Il primo ministro svedese Stefan Löfven ha annunciato le proprie dimissioni ed ha chiesto al Parlamento che venga formato un nuovo governo e che non si vada ad elezioni anticipate. Il leader socialdemocratico, al potere dal 2014, è stato sfiduciato dal Riksdag (l’Assemblea Nazionale) sette giorni fa ed è diventato il primo premier svedese ad essere sconfitto nell’ambito di un voto di fiducia parlamentare. La mozione contro Löfven è stata presentata dai Democratici Svedesi, un partito di destra radicale e dalle tendenze nazionaliste ed ha avuto successo grazie all’appoggio del Partito di Sinistra, insoddisfatto dall’approccio adottato dall’esecutivo Löfven nei confronti della legge sugli affitti. Il movimento, schierato su posizioni radicali, appoggiava il governo di minoranza tra Socialdemocratici e Verdi dall’esterno ed il suo ritiro si è rivelato fatale per le sorti dell’esecutivo.
Il punto della situazione
La palla, ora, è nelle mani dei partiti e non è detto che si tratti di un buon segno. Il centrosinistra ed il centrodestra hanno ottenuto il 40 per cento dei voti alle ultime consultazioni. Le ultime trattative di coalizione, svoltesi dopo le elezioni del 2018, avevano impiegato ben quattro mesi per dare i loro frutti. Sei partiti politici dominano il Riksdag e tra questi ci sono i Socialdemocratici con 100 seggi, il Partito Moderato con 70 scranni, i Democratici Svedesi con 62, il Partito di Centro con 31 seggi, la Sinistra con 28 ed i Cristiano Democratici con 22. Chiudono il cerchio i Liberali (20 seggi) ed i Verdi (16 seggi). I Democratici Svedesi, guidati da Jimmie Akesson, hanno ottenuto buoni risultati nei sondaggi negli ultimi mesi e ciò è dovuto anche agli sforzi fatti da Akesson per provare a rendere il partito, in passato associalo a simpatie neonaziste e comunque descritto come di estrema destra ed anti-immigrati, più presentabile. I sondaggisti prevedono che, in caso di elezioni anticipate, gli Svedesi Democratici (stimati al 20 per cento dei voti) potrebbero ottenere più seggi ed essere invitati a far parte della coalizione di centrodestra guidata dai Moderati.
Le prospettive
Akesson si sta giocando tutto. Deve riuscire a spingere i suoi alleati potenziali, il Partito Moderato, i Cristiano Democratici ed il Partito Liberale, a conformarsi al suo programma politico ma non deve farlo con eccessiva durezza per non ritrovarsi ostracizzato. Al tempo stesso non deve dimenticare quei temi cari alla sua base, come la drastica riduzione dell’immigrazione, per non alienarsela. Ulf Kristersson, leader del Partito Moderato dal 2017, aveva inizialmente rifiutato una possibile associazione con i Democratici ma dopo essere stato sconfitto di misura da Löfven nel 2018 sembra aver cambiato idea e pare determinato a ricorrere ad ogni aiuto possibile per evitare una nuova sconfitta nel 2022. Akesson, dal canto suo, aveva già ventilato un suo interessamento nei confronti del ruolo di ministro della Giustizia, un incarico che gli consentirebbe di avere il controllo diretto sui confini del Paese.
Alcuni esperti, come ricordato da Social Europe, ritengono che la convergenza tra i partiti tradizionali sia associata ad una crescita dei partiti radicali, in grado di attrarre gli elettori con alternative che non vengono presentate dagli altri. Questo è quello che potrebbe essere accaduto ai Democratici Svedesi, che sono stati in grado di attirare i votanti che non vedevano rappresentate le proprie posizioni moderate o conservatrici sull’immigrazione dai partiti tradizionali. I populisti di destra, secondo questa analisi, prosperano quando possono enfatizzare temi salienti per gli elettori ed offrire loro posizioni che si distinguono e che sono attraenti. La centralità dell’immigrazione nel dibattito e nella competizione consente, in parole povere, di crescere e svilupparsi.