzione dei corpi di due soldati israeliani e di due civili israeliani detenuti da Hamas. In cambio Israele permetterebbe l’ingresso di merci e denaro a Gaza.

L’Onu stava cercando da giorni di mediare tra le parti, ma fino al 20 maggio Israele ha sempre rifiutato le richieste di cessate il fuoco avanzata da Hamas. Come spiegato dal premier Benjamin Netanyahu, Hamas e Jihad dovevano prima pagare caro gli attacchi contro lo Stato ebraico. Tra gli obiettivi di Israele c’era anche il capo politico del Movimento, Yehya al-Sinwar, la cui casa è stata distrutta da un raid.

Hamas aveva fatto sapere in diverse occasioni di essere pronto a interrompere le ostilità se Israele avesse fatto lo stesso. Il Movimento aveva anche chiesto alla comunità internazionale di intervenire per evitare che gli agenti israeliani usassero ancora la forza per disperdere i fedeli ad al-Aqsa. Onu, Francia, Germania, Cina, Russia ed Egitto hanno continuato a fare pressioni affinché si arrivasse alla fine delle ostilità.

A bloccare il lavoro dell’Onu sono stati soprattutto gli Stati Uniti, che si sono opposti alla pubblicazione di comunicato congiunto del Consiglio di sicurezza che condannasse l’operato di Israele, affermando che ciò avrebbe minato gli sforzi americani per fermare le ostilità. Sabato 15 maggio gli Usa hanno inviato a Tel Aviv Hady Amr, vice segretario per gli affari israeliani e palestinesi.

Martedì 18 maggio si erano riuniti anche i ministri degli Esteri europei, ma l’Ue non è riuscita a raggiungere una posizione comune a causa dell’opposizione dell’Ungheria, strettamente legata a Israele.

La notizia errata sull’attacco di terra

Nella notte tra il 13 e il 14 maggio si era diffusa la notizia di un attacco di terra da parte di Israele contro la Striscia, ma il portavoce dell’esercito poche ore dopo aveva fatto sapere che le truppe di terra non erano mai entrate a Gaza.

Quello che era stato inizialmente presentato come un errore di comunicazione si è rivelato essere una tattica dell’Idf per costringere i militanti di Hamas a rifugiarsi nei tunnel sotterranei, presi immediatamente di mira dall’esercito.

Tensione ancora alta

La tensione è rimasta a lungo alta nelle aree al confine con la Striscia e in diverse città israeliane. La situazione più grave si è registrata nei giorni scorsi Lod, dove mercoledì è stato dichiarato lo stato di emergenza e chiesto l’intervento dell’esercito dopo l’incendio di alcune sinagoghe. Le manifestazioni si sono poi estese anche in Cisgiordania:Martedì 18 maggio il comitato delle organizzazioni degli arabi israeliani ha indetto una giornata di sciopero generale, mentre Fatah ed Hamas ha dato inizio alla “giornata della rabbia”.

L’esercito ha stazionato lungo il confine con Gaza come mossa preparatorio per una possibile azione di terra. Nei primi giorni dell’offensiva il ministro della Difesa Gantz aveva autorizzato il richiamo in servizio di 9 mila riservisti nell’ambito dell’operazione “Guardiano delle mura”. Obiettivo primario resta l’eliminazione dei quadri più importanti di Hamas e Jihad: tra gli obiettivi da Israele già colpiti vi è il comandante del Movimento per Gaza City, Bassem Issa.

In risposta ai raid israeliani, Hamas ha iniziato a lanciare anche i razzi Ayyash con una gittata di 250 km, colpendo l’aeroporto di Ramon, nel sud di Israele. Sempre nella Striscia, invece, due diversi raid israeliani hanno distrutto l’edificio che ospitava i media gazawi e quello in cui avevano sede le tv e le testate internazionali, tra cui Ap e al-Jazeera. In tutto sono invece 30 le scuole danneggiate dagli attacchi israeliani, ma i raid hanno anche sfiorato la sede dell’agenzia UNRWA dell’Onu. Distrutto l’unico laboratorio della Striscia in cui si effettuavano i test Covid.

Ma i razzi contro Israele non sono partiti solo dalla Striscia. Lunedì 17 maggio sei razzi sono stati lanciati dal Libano, senza però passare all’interno dello Stato ebraico.Nella serata di venerdì 14, altri tre sono stati lanciati dalla Siria contro le Alture del Golan, cadendo in una zona disabitata. Giovedì tre razzi erano stati invece lanciati contro le coste di Israele dal sud del Libano, senza causare danni. Il giorno dopo alcune persone sono riuscite a forzare le barriere lungo il confine libanese e ad entrare in Israele: uno di loro è morto a seguito delle ferite riportate. Secondo al-Jazeera sarebbe un membro di Hezbollah.

La risposta degli Usa

La risposta americana è stata tardiva e poco incisiva. Biden ha ribadito il suo pieno sostegno ad Israele e al suo diritto a difendersi, senza nemmeno condannare l’abbattimento del palazzo che ospitava i media internazionali a Gaza. Solo dopo una settimana dall’inizio dell’escalation gli Usa hanno iniziato a chiedere con maggiore forza il cessate il fuoco ad Israele, ma gli appelli sono rimasti inascoltati.

 

palestina e israele cartina

L’escalation di lunedì

L’escalation tra Israele e Gaza è scoppiata lunedì, quando le forze dell’ordine israeliane hanno nuovamente preso d’assalto al-Aqsa e i fedeli riunitisi nella Spianata delle Moschee oltre l’orario di preghiera in segno di protesta.

La tensione era alta già dal pomeriggio, quando le sirene anti-missile hanno risuonato per le strade di Gerusalemme a causa del lancio di missili da Gaza contro la città. L’attacco è stato rivendicato da Hamas, ma ore dopo anche Jihad islamica ha lanciato dei razzi verso Israele intorno alle 21 (le 20 in Italia). Entrambi i gruppi hanno affermato che gli attacchi contro lo Stato ebraico sono stati decisi in risposta alle violenze delle forze dell’ordine, che giornalmente sgomberano con cannoni ad acqua, granate stordenti e proiettili di gomma i palestinesi riuniti nella Moschea in segno di protesta per quanto sta accadendo a Sheik Jarrah.

Come già spiegato su InsideOver, 40 abitanti rischiano di dire addio alle loro case, la cui proprietà è rivendicata da Nahalat Shimon, un’organizzazione religiosa formata da coloni israeliani che mira a cancellare la presenza araba a Gerusalemme est.

Dopo il primo lancio di razzi, le forze dell’ordine hanno evacuato la Città vecchia e la sessione della Knesset (il Parlamento israeliano) è stata interrotta per ragioni di sicurezza. Nel pomeriggio è stata invece cancellata la marcia per la celebrazione della conquista manu militari di Gerusalemme est avvenuta a seguito della Guerra dei sei giorni. Ogni anno centinaia di coloni, nazionalisti e sostenitori dell’estrema destra entrano nel quartiere arabo della Città vecchia passando per la Porta di Damasco e diretti alla Spianata delle Moschee. La marcia rappresenta una vera e propria provocazione per la popolazione araba di Gerusalemme..

Lo stesso giorno era anche attesa la sentenza della Corte suprema israeliana sul futuro delle famiglie di Sheik Jarrah, ma il rischio di una ulteriore escalation e le parole di avvertimento arrivate dagli Stati Uniti avevano convinto i giudici a rimandare il pronunciamento.

Lunedì sera sono stati condotti i primi raid contro la Striscia e Hamas. Il ministro della Difesa, Benny Gantz, aveva spiegato che gli attacchi a Gaza servono ad ottenere “una calma completa e duratura. I raid dovrebbero continuare fino a quando non avremo raggiunto gli obiettivi che ci siamo prefissati”.

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