Il governo turco ha finalmente annunciato l’allentamento delle restrizioni imposte nell’ultimo anno per far fronte alla diffusione del coronavirus, ma alcune misure adottate dall’esecutivo conservatore in pandemia sono destinate a restare. Nonostante l’opposizione della componente laica del Paese, maggiormente interessata dalle politiche di stampo religioso promosse dal presidente Recep Tayyip Erdogan.

Durante la pandemia, il governo ha imposto una stretta ancora maggiore sulla vendita di alcol e di tabacco nel Paese, da anni nel mirino del partito del presidente, e ha da poco annunciato nuove restrizioni sulla musica nei locali, andando a colpire un settore che pensava di essersi finalmente lasciato alle spalle i problemi economici derivanti dalla pandemia.

Le misure imposte da Erdogan, soprattutto quelle più recenti, hanno tra l’altro ben poco a che fare con il contrasto alla diffusione del virus e mirano piuttosto a modificare gli stili di vita dei cittadini laici e a rafforzare il sostengo della componente religiosa, da sempre principale bacino elettorale del presidente turco.

Alcol, tabacco e musica

In piena pandemia, il governo ha deciso di vietare la vendita di alcolici nelle settimane di lockdown duro imposto tra aprile e maggio per far fronte all’aumento del numero dei contagi. Ufficialmente la misura è stata presa per limitare la circolazione delle persone nel Paese in linea con la chiusura di negozi e bar e con l’imposizione del coprifuoco a partire dalle sette di sera. In molti però hanno visto queste nuove misure come un’eccessiva ingerenza del governo nella vita della popolazione turca ed in particolare di quella laica, già interessata in passato dalla crescente tassazione imposta sugli alcolici.

La misura è stata criticata anche dall’opposizione parlamentare ed in particolare dal partito repubblicano Chp, che ha definito il provvedimento ideologico e privo di collegamenti reali con la pandemia. In mancanza di una adeguata copertura della questione da parte dei media, per lo più nelle mani del partito di governo, i cittadini laici hanno espresso la loro contrarietà al divieto di vendita di alcol sui social, usando l’hashtag #alkolumedokunma (Non toccare il mio alcol).

Nello stesso periodo si è assistito ad una stretta crescente contro il tabacco, già pesantemente tassato nel corso degli anni. Durante la pandemia, il governo ha imposto il divieto di fumare in quasi tutti gli spazi pubblici e le restrizioni per bloccare la diffusione del virus hanno colpito anche i rivenditori di sigarette, classificate come beni non essenziali. Anche in questo caso i provvedimenti sono stati percepiti come l’ennesimo tentativo del governo di interferire con gli stili di vita dei cittadini, imponendo loro dei cambiamenti su base ideologica.

Le stesse critiche sono state mosse contro la recente decisione di fissare a mezzanotte la chiusura delle sale da concerto e l’interruzione della musica nei locali perché, come detto dal presidente stesso, “nessuno ha il diritto di disturbare gli altri di notte”. Il provvedimento, quindi, non ha nulla a che vedere con il rischio assembramenti o con i timori di una nuova diffusione del virus. Questa volta però ad opporsi alla decisione del governo sono stati anche gli imprenditori del settore, già fortemente danneggiati dalla pandemia e desiderosi di rifarsi dei guadagni persi nell’ultimo anno e mezzo. Ad alimentare la protesta hanno contribuito anche alcuni dei più famosi cantanti turchi, che sui social hanno espresso la loro contrarietà alle restrizioni sulla musica nei locali.

L’urbanistica

I tentativi di Erdogan di modificare lo stile di vita dei cittadini passa anche per l’urbanistica, come dimostra chiaramente Istanbul. Il progetto della yeni İstanbul (nuova Istanbul) prevede infatti dei cambiamenti architettonici volti ad inserire nuovamente la religione al centro della vita dei cittadini e a promuovere un consumo coerente con i dettami dell’islam e orientato al profitto. In particolare si è assistito alla trasformazione di alcuni tra i più importanti quartieri di Istanbul, come quello di Beyoğlu. Diversi edifici sono stati ristrutturati senza adeguato rispetto per la preservazione del suo patrimonio storico-artistico e poi venduti a marchi commerciali e multinazionali o per fare spazio a nuovi centri commerciali, come spiega Giovanna Loccatelli.

Ma la vera cartina al tornasole delle politiche urbanistiche di Erdogan è piazza Taksim, in passato teatro di importanti proteste contro il presidente e le sue politiche conservatrici. A fine maggio, Erdogan ha finalmente coronato il suo sogno e ha inaugurato una nuova moschea nel centro della piazza, reinserendo ufficialmente l’islam al centro della vita della nazione. La moschea tra l’altro è più alta del monumento all’indipendenza di Ataturk, padre della Turchia moderna, in un chiaro tentativo di segnalare la maggiore importanza della religione rispetto agli ideali laici.

Crisi elettorale

Le misure adottate da Erdogan contro lo stile di vita della componente laica sono dettate anche da esigenze elettorali. Le elezioni presidenziali del 2023 sono un appuntamento importante per il presidente, che conta di farsi nuovamente rieleggere in concomitanza con la celebrazione dei cento anni dalla nascita della Repubblica turca. I sondaggi però sono poco rassicuranti. La crisi economica ancora in corso e la svalutazione della lira hanno avuto un grosso impatto sulla vita dei cittadini turchi, intaccando anche il sostegno elettorale su cui Erdogan ha potuto contare in passato. Secondo gli ultimi sondaggi il partito del presidente e il suo alleato ultranazionalista, l’Mhp, sono in crisi mentre l’opposizione continua a guadagnare consensi. Alle prossime elezioni, quindi, Erdogan si troverebbe ad affrontare ben tre sfidanti: il sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu (Chp), il primo cittadino di Ankara Mansur Yavaş (Chp), e la leader dell’İYİ Parti, Meral Akşener.

Soffiare sul fuoco del nazionalismo e sull’ideologia è allora l’ultima carta rimasta al presidente per rafforzare la sua base elettorale e distogliere l’attenzione dai problemi economici, ancora di difficile risoluzione.

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