Negli ultimi giorni la situazione della crisi del banco genovese Carige è precipitata, portando dapprima al commissariamento dell’istituto da parte della Vigilanza della Bce e, in seguito, all’intervento diretto del governo Conte, che con un decreto molto simile a quello adottato in passato per il caso Monte dei Paschi ha assunto in prima persona la tutela dei risparmiatori presentandosi come garante di ultima istanza per le nuove emissioni obbligazionarie di quello che un tempo era il quinto gruppo bancario italiano per importanza.
Le opposizioni, capitanate dal Partito democratico, sono insorte denunciando la malafede di Lega e Movimento Cinque Stelle, che tra il 2015 e il 2017 avevano mosso a più riprese dure critiche contro l’operato dei governi Renzi e Gentiloni in occasione delle diverse turbolenze bancarie affrontate dall’Italia (banche venete, banche toscane, Monte dei Paschi) ma hanno, in fin dei conti, operato sulla scia di un decreto approvato dalla precedente maggioranza.
Come ha scritto Il Sussidiario, “l’ex premier Renzi e l’ex ministro Boschi hanno immediatamente accusato il governo gialloverde di falso: avrebbe promesso di non sborsare più un euro per salvare le banche nazionali e si ritroverebbe a copiare l’esecutivo di centrosinistra. L’argomento è subito apparso debole e strumentale, ai limiti dell’autolesionismo”.
Carige è figlia degli errori del Pd
“Il commissariamento Carige”, prosegue nella sua analisi Nicola Berti, “non alleggerisce minimamente la gravità del collasso di Banca Etruria & C, già a fine 2015; o del salvataggio delle Popolari Venete da parte di Intesa Sanpaolo (anche a spese del contribuente) o della rinazionalizzazione di Mps. E quella della Cassa genovese è assai più l’ultima crisi bancaria di una stagione politico-finanziaria iniziata a fine 2011 e conclusasi con il voto 2018 che la prima dell’era gialloverde. Di più: “Lo spazio/tempo politico del dissesto ligure è parente stretto del centrosinistra come quelli toscani e ha poco a che vedere con M5S e Lega”.
Quando Renzi e Padoan imposero il bail-in
Fu ai tempi del governo del centrosinistra, infatti, che fu recepita la nuova normativa Ue sui salvataggi, in base alla quale venivano coinvolti nelle conseguenze del dissesto anche azionisti, obbligazionisti subordinati e correntisti con depositi eccedenti i 100mila euro (bail-in). Banca Marche, Banca Popolare dell’ Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti furono i primi istituti soggetti a un tale trattamento traumatico. Un patrimonio azionario vicino ai 3 miliardi di euro fu letteralmente cancellato, migliaia di correntisti e acquirenti persero completamente i loro risparmi e “l’Italia fu commossa dal caso del suicidio di un pensionato di Civitavecchia che, a seguito dell’ operazione, scoprì di aver perso tutto quello che aveva, 100.mila euro di obbligazioni subordinate di Banca Etruria”, sottolinea Daniele Capezzone su La Verità.
“Va sottolineato che, prima di questo infausto esito, molte voci avevano proposto uno schema assai meno doloroso: un intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi: denaro privato (non pubblico) per un’ iniezione di capitale a favore delle banche sofferenti”, prosegue l’ex onorevole di Forza Italia. “La risposta del ministro dell’ Economia Padoan fu: l’ Europa è contraria. In realtà, la lettera giunta dalla Commissione Ue, resa successivamente pubblica proprio dall’ esecutivo, pur nell’ambiguità tipica di Bruxelles, lasciava uno spazio di mediazione politica”.
Come la vigilanza Ue ha messo in ginocchio Carige
Carige, come le banche coinvolte nel primo bail-in, fu oggetto dei pesanti controlli sui crediti deteriorati (non-performing loans) da parte della Vigilanza della Bce guidata dalla francese Daniele Nouy, che negli ultimi anni si è distinta per un’eccessiva attenzione ai rischi connessi a questi titoli rispetto al problema ben più grave posto dai derivati che ingolfano le banche franco-tedesche.
“Sin da subito il suo obiettivo è stato quello della eliminazione, a qualsiasi costo, degli Npl dai bilanci bancari. A nulla rileva il fatto che Bankitalia abbia più volte evidenziato i danni prodotti ai bilanci bancari da tali dismissioni a tappe forzate e le sue perplessità sulla effettiva necessità di ridurre così in fretta gli Npl”, sottolinea StartMag. “La montagna di 360 miliardi di crediti deteriorati (di cui oltre 200 di sofferenze) si è così drasticamente ridotta e, solo tra 2017 e 2018, sono stati ceduti Npl per €164 miliardi. I prezzi di cessione nel 2017 sono stati pari al 26,2% per crediti assistiti da garanzie reali e 9,9% per crediti senza garanzie che, se confrontati con il tasso di recupero delle banche per posizioni non cedute, pari al 44%, mostrano quanto grande sia stato il sacrificio imposto al nostro Sistema. Una impressionante forbice di quasi 20 punti che è stata trasferita dai bilanci delle banche a quelli di un manipolo di grandi operatori specializzati”.
La slavina ha completamente investito Banca Carige. Non bisogna dimenticare che la crisi finale dell’istituto genovese nasce dal rifiuto della famiglia Malacalza, azionista di maggioranza di Carige, di provvedere al quarto aumento di capitale richiesto dal Cda dopo un esborso complessivo di 2,2 miliardi in 3 anni puntualmente azzerato dalla bassa marea borsistica.
Savona all’attacco: la Bce sia prestatore di ultima istanza
Dopo aver approvato il decreto che, in prospettiva, potrebbe portare lo Stato dentro Carige, ma che al momento non prevede alcun esborso immediato, il governo Conte si è esposto per mezzo della sua più lucida mente economica, Paolo Savona.
Il decreto dell’esecutivo, secondo quanto scrive il ministro sul Sole 24 Ore, “conferma l’incompletezza dell’Unione Monetaria ed Economica”. Perché, aggiunge l’economista, “non può esservi unione monetaria senza l’esistenza di un prestatore di ultima istanza (lender of last resort) e un fondo garanzia depositi”.
Ma “una forte divisione si è registrata finora sugli elementi necessari per poter intavolare una discussione politica sullo schema europeo di assicurazione dei depositi, anche a causa dell’insistenza di alcuni paesi a includere la questione delle esposizioni bancarie ai titoli sovrani e a escludere i crediti in sofferenza tra i punti da considerare”, scrive Savona con un riferimento indiretto alle resistenze della Germania verso una riforma che porti al rafforzamento della Banca Centrale Europea in senso più interventista.
La crisi Carige è figlia di problematiche accumulatesi nel corso degli anni: sette banche in due anni, a cui si aggiunge ora l’istituto genovese, hanno visto polverizzati i loro attivi e le loro prospettive di sviluppo, con un danno a catena per i territori di riferimento. Col senno di poi si può dire che avviare la macchina infernale del bail-in e non richiedere una diversa politica di vigilanza sia stato un grave errore da parte dei governi Pd, alle cui conseguenze sarà difficile porre rimedio. Sul lungo periodo, solo lo sviluppo istituzionale prospettato da Savona potrà evitare guai ancora maggiori.