Il presidente del Consiglio Ue Charles Michel, alla vigilia del trittico di eventi costituito dal Consiglio d’Europa, dal G7 di Hiroshima e dal summit Corea-Ue, ha rimesso in campo un tema fondamentale per l’agenda globale di Bruxelles: il percorso di adesione dell’Ucraina all’Unione europea.
Il sostegno di Michel e le sfide di Kiev
“L’Ue e i suoi Stati membri hanno inoltre fornito oltre 70 miliardi di euro di assistenza complessiva all’Ucraina”, ha dichiarato Michel in conferenza stampa. “E con l’ultimo sostegno del Fondo Monetario Internazionale, e con i contributi del G7, questo colma il divario di finanziamento per l’Ucraina nel 2023. Si tratta di un segnale importante da parte dei partner che sostengono l’Ucraina nel momento del bisogno”.
Ai finanziamenti legati al fondo per la politica di vicinato, all’acquisto di munizioni finanziato anche col Fondo per la pace dell’Ue, al continuo sostegno politico per l’integrazione di Kiev Bruxelles non è però disposta – e non potrebbe farlo – a dare una cambiale in bianco o una corsia preferenziale per l’Ucraina. Kiev deve mostrare ancora numerosi progressi sul diritto interno, le garanzie democratiche, le tutele della societĂ civile e il bilanciamento dei poteri. Sfere che sono state – come era comprensibile – fortemente messe sotto pressione o compresse dall’invasione russa in avanti. Ma su cui giĂ da prima della guerra Bruxelles aveva messo la lente.
Il nodo corruzione
Mentre Michel parlava a Bruxelles, a Kiev un esempio lampante dei problemi interni che Kiev deve risolvere si manifestava. Accusato di aver ricevuto una tangente da 2,7 milioni di dollari, veniva infatti arrestato nientemeno che il presidente della Corte Suprema, il giudice Vsevolod Knyazev. Il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky per gli affari giuridici, Serhiy Leshchenko ha comunicato che l’Ufficio nazionale anticorruzione dell’Ucraina (Nabu) e l’Ufficio del procuratore specializzato anticorruzione (Sap) hanno ordinato l’arresto di Knyazev dopo lunghe indagini.
Le strutture anticorruzione che Zelensky ha indicato come decisive per la salute del sistema ucraino non sono state sdoganate con forza dopo la sua campagna elettorale vincente nel 2019. Con la guerra, il presidente ha amplificato il raggio d’azione delle epurazioni di funzionari, membri del sottogoverno e amministratori della giustizia sospettati di collusioni e corruttele. Non è per ora trapelato il nome di chi avrebbe corrotto Knyazev, ma la partita viste le cifre in gioco si può ricondurre alla “guerra degli oligarchi” che Zelensky sta conducendo. Comprimendo notevolmente diritti come la proprietĂ privata per quanto concerne media e asset strategici in nome della ricerca di un compromesso con gli oligarchi piĂą malleabili. Ma tirando dritto di fronte a chi si è opposto alla riforma, come l’ex protettore Igor Kolomoisky, suo “padrino” editoriale, suo primo patrono politico e storico finanziatore del battaglione Azov, privato della cittadinanza nei primi mesi di guerra.
Sicuramente eradicare la corruzione legata ai profittatori di guerra o agli abusi legati alle “rendite di posizione” di funzionari e boiardi di Stato è nell’interesse della resistenza ucraina. Ma per poter in futuro, finita la guerra, ambire all’Ue Kiev dovrĂ mostrare dei progressi strutturali e sostanziali tanto nelle garanzie del diritto interno quanto sul fronte dell’equilibrio tra poteri.
Il nodo della compressione democratica
Il caso della recente polemica dell’opposizione ucraina sul controspionaggio ha lanciato un allarme comprensibile: Kiev deve evitare di minare le giĂ fragili fondamenta della sua democrazia per non far sì che l’emergenza bellica costituisca la base di un’involuzione democratica.
La concentrazione di grandi poteri sulla presidenza, la messa fuori legge delle opposizioni di sinistra a partire dal 2014 accelerata dopo il 24 febbraio 2022, la rimozione di funzionari e l’uso della “bomba” corruzione per eliminare politici e membri dell’apparato critici della gestione del potere da parte di Servitore del Popolo, il partito di Zelensky, destano sicuramente allarme. Ma la Commissione Europea è disposta a concedere all’Ucraina un sentiero di rientro da questa fase emergenziale.
Come ha scritto sul sito dell’European Council of Foreign Relations la visiting fellow Margaryta Khovstova “l’Ucraina non è certamente la prima democrazia ad aver affrontato una guerra” e dunque il conflitto non può essere un attenuante sul medio-lungo periodo. Del resto l’Europa o la si accetta in toto o non la si accetta: e nodi come le epurazioni delle opposizioni, la stretta sul dissenso e la fine degli equilibri di potere non possono essere ignorati. Ma non solo di problemi vive il sistema ucraino.
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Gli sforzi di Kiev
In un sistema a macchia di leopardo, la presidenza e la Rada, il parlamento ucraino, hanno fatto andare di pari passo le zone di “compressione” e l’avvio di riforme politiche per iniziare un sentiero di convergenza al diritto Ue. Khovstova cita il fatto che “circa la metĂ delle raccomandazioni della Commissione europea si concentra sul sistema giudiziario e sullo Stato di diritto. Il compito principale è aumentare la trasparenza nella selezione dei giudici della Corte costituzionale e garantire che il processo non sia soggetto a influenze politiche”. Inoltre, “nel dicembre 2022, il parlamento ucraino ha approvato un disegno di legge che definisce il processo di selezione dei giudici per la corte costituzionale. L’organo consultivo del Consiglio d’Europa in materia di diritto costituzionale – la Commissione di Venezia – ha quindi richiesto emendamenti, che il governo ha promesso di apportare con urgenza“.
Tali riforme, peraltro, come sottolineato su True News, saranno fondamentali nel 2023 perchĂ© Kiev ottenga gli aiuti promessi nel sistema di Assistenza Macrofinanziaria (Mfa) delle politiche di vicinato. L’Ue a ottobre ha deliberato di stanziare 18 miliardi di euro per Kiev con la condizionalitĂ che si tratterĂ di prestiti a bassissimo tasso d’interesse e lungo tempo di risposto per il cui ottenimento Kiev dovrĂ mostrare progressi sostanziali sul diritto interno. L’aiuto a fondo perduto del 2022 inizia a strutturarsi anche nella direzione della preparazione dell’Ucraina alla grande massa di fondi per la ricostruzione che, sottolineano i ben informati vicini alle organizzazioni internazionali e alle istituzioni europee, Kiev non è ancora pronta a poter gestire in forma affidabile. E anzi, fonti editoriali interne all’Ucraina parlando con InsideOver hanno di recente ricordato che alle condizioni attuali l’Ue, il Fondo monetario internazionale e le altre istituzioni “non farebbero toccare un euro” a Kiev.
Kiev prova a mostrarsi in discontinuitĂ sulla giurisprudenza, sulla corruzione e non solo. La Rada nel 2022 ha lanciato il programma Ukraine Reform Architecture (Ura) per portare il diritto interno all’altezza di quello europeo e Bruxelles si è impegnata a sostenere le iniziative per consolidarlo. Diritto della proprietĂ intellettuale, tutela dell’ambiente, diritti di proprietĂ intellettuale, tutela dei consumatori e trasparenza dei servizi finanziari sono cinque settori in cui il diritto interno ucraino è molto lontano dagli standard europei e su cui servirĂ un sostegno a tutto campo negli anni a venire.

Il nodo lavoro
Non da ultimo, ci sono questioni economiche di non secondaria importanza. La recente partita sul grano ucraino esportato a basso prezzo in Ue ha aperto il vaso di Pandora sul fronte della potenziale concorrenza del prodotto ucraino al resto della produzione comunitaria, e si lega a doppio filo al tema dell’abbattimento del costo del lavoro in Ucraina che Zelensky e i suoi stanno cercando di portare avanti anche durante la guerra.
La riforma del lavoro del governo ucraino è un cavallo di battaglia che Zelensky ha annunciato già nel 2020 forti deregolamentazioni, la riduzione del potere dei sindacati e la deroga alla contrattazione collettiva.
L’invasione della Russia, secondo l’organizzazione non governativa Social Europe, non ha fermato l’approvazione dei nuovi codici del lavoro deregolamentati che in Ucraina hanno allontanato le condizioni del Paese dagli standard dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil) in termini di equilibrio tra datori di lavoro e subordinati. Tra il 2021 e il 2022 , ha riportato Social Europe, è stato introdotto “un regime parallelo per le piccole e medie imprese ucraine – che impiegano fino al 70% della forza lavoro del paese – al codice nazionale del lavoro, consentendo loro di utilizzare contratti di lavoro minimi che trattano dipendenti e datori di lavoro come parti uguali durante i negoziati.
La legge “consente anche la modifica unilaterale da parte del datore di lavoro dei termini e delle condizioni essenziali”, uno standard ritenuto non conforme all’economia sociale di mercato dell’Ue e che può creare molteplici problemi sul fronte del possibile dumping che l’industria ucraina potrebbe fare in termini di vantaggi di costo. Un altro scoglio, tra i piĂą insidiosi, di un percorso di avvicinamento tra Ue e Ucraina che appare ancora lungo. Anche qualora la guerra dovesse risolversi in tempi brevi, i progressi che deve mostrare Kiev sono numerosi e potrebbero risolversi in una radicale manifestazione dei limiti dell’agenda modernizzatrice con cui Zelensky è stato eletto nel 2019 e che è rimasta a lungo inapplicata.
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