Il premier libico Fayez al Sarraj è arrivato a Roma per incontrare Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Un vertice importante che arriva dopo il “pasticciaccio” dell’incontro saltato questa settimana. Il leader di Tripoli doveva vedere Conte questa settimana, ma l’invito di Khalifa Haftar e il suo arrivo a Roma prima dell’autorità del governo riconosciuto hanno fatto cambiare idea al capo del Gna. Giorni di fuoco. L’Aise aveva avvertito Conte dei rischi di un invito dei due leader partendo da quello della Cirenaica, che sta assediando i sobborghi di Tripoli. Ma l’idea di organizzare una sorta di trilaterale romano con i leader libici aveva convinto il premier ad andare avanti per la sua strada. In questo, secondo alcuni, colpendo anche la leadership degli Esteri del ministro Luigi Di Maio, nel frattempo inviato a Il Cairo.
Dopo giorni di strappi e tentativi di ricucire, Sarraj arriva a Roma. Per Conte sarà l’occasione per un chiarimento, ma anche per far comprendere ai libici la road map voluta dal suo governo. Che in queste settimane appare sicuramente fumosa. L’incontro con Haftar fa comprendere che i contatti con con Bengasi non sono mai cessati. Anzi, sono in molti a credere che in realtà Roma stia spostando il suo asse proprio verso l’Est della Libia, convinta dal fatto che Haftar sia ormai un pretendente per il controllo del Paese e che, in ogni caso, non potrà essere messo da parte. Anche in caso di una eventuale spartizione de facto della Libia.
Le parole di Conte
In conferenza stampa congiunta, il premier Conte ha ribadito le linee guida del governo sul dossier Libia. Il presidente del Consiglio ha confermato la scelta di una soluzione politica. E ha chiesto ancora una volta il rispetto del cessate-il-fuoco ribadendo la necessità di non avere agende nascoste in Libia. Richiesta abbastanza aleatoria visto che è praticamente impossibile che cessino interferenze esterne, così come è difficilissimo credere che sia l’Unione europea a poter fare qualcosa nel ginepraio libico.
Conte probabilmente ne è consapevole. Non può non sapere né non può non essersi reso conto della totale apatia dell’Europa sul dossier nordafricano. Ma evidentemente sa che da qualche parte deve ricevere sponda, visto che Emmanuel Macron segue (e detta) la sua linea tra Tripoli e Bengasi e ormai anche altri Paesi europei si sono allontanati da Serraj: in primis Grecia e Cipro. Con la fine del negoziato Brexit, poi, Conte non ha nemmeno un possibile partner britannico all’interno del consesso europeo per spingere sulla strategia italiana. E se gli Usa non si affidano a Serraj mentre Vladimir Putin sostiene di fatto Haftar, Conte non può che sperare (purtroppo per lui) in Bruxelles.
Le frasi di Sarraj
Al Sarraj, dal canto suo, non è apparso così aperto nei confronti dell’Italia. È chiaro che i legami con Erdogan e soprattutto il sentimento di essere stato tradito da parte dell’Italia pesano eccome nei rapporti con Roma. E non è un caso che da parte di Tripoli siano arrivate parole di rispetto ma non di troppo miele. Tanto è vero che lo stesso premier libico ha detto che Tripoli sostiene il cessate-il-fuoco proposto da Russia e Turchia, quasi a ribadire che è quella la road-map da seguire. Anzi, lo stupore espresso da Serraj sul silenzio della comunità internazionale “sui crimini contro i civili che vengono commessi a Tripoli” indica che non è affatto dimenticato lo smacco di Palazzo Chigi sull’aver ricevuto Haftar proprio dopo il bombardamento contro l’accademia militare.
L’intreccio turco
Per l’Italia la questione è chiaramente molto più importante di quanto si possa immaginare. In ballo non ci sono solo accordi sul fronte migratorio, visto che la Libia è ancora oggi base di partenza per migliaia di persone in rotta verso l’Italia, ma anche, e soprattutto, sotto il profilo strategico (sia dal punto di vista economico che militare). La presenza in Libia di impianti Eni ha fatto che sì che l’Italia appoggiasse subito Tripoli e Sarraj. Ma adesso che il governo appare sempre più fragile, è opportuno anche ripensare una strategia che non ci faccia rimanere esclusi in caso di vittoria di Haftar o di una continua e sempre più forte penetrazione degli interessi turchi nel Paese. Recep Tayyip Erdogan è ormai un alleato fondamentale di Sarraj, ma è anche un avversario dell’Italia sul fronte del controllo dell’ovest libico e soprattutto del gas: sia in Nord Africa che nei fondali di Cipro. Questa divergenza fra Roma e Ankara (in teoria con lo stesso alleato ma in pratica su fronti opposti) mette Conte in una posizione scomodissima. E l’avere allacciato di nuovo rapporti con la Cirenaica, sostenuta più o meno apertamente dal blocco anti Erdogan (Egitto, Cipro, Israele, Arabia Saudita, Emirati, ma anche Grecia), compatta anche l’Italia nel nuovo asse del Mediterraneo orientale.
L’intreccio tra Tripoli, Roma e Ankara sembra essere sempre più importante. Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, è andato ad Ankara per incontrare Erdogan. Sul piatto, tra i vari dossier, spicca il tema Libia, con il Sultano che tratta da ormai unico alleato di Tripoli. Ed è sempre ad Ankara che volerà, il 13, il premier Conte. Anche in questo caso sarà la questione libica a essere centrale, con l’Italia che si ritrova a dover parlare con il governo turco non più un qualità di fondamentale partner di Tripoli ma come alleato scomodo.
L’intelligence opera giorno e notte per capire come Roma possa rientrare in partiti. I Falcon dei servizi segreti sono stati in questi giorni sia nell’est che nell’ovest della Libia. E l’impressione è che Conte voglia effettivamente riprendere in mano il dossier, sperando però in supporti internazionali che a questo punto appaiono sempre meno convinti e soprattutto interessati alla linea italiana.