Quando, in una vasta sala con le bandiere italiane e turche sullo sfondo, Giuseppe Conte e Recep Tayyip Erdogan hanno iniziato la conferenza stampa dopo il loro bilaterale, da Mosca ancora non si ha ufficialità sull’esito della trattativa tra Fayez Al Sarraj e Khalifa Haftar in corso sotto la supervisione di Vladimir Putin. Eppure dell’accordo se n’è iniziato a parlare come di un qualcosa di attuale, già dato per fatto. Segno di come, sul dossier libico, oramai la svolta appare prossima.
Il ruolo dell’Onu
Punto di convergenza comune tra Conte ed Erdogan sembra essere, in primo luogo, la presenza delle Nazioni Unite in Libia. Uno degli elementi principali dell’accordo che si sta mediando a Mosca riguarda proprio il ruolo dei caschi blu. Secondo il presidente del consiglio, la loro presenza sarà indispensabile per la stabilità del Paese nordafricano: “Ci deve essere un ruolo per le Nazioni Unite – ha dichiarato Conte – C’è l’opzione di un gruppo di interposizione ma ne discuteremo a Berlino”.
Dal canto suo, il presidente turco ha ribadito quella che dovrebbe essere la vera funzione delle Nazioni Unite in Libia: “La presenza dell’Onu – ha fatto presente Erdogan – può essere opportuna in qualità di osservatori”. Da quanto trapelato da Mosca, in effetti, i caschi blu non dovrebbero essere armati ma fungere come forza di interposizione tra le parti. Il capo dello Stato turco ha voluto forse appositamente “giocare” con le parole, ridimensionando il ruolo che sarà preso dai caschi blu. Da Ankara sono inoltre arrivati segnali che fanno propendere verso un sostanziale via libera della missione Onu: “Il cessate il fuoco può risultare una misura molto precaria se non inserito in uno sforzo della comunità internazionale per garantire la stabilità in Libia”.
Turchia sempre più protagonista in Libia
Oltre all’arrivo delle Nazioni Unite nel Paese nordafricano, a Mosca tra i punti trattati in queste ore c’è stato quello relativo del congelamento della missione turca. A prima vista sembrerebbe un punto sfavorevole ad Ankara ma, in realtà, fornisce ad Erdogan la prospettiva di poter rivendicare il “successo” di aver mantenuto Al Sarraj al potere. Ma soprattutto, la Turchia in queste ore è ben presente a Mosca con propri emissari di prim’ordine.
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