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Nelle ultime settimane diversi esperti hanno messo in luce le criticità del sistema sanitario britannico di fronte all’epidemia di Coronavirus e stimano che se ci sarà l’ondata di contagi prevista, il National Health Service potrebbe non reggere.

Ieri il Guardian ha rivelato che la diffusione del Covid-19 nel Regno Unito potrebbe protrarsi fino al 2021, e si prevede che quasi 8 milioni di persone dovranno essere ospedalizzate.

La mancanza di posti letto e la carenza di personale negli ospedali britannici potrebbe però trasformarsi in un incubo per Londra. Non a caso questa è una delle principali ragioni che hanno spinto il premier britannico Boris Johnson a optare per il discusso “piano B” che punta al raggiungimento della cosiddetta immunità di gregge, o herd immunity, attraverso il contagio di almeno il 60% della popolazione, andando in direzione opposta alle misure adottate finora dagli altri Paesi europei.

La scommessa dell’esecutivo britannico sembra infatti essere quella di gestire la diffusione dell’epidemia nel lungo termine in modo che la popolazione diventi immune al virus qualora dovesse ripresentarsi nei prossimi anni. Ma per chi lavora negli ospedali, il sistema potrebbe non riuscire supportare l’urto causato dal boom dei contagi e il tracollo dell’NHS sarebbe più vicino di quello che si pensi.

Quando ci sarà il picco dei contagi nel Regno Unito?

La strategia britannica è quella di ritardare l’insorgenza del picco della malattia fino ai mesi estivi, quando il sistema sanitario nazionale è in genere meno sotto pressione.

Per ora i numeri sono ancora contenuti e giocano a favore di Londra. Gli ultimi dati parlano di quasi 1.400 casi in tutto il Paese e circa 40 decessi.

Cifre lontanissime dai dati allarmanti che arrivano dall’Italia così come quelli sempre più in crescita di Francia e Spagna.

Ma anche per il Regno Unito, la “pandemia”, come l’ha ormai ufficialmente definita l’Organizzazione mondiale della sanità a partire dalla scorsa settimana, è destinata ad espandersi velocemente.

Secondo quanto riportato da BBC, alcune simulazioni al computer indicano che il Regno Unito, pur essendo ancora nelle prime fasi dell’epidemia, dovrebbe vedere il numero dei casi aumentare rapidamente tra circa quattro settimane e raggiungere il picco massimo tra 10 o 14 settimane.

Tuttavia come hanno annunciato il capo consigliere scientifico di Downing Street, Patrick Vallance e il capo medico ufficiale Chris Whitty, per il momento è ancora “troppo presto per imporre severe restrizioni in questa fase”.
Per i due top-consultant dell’esecutivo britannico, restrizioni simili a quelle adottate in Italia potrebbero durare diversi mesi e causare lo “stress da isolamento”, con moltissime persone che alla fine, prese dalla stanchezza per la quarantena, inizierebbero nuovamente a uscire di casa proprio nel momento in cui l’epidemia è al suo culmine.

Gli ospedali britannici sono pronti ad affrontare la pandemia?

Stando ad uno studio del 2012 pubblicato sulla rivista scientifica PubMed, il Regno Unito avrebbe una media di 6,6 posti letto per trattamento in terapia intensiva (critical care) ogni 100.000 abitanti. Circa la metà dell’Italia, che invece in base alla ricerca ne ha 12,5 e che risulta, se paragonata con le altre principali economie europee, seconda solo alla Germania, che invece ha una media di quasi 30 posti letto di terapia intensiva ogni 100.000 abitanti.

Per colmare questo divario nel mezzo della crisi causata dal virus Covid-19, gli ospedali britannici stanno triplicando le dimensioni delle loro unità di terapia intensiva e si stanno preparando a sostituire i medici dei reparti di “Accident and Emergency (l’equivalente del nostro Pronto Soccorso) con altri specialisti mentre l’NHS si prepara per un’ondata di pazienti mai vista prima.

Moltissimi centri ospedalieri hanno già iniziato ad annullare le operazioni ritenute non urgenti, compresi interventi chirurgici e altri trattamenti.

Un alto funzionario citato dal Guardian, ha definito l’attuale situazione che gli ospedali si trovano ad affrontare come “diverso da qualsiasi cosa mai vista prima in tempo di pace”.

Intanto sono sempre di più i medici che si dicono preoccupati del fatto che il servizio sanitario nazionale non abbia posti letti e personale specializzato a sufficienza per affrontare l’afflusso di pazienti previsto nelle prossime settimane. Il pericolo è che il sovraffollamento degli istituti ospedalieri aumenti esponenzialmente il rischio di contagi anche tra gli stessi operatori sanitari, provocando una reazione a catena che potrebbe portare il sistema sanitario britannico al crollare su se stesso.

I medici temono il tracollo dell’NHS

Come ha rivelato un recente sondaggio, solo otto medici su un campione di oltre 1.600 intervistati ritengono che l’NHS sia pronto ad affrontare l’emergenza Coronavirus.

La stragrande maggioranza dei medici del Regno Unito teme che il servizio sanitario nazionale non sia preparato per l’epidemia e sembra quindi contraddire le rassicurazioni fornite dal premier Boris Johnson sul fatto che il servizio sanitario riuscirà a far fronte all’emergenza.

I medici ritengono che l’NHS sia già oltre i limiti e possa letteralmente “collassare” se sottoposto a ulteriori pressioni.

Il problema non riguarda solo gli ospedali ma anche le General Practice, o “GP”, ovvero gli ambulatori locali che si occupano di visite mediche di base, esami, test, o piccoli interventi, e che costituiscono il primo “fronte” del sistema sanitario britannico.

Tutti i GP locali hanno già annunciato che per il momento non riceveranno alcun paziente affetto da Coronavirus, non essendo adeguatamente attrezzati ad accogliere in sicurezza gli infetti da Covid-19 o verificare i casi sospetti, ma si pensa che anche il sistema degli ambulatori locali dovrà essere implementato per aiutare a salvare più vite possibili.

I soldi al sistema sanitario potrebbero non bastare

Nel budget proposto l’11 marzo scorso a Westminster, Rishi Sunak, il nuovo cancelliere dello scacchiere, che ha da poco preso il posto di Sajid Javid, ha annunciato ben 5 miliardi di sterline in più per aiutare il servizio sanitario nazionale a gestire l’emergenza virus, facendo intendere che altre risorse potrebbero essere rese disponibili in caso di urgenza.

Sunak ha promesso altri milioni o miliardi se sarà necessario. La domanda però è se questa iniezione di finanziamenti nel sistema sanitario non sia giunta troppo tardi e se porterà effettivamente dei benefici una volta che gli ospedali saranno chiamati a gestire la più grande emergenza che il mondo si trova ad affrontare negli ultimi decenni.

L’attenzione, quindi, dopo la scommessa di Boris Johnson su come affrontare il Covid-19, è tutta rivolta al National Health Service britannico. Da lì si capirà se la scelta del Nr.10 è stata troppo azzardata, e se il destino di milioni di persone, in quella che potrebbe essere “l’ora più buia” per l’intero Paese, cederà con il tracollo del suo sistema sanitario.

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