La fine di un Regno così longevo, durato più di mezzo secolo, non rappresenta soltanto una notizia importante per aggiornare gli annali. Il passaggio di consegne a Londra da un sovrano a un altro non è mai un affare riguardante unicamente le lunghe e consolidate tradizioni della monarchia inglese. Se è vero che oramai regina e re in Gran Bretagna hanno un ruolo rappresentativo e cerimoniale, è altrettanto vero però che chi eredita la corona diventa capo di Stato in altre 14 nazioni. Quanto avviene a Buckingham Palace ha quindi una diretta incidenza negli affari internazionali e negli equilibri del Commonwealth e degli ex possedimenti dell’impero britannico. In un contesto così delicato come quello attuale, la morte della Regina Elisabetta apre quindi a diversi interrogativi in prospettiva futura.
L’importanza della figura del sovrano
Ruolo rappresentativo e ruolo cerimoniale non sono sinonimi. Anche se la corona non ha più da tempo in mano il potere esecutivo, la funzione rappresentativa non è unicamente cerimoniale ma, al contrario, da anni ha assunto un’importanza quasi primaria nella gestione del regno. Per rappresentare una corona la parola d’ordine in primo luogo è quella di unità: priorità massima è data al mantenimento dell’unità tanto del Regno Unito, quanto del Commonwealth. In tal senso la figura di Elisabetta II è stata essenziale: la regina è stata rispettata dai vari leader di governo britannici e degli altri Paesi di cui è risultata sovrana. Da Buckingham Palace è riuscita più volte ad assorbire tensioni e scandali che hanno coinvolto esecutivi, personaggi pubblici e la sua stessa famiglia. In una sola parola, la sovrana ha preservato una certa credibilità alla corona e questo a sua volta ha contribuito a preservare l’unità.
Emblematico ad esempio il fatto che nel 2014, alla vigilia del referendum sull’indipendenza della Scozia, il premier scozzese e principale fautore per il distacco di Edimburgo da Londra ha offerto alla regina la possibilità di mantenere il ruolo di capo dello Stato anche in caso di vittoria indipendentista. L’incognita che adesso grava tanto nel Regno Unito quanto negli altri Paesi del Commonwealth riguarda l’eredità politica di Elisabetta II. E, in particolare, se il futuro sovrano sarà in grado di garantire allo stesso modo del predecessore l’unità di Londra e dei Paesi gravitanti attorno l’orbita della corona.
Le attuali grane a livello interno
La fine politica, prima ancora che umana, della regina potrebbe da subito dare ampio impulso alle forze da tempo impegnate per una maggiore autonomia dalla corona o per l’indipendenza. In tal senso il pensiero ritorna subito alla Scozia. Dopo la Brexit decretata nel 2016, il governo di Edimburgo ha nei suoi progetti quello di indire un nuovo referendum indipendentista. La fine del regno di Elisabetta II potrebbe accelerare questo proposito. Non è detto stavolta che in caso di secessione i futuri leader scozzesi offrano al nuovo re la possibilità di continuare a essere capo di Stato. Si creerebbe in tal modo una rottura storica e forse definitiva. Uno strappo capace di raggiungere in tempo breve anche le altre periferie del Regno e del Commonwealth.
Il tutto poi in un momento piuttosto turbolento della vita politica d’oltremanica. Negli ultimi sei anni, con l’insediamento nei giorni scorsi di Liz Truss quale nuovo premier, si sono alternati quattro primi ministri. Un fatto non proprio usuale a Londra e che evidenzia la forte instabilità politica. Se quindi la parola d’ordine per il nuovo sovrano sarà quella di unità, le prime preoccupazioni arriveranno dal fronte interno.
L’impatto del cambio di sovrano nel Commonwealth
Preservare l’unità interna è ovviamente fondamentale per preservare l’unità nell’ambito del Commonwealth. Una volta incoronato, il nuovo sovrano sarà capo di Stato anche in Paesi quali il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda e altre 11 nazioni sparse tra il nord America e l’Oceania. Anche qui il ruolo del Re è rappresentativo e cerimoniale, ma a lui spetta la nomina di un governatore generale e da Londra viene seguito da vicino l’indirizzo in politica estera dato dai vari esecutivi locali.
La figura di Elisabetta II è stata importante durante i suoi 70 anni di regno per garantire l’unità del Commonwealth, organizzazione che riunisce anche Paesi dove il sovrano britannico non esercita formalmente alcun potere. Per il successore la sfida non è delle più semplici. Ci sono in ballo equilibri molto delicati, soprattutto nell’area pacifica. Oltre all’Australia, nella regione oceanica la corona regna anche sulle Isole Salomone, il cui governo di recente ha espresso orientamenti vicini a Pechino. Il tutto in una zona da anni diventata cuore nevralgico della sfida tra Stati Uniti e Cina.
Si può quindi concludere che la stabilità della corona britannica è essenziale per l’unità interna del Paese e per quella del Commonwealth. Un ingranaggio delicato quest’ultimo, convogliato ancora oggi sulla figura del sovrano a cui spetta il delicato ruolo di evitarne lo sgretolamento. Pena un drastico ridimensionamento del ruolo di Londra nello scacchiere mondiale e profondi cambiamenti negli equilibri internazionali.