Le elezioni francesi per l’Assemblea legislativa sono imminenti ed i sondaggi iniziano a disegnare scenari combattuti. La domanda che gli addetti ai lavori si pongono è soprattutto una: Emmanuel Macron riuscirà ad ottenere una maggioranza in grado di scongiurare l’ipotesi coabitazione? Il sistema politico francese prevede che il governo possa essere di un segno politico diverso rispetto a quello dell’assise parlamentare, con tutte le conseguenze problematiche del caso in termini di approvazione di riforme complessive e non solo.
Di solito, la cittadinanza francese, considerati i risultati delle elezioni presidenziali, tende ad uniformarsi o comunque a convergere, assecondando uno spaccato politico quanto più coerente possibile con la scelta del presidente, e quindi avvantaggiando l’inquilino dell’Eliseo. Ma un trend non basta per costituire una regola elettorale. E i sondaggi che stanno emergendo sul piano pubblico in queste ore raccontano di come il leader dell’ex La Republique En Marche! (ora la formazione politica di Macron si chiama Reinassance) non possa dare nulla per scontato.
Stando a quanto sondato da Ifop-Fiducial – una rilevazione statistica che è stata riportata anche dall’Agi – il presidente della Repubblica francese è vicino ad una maggioranza assoluta ma non senza possibili soprese. Macron dovrebbe poter contare tra i 275 ed i 310 parlamentari. Per avere la certezza di una maggioranza presso l’Assemblea parlamentare, l’ex enfant prodige della politica francese dovrebbe riuscire ad eleggere almeno 289 esponenti della Reinassance. Il vertice politico si trova dinanzi ad un obiettivo più che possibile ma non certo. Ma il confine appare davvero sottile.
Gli avversari più “preoccupanti” per il leader europeo, che nel frattempo continua ad occuparsi anche del dossier sull’Ucraina, dimorano soprattutto alla sua sinistra. Jean Luc Mélenchon, dopo il terzo posto delle presidenziali, è riuscito a convincere (non senza sollevare critiche da parte di esponenti storici di quell’area come Francois Hollande) un cartello elettorale che racchiudesse ecologisti, post-socialisti, la sinistra massimalista della France Insoumise e lo stesso Partito Socialista, che alle presidenziali è andato malissimo. Il populista di sinistra ha centrato la sua campagna elettorale chiedendo ai francesi di eleggerlo premier, ossia di consegnargli la maggioranza dell’Assemblea legislativa.
A destra, invece, la situazione è più frastagliata. Marine Le Pen, che ha annunciato che non si candiderà più alle elezioni valevoli per l’Eliseo, non ha voluto stringere accordi con Eric Zemmour, Marion Marechal e la loro Reconquete! I lepenisti, anche in questa circostanza, hanno davvero poche chance di ottenere la maggioranza ed anzi devono guardarsi, nei singoli seggi dove sono più competitivi, dal non perdere per strada voti in favore dei candidati di Zemmour, specie nel Sud borghese della nazione transalpina. Il Rassemblement National dovrebbe arrivare quarto sul podio, mentre i conservatori di Zemmour dovrebbero conseguire un risultato molto al di sotto delle aspettative.
Ma il sondaggio citato fotografa anche altro: la coalizione di Mélenchon dovrebbe arrivare seconda, con un risultato di circa 205 parlamentari eletti. Un esito di questo tipo non basterebbe per gridare vittoria ma porrebbe il capo della France Insoumise nella posizione di perno e principale riferimento dell’opposizione, con tutto quello che ne conseguirebbe sul piano della narrativa in vista delle presidenziali (a cui comunque mancano cinque anni). Potrebbe far discutere, invece, il risultato dei Repubblicani, che dovrebbero arrivare terzi, nonostante la batosta inflitta poche settimane fa a Valerie Pecresse.
Les Republicains, sul piano territoriale e come hanno dimostrato le ultime amministrative, sono più che competitivi. E forse, dopo quest’altro giro di boa, rimpiangeranno di non aver scelto un profilo diverso da quello della Pecresse. Vale la pena specificare un dettaglio: il governo nominato da Macron qualche settimana fa – quello che potrebbe comunque essere rivisto se non sconvolto dopo i risultati delle legislative – è composto, in piena chiave post-ideologica, anche da esponenti di centrodestra. Il che potrebbe influire sul sostegno dei Repubblicani, almeno dell’ala moderata, in Parlamento.