Le elezioni tedesche si avvicinano e passo dopo passo si fanno sempre più pesanti, di fatto i condizionamenti di un anno e mezzo di pandemia di Covid-19.
Il coronavirus, in Germania come nel resto d’Europa, ha profondamente condizionato la politica tedesca, e per diversi mesi, ha funto da barometro dei consensi per la cancelliera Angela Merkel, per la sua Unione Cristiano-Democratica e per le formazioni rivali. La Cdu/Csu ha inizialmente beneficiato del risultato positivo nel contrasto alla pandemia, toccando consensi tra il 40 e il 45% nelle intenzioni di voto ma ha poi subito il contraccolpo della crisi autunnale. Alla prova dei fatti, sotto il profilo politico la Merkel ha retto l’urto riuscendo a trasmettere alla popolazione una sostanziale domanda di una forza tranquilla e di una realistica continuità col recente passato. Per una particolare eterogenesi dei fini, tuttavia, questo ha riportato in partita i sempre più marginali socialdemocratici, valorizzati dalla presenza del deus ex machina Olaf Scholz.
Il Ministro delle Finanze è parso il vero erede in potenza di Angela Merkel. Troppo gravi gli scivoloni comunicativi del candidato Cdu Amin Laschet e troppo ripetute le gaffe e le dimostrazioni d’impreparazione della leader verde Annalena Baerbock per dare ai due iniziali front-runner della corsa una simile incoronazione. La pandemia ha fatto riscoprire pragmatica l’austera Germania, ha messo Scholz in mezzo al discorso politico per la sua azione in campo economico, ha portato i cittadini della Repubblica Federale a cercare nella coesione garantita dalla sanità pubblica, dal sostegno delle autorità, dalla ricerca di una guida politica sistemica un punto di riferimento. Per la prima volta nell’elettorato è emerso un vero e proprio desiderio di sicurezza, acuito dalla crescente insorgenza di espliciti moti di rabbia e protesta in frange tutt’altro che minoritarie della popolazione.
Lo storico Bernhard Zimmermann ha sottolineato che a suo modo questo desiderio ha incontrato l’esplicita questione dell’apertura del vuoto della successione alla Merkel in una fase cruciale. La Merkel “non è stata forzata dal partito, non è stata sconfitta politicamente, ha scelto in propria autonomia di non ripresentarsi, per ragioni personali, certamente, ma anche forse per la convinzione di aver dato tutto ciò che poteva. È una stagione che si conclude. Il problema principale della sua eredità è la sua politica pluriennale di divide et impera, che la ha resa una delle personalità più potenti a livello nazionale, ma ha creato un sostanziale vuoto nella sua successione interna alla Cdu” che ha portato a una fisiologica investitura di Laschet ma ha prodotto una fuoriuscita di voti nei confronti dei Liberali. La politica tedesca si trova ad affrontare un desiderio di competenza e concretezza e appare, proprio per il venire meno della figura della Cancelliera, sempre più esplicitamente legata alla figura dei leader, in un’anomala forma di “democrazia dell’immagine” in un Paese come la Germania ove l’attaccamento al territorio dei partiti e il consolidato paradigma ideologico di ogni formazione hanno sempre giocato un ruolo maggiore.
A farne le spese in questa situazione sono state le frange più radicali dell’opposizione contro il governo Merkel, come Alternative fur Deutschland. I populisti liberalconservatori hanno da tempo difficoltà a smuoversi oltre il 10% dei consensi nelle intenzioni di voto, sono calati in ogni elezione regionale disputatasi di recente e hanno visto un riflusso dei loro consensi verso i partiti tradizionali proprio per la percezione del fatto che indipendentemente dall’esito del voto si ritroveranno emarginati a combattere contro le altre formazioni. Il meccanismo del voto utile ha riassorbito la protesta che, piuttosto, appare più importante su scala locale, come in Baviera ove l’egemonia della Csu rischia di essere scalfita e il risultato nazionale dell’Unione annacquato dall’ascesa a destra degli Elettori Liberi. Afd da potenziale seconda forza è ora data al quinto posto nei sondaggi dietro Cdu, Spd, Verdi e Liberali, in un ribaltamento di tendenza rispetto all’esplosione di consensi nel 2017. A testimonianza della maggiore richiesta di risposte concrete su politiche sanitarie, economia, rilancio del Paese da parte dell’elettorato. Il pubblico tedesco è più concreto nelle richieste che mai ma, forse proprio per questo, il voto del 26 settembre sarà il più prettamente politico da molto tempo in avanti.