Mentre l’Europa intera stava facendo i conti con la seconda ondata della pandemia di Covid, oltre oceano, negli Stati Uniti, i riflettori erano tutti puntati sul braccio di ferro tra Donald Trump e Joe Biden. Anche se l’esito delle elezioni presidenziali tenutesi lo scorso 3 novembre aveva premiato il candidato democratico, The Donald era intenzionato a non cedere. Il tycoon, convinto che brogli e irregolarità, facilitati anche dal voto postale, potessero aver spalancato le porte della Casa Bianca a Biden, si diceva pronto a dare battaglia legale fino alla fine.

Tra ricorsi annunciati, dichiarazioni al vetriolo e riconteggio delle schede, le speranze degli elettori repubblicani erano ridotte al lumicino. Dopo quattro anni del tutto particolari, la parentesi aperta da Trump nel 2016 con l’inaspettata vittoria su Hilllary Clinton, stava quasi per chiudersi. A detta di molti analisti, nonostante una buona ripresa economica e diversi successi in politica estera, a penalizzare il 45esimo presidente degli Stati Uniti sarebbe stata la pessima gestione della pandemia di Covid. In un primo momento, infatti, Trump aveva sminuito il Sars-CoV-2, paragonandolo quasi a una sorta di influenza. Il rifiuto di indossare la mascherina, e altri consigli a dir poco ambigui, avrebbero contribuito ad affossare la popolarità del repubblicano. Sconfitto – seppur di poco, nella decisiva battaglia dei voti.

Trump non si arrende

Trump, dicevamo, non si è arreso. Al termine del conteggio di tutte le schede, i dati parlavano chiaro: 81.283.485 voti per Joe Biden, 74.223.744 per Trump con 306 Grandi elettori raccolti dal primo e 232 dal secondo. Poco più di 5 punti percentuale hanno separato i due candidati. I repubblicani, prima che tutti gli Stati contassero i voti, hanno subito messo sul tavolo una quarantina di ricorsi.

Come se non bastasse, la campagna trumpiana era pronta non solo a ricontare ogni singola scheda in ciascuno Stato dubbio, ma anche a ricorrere alla Corte Suprema di Washington. Insomma, The Donald era promotore di un messaggio ben preciso: Biden ha ricevuto una buona dose di preferenze grazie a metodi definiti non leciti e ad alcuni regolamenti sui generis. Proprio come quello della Pennsylvania, che consentiva di ricevere fino a tre giorni dopo il voto nazionale le schede via posta.

L’ufficialità: Biden presidente

Scegliendo le vie legali, Trump aveva circa 40 giorni di tempo per ribaltare l’esito delle urne. Il termine ultimo per un’ipotetica decisione della Corte suprema, infatti, coincideva con il 14 dicembre. Alla fine, almeno per il momento, l’esito appare scritto. E Biden è ormai pronto a insediarsi alla Casa Bianca. Dalla metà di novembre alla metà di dicembre, tutto il mondo ha trattenuto il fiato in attesa di capire come si sviluppasse la situazione relativa alle elezioni americane.

Il Texas, ad esempio, chiedeva di annullare il voto in quattro stati chiave. Come riportava l’Agi, il procuratore generale del Texas, Ken Paxton, faceva ricorso alla Corte Suprema americana contro Georgia, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, accusando questi Stati di aver sfruttato la pandemia di Covid-19 per “modificare illegalmente all’ultimo minuto” le regole di voto per corrispondenza. Il 14 dicembre ecco la data chiave: il Collegio elettorale, al netto delle pressioni del repubblicano e della riconta dei voti, ha eletto ufficialmente Joe Biden come 46esimo presidente degli Stati Uniti.





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