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Fonti d’intelligence interna riferiscono che, solamente nella giornata del 28 febbraio, dalla Lombardia sono partiti per la guerra 200 cittadini ucraini residenti nel nostro Paese. Molti sono lì sin dall’inizio, altri ne partiranno domani, dopodomani e il giorno dopo ancora, finché non cesseranno i combattimenti. Finché la Russia non sarà ricacciata indietro.

Sono il vicino di casa, il collega, il commesso, il manager. La guerra entra nelle nostre vite togliendoci un pezzetto di quotidianità alla volta. Chissà se torneranno, chissà cosa racconterebbero. Chissà che non duri anni e che non fossimo costretti a scoprirlo noi stessi cosa vuol dire fare la guerra. Perché è questo che ha fatto la Russia di Vladimir Putin: nel 2022, dopo tre ondate di Covid, dopo Sanremo, ha scatenato la guerra.

Alt. Rileggiamo la penultima riga: “La Russia di Vladimir Putin”. Come se la Russia fosse sua. E un po’, in effetti, lui si comporta così. Come se fosse sua.

Al 27 febbraio, come riportato dal sito russo indipendente sui diritti umani Ovd-Infogruppo, gli arresti totali in 51 città della Russia – Mosca in testa – dove si sono tenute manifestazioni popolari contro la guerra, ammontano a circa 6mila. Stando a quanto riferito da diverse fonti, gli uomini non vogliono andare a combattere e tra non molto potrebbe porsi il problema di un sommovimento interno ingestibile, se non altro per motivi logistici. Se il “tuo” popolo si ribella, lo mandi tutto in Siberia?

Se quei generali e boiardi di Stato che Putin ha considerato “suoi” smettessero di chinare la testa di fronte ai suoi occhi di ghiaccio? Se per caso un centinaio – ma forse sono anche troppi, facciamo una dozzina – di “fanta-miliardari”, di quegli oligarchi di cui tanto si parla in questi giorni, mettessero in piedi una diplomazia parallela e cominciassero a trattare una sorta di pace separata? Che cosa accadrebbe se un simile scenario si materializzasse (apparentemente) all’improvviso? Proviamo a immaginare.

Personaggi fino a una settimana fa conosciuti solo da una ristretta cerchia della popolazione mondiale, oggi si ritrovano pericolosamente sotto i riflettori. I loro soldi vengono presi di mira, le loro maxi ville in giro per il mondo, gli yacht a Porto Cervo, le imprese di costruzione, il loro mondo dorato è in serio, serissimo rischio. È credibile che siano rimasti con le mani in mano fino a questo momento? È immaginabile che non abbiano nel cilindro una exit strategy per salvare baracca e burattini?

Che per Putin le cose non siano andate come dovevano andare, è ormai chiaro. Ma quei mezzi corazzati senza benzina sulle sterminate strade dell’Ucraina, questa Europa che si sta scoprendo di giorno in giorno più volenterosa nel non fargliela passare poi troppo liscia, questa informazione internazionale allineata sullo stesso fronte di fuoco a dipingerlo come un tiranno, un folle, un assassino – beh -, non hanno il sapore, se non di un complotto interno, di un raffinatissimo gioco di prestigio? Mettiamo le mani avanti e ripetiamo: è immaginazione, ma con dei “fanta-miliardi” a disposizione, l’immaginazione può diventare reale. Se non l’immaginazione, la diplomazia e la cooperazione sicuramente.

Una pace separata guidata da un pool di oligarchi spianerebbe la strada a un cambio di rotta di 180°. Un nuovo presidente – magari gradito a qualche Paese amico -; una pace tutto sommato onorevole; la coscienza mediamente pulita per aver fermato la guerra. E via di nuovo con lo shopping a via del Corso, con la villa a Parigi, con lo yacht alla Maddalena. A pensare ai morti c’è sempre tempo.

Chiaramente uno scenario del genere – assolutamente auspicabile, benché surreale – comporterebbe l’uscita di scena di Putin. Certo, la vera vittoria della democrazia sarebbe vederlo arrestato. Immagini drammatiche: il suo sguardo incredulo, magari un tentativo fisico di opposizione spenta da energumeni più in forma di lui. Ma per quanto sconvolgente, uno scenario incruento. Di morti ce ne sono stati fin troppi e anche un “suicidio” (le virgolette sono d’obbligo) getterebbe un’ombra indelebile e oscura sul difficile percorso di pace che si profila all’orizzonte.

Dopo tutto – per tornare a essere realistici – Putin è un sovrano sull’orlo dell’abisso. Galvanizzato da decenni di potere assoluto, blandito dagli abilissimi giocatori d’azzardo di cui si è circondato, con l’invasione dell’Ucraina ha gettato il cuore oltre l’ostacolo e forse adesso, solo adesso, gli sta venendo il dubbio che si sia trattato di un bluff. Se così fosse, quale momento migliore per giocare a carte scoperte?

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