Mentre il Marocco scava a mani nude fra le macerie nella triste conta di morti, feriti e sopravvissuti al terremoto di venerdì scorso, offerte di soccorso e manifestazioni di cordoglio sono giunte da ogni parte del Mondo. Tra le numerose elargizioni d’aiuto non è passata inosservata la mossa dell’Algeria che, a poche ore dal sisma, ha scelto di aprire lo spazio aereo per i voli umanitari verso il Marocco, malgrado la rottura diplomatica. “L’Algeria esprime le sue più profonde condoglianze e la più sincera solidarietà con le famiglie delle vittime del popolo fratello del Marocco”, si legge in un comunicato del ministero degli Esteri algerino, in cui si esprime “completa disponibilità a inviare aiuti umanitari”.
Gli aiuti accettati dal Marocco: Rabat guardinga
Che spesso servano centinaia di morti per arrivare ad un’apertura ce lo aveva mostrato, recentemente, il terremoto in Turchia, che aveva contribuito a rinfocolare i rapporti di Ankara con la Grecia, ma soprattutto con l’Armenia, riaprendo il famigerato valico di Margara attraverso il quale Erevan aveva fatto transitare i convogli umanitari diretti in Turchia.
Ma Rabat è tituba nell’accettare il grande abbraccio straniero. Il Ministero degli Interni marocchino ha chiarito in un comunicato di aver accettato solo l’aiuto offerto da Spagna, Regno Unito, Qatar ed Emirati Arabi Uniti in risposta al terremoto. “Le autorità marocchine hanno risposto favorevolmente, in questa fase specifica, alle offerte di sostegno dei paesi amici Spagna, Qatar, Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti, che si erano offerti di mobilitare squadre di ricerca e soccorso”, ha precisato il Ministero un comunicato ufficiale raccolto dalla televisione marocchina 2M. Rabat giustifica la sua decisione con la “valutazione precisa” dei bisogni e “tenendo conto che la mancanza di coordinamento in tali situazioni potrebbe essere controproducente”. In ogni caso, il governo marocchino non esclude di chiedere aiuto ad altri Paesi, se necessario: “Con l’avanzamento delle operazioni di intervento, la valutazione dei possibili bisogni potrebbe evolversi, il che consentirebbe di sfruttare le offerte di sostegno presentate da altri paesi amici, secondo le esigenze specifiche di ogni fase”.
La lotta fratricida con l’Algeria e le ambizioni di Rabat
Sembrano lontani, in Maghreb, in tempi della concordia anni Ottanta: la grande discordia regionale è la risultante di una molteplicità di fattori, ma è soprattutto legata alla cesure tra i due più grandi Paesi dell’area, Marocco e Algeria. Se durante le brevi primavere arabe, una certa distensione sembrava aprire la strada di un nuovo destino per il nord Africa, il fallimento di queste ultime non ha fatto altro che incancrenire una incompatibilità atavica. Ma a determinare la condotta delle relazioni estere del Marocco, vi è soprattutto il sempiterno dramma del Sahara occidentale. Quasi tre anni fa, infatti, il riconoscimento della sovranità marocchina sull’intera area da parte di Washington, in cambio dell’avvio del processo di normalizzazione con Israele, aveva spinto Rabat a pretendere dai Paesi europei una linea simile. Se il 2021 era stato l’anno della crisi, in cui si erano registrate forti frizioni con Spagna e Germania e il gelo con la Francia, il 2022 aveva sancito l’inizio di un nuovo corso. Ma non con Algeri, alleata principale del Fronte Polisario, che insidia la sovranità marocchina nel grande sud. All’inizio del 2023, poi, le questioni calcistiche legate al Campionato africano per nazioni, avevano gettato benzina sul fuoco.
Ma le tensioni fra i due Paesi oggi trovano carburante nella crescente importanza che Rabat sta acquisendo nelle strategie occidentali, trasformandosi in un importante hub geopolitico. Insieme a Stati Uniti, Bahrein, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Israele, il Marocco ha dato vita al Forum del Negev, a dimostrazione del crescente ruolo del Paese, “salvo” dagli inverni arabi, e candidato alla leadership nordafricana dopo il collasso egiziano. Può dunque l’emergenza marocchina contribuire a sanare il rapporto più complesso del Maghreb? Di certo il Marocco avrà bisogno di aiuto e assistenza per mesi e il vicino, con il quale condivide un lunghissimo confine, ribadisce la volontà di sostenere il “fraterno popolo marocchino”. Mesi di collaborazione stretta tra squadre di soccorso potrebbero fare ciò che la diplomazia granitica non è in grado di realizzare, al di là di ogni favoletta utopica.
L’allontanamento dall’Europa e il flirt con gli Stati Uniti
Negli ultimi mesi, le relazioni del Marocco con l’Europa avevano vissuto un grave minimo storico. Al di là dei rigurgiti post-coloniali che ancora affliggono il continente nelle sue relazioni con l’Africa (non è un caso che il Marocco mieta successi nell’Africa francofona), Rabat non aveva digerito la risoluzione europea che prende di mira la situazione dei diritti umani nel Paese: da qui, il dito puntato contro il doppio standard con cui Bruxelles giudicherebbe il Paese, dimentica di situazioni ben più gravi e complesse come in Libia, Tunisia o Algeria.
Da qui una sempre più salda unione con Washington che, nell’ultimo anno, ha investito cifre considerevoli per creare una base industriale americana nel regno marocchino. Una scelta quantomai profetica, se si considera l’estate tumultuosa che sta vivendo l’Africa, tra golpe, avvicinamento alla Russia e chiusura all’Occidente. Questo più che mai fa del Marocco un baluardo importante che per equilibri politici, economia (il quinto mercato più ricco d’Africa) e posizione geografica, è il miglior candidato alla lotta al terrorismo guidata dal “nord”. Lo scorso Natale, infatti, il presidente degli Stati Uniti ha firmato la legge sull’autorizzazione alla difesa nazionale per l’anno fiscale 2023, recante numerosi vantaggi per il Marocco in quanto presenta diverse opportunità, tra cui spesa per il clima e vendita di armi.
Il supporto internazionale al Marocco
Solo pochi giorni fa il governo giapponese si complimentava con il Ministero degli affari esteri marocchino, al margine del conclave della Lega araba, per le modalità e le proposte con cui Rabat sta affrontando la questione del Sahara occidentale. Un indice di come le vicende maghrebine vengono seguite e assumono rilievo da un capo all’altro del Mondo. E di quanto il regno marocchino abbia guadagnato negli anni in fatto di credito diplomatico.
Ma se il riconoscimento del ruolo pivotale in nord Africa è cosa assodata da parte delle grandi potenze dentro e fuori dall’Africa, i grandi nemici del Marocco sono interni. Non va dimenticato che l’Unione Africana-fresca di ammissione al G20-ospita la Repubblica Democratica Araba Saharawi del Polisario come Stato membro. Questo fa si che ogni qualvolta che una delle nazioni vicine, o amiche, ospita sul suo territorio il capo del Polisario Brahim Ghali, Rabat è pronta a insorgere. Anche la Lega araba, se da un lato sostiene il piano marocchino, rimane divisa a causa delle differenze politiche, ideologiche e di allineamento. Il sisma, di fronte a questa elefantiasi di cause e concause potrebbe sì scongelare rapporti malandati e incancreniti, ma potrebbe anche diventare una potente arma di ricatto nei confronti di un Paese che impiegherà molto ad uscire dall’emergenza con le sue forze. Le mani tese che potrebbero giungere, anche dall’Africa stessa, potrebbero presto presentare il conto o perfino sottoporre la fornitura di aiuti a certe condizioni, contribuendo a balcanizzare ulteriormente il panorama maghrebino.
Il caso che attira maggiormente l’attenzione è quello della Francia, con un rapporto così stretto a livello politico, diplomatico, storico e sociale al punto che il presidente francese, Emmanuel Macron, ha espresso la disponibilità del suo Paese a collaborare. Ma Rabat attende, e per ora, apre le porte a una manciata di nazioni.