Con l’affermazione di Gustavo Petro, facente parte dell’alleanza delle forze progressiste colombiane Pacto Histórico, si sono conclusi nel paese il rinnovo delle camere del parlamento e le primarie delle coalizioni che parteciperanno al primo turno delle presidenziali, previsto per il 29 maggio. Petro ha dominato la scena, assicurando il numero maggiore di senatori (16) e deputati (25) di sinistra nella storia della Colombia. Il dato riflette l’affondamento delle aree di centro e centro-destra, allineate con la politica estera di Washington in America Latina, caratterizzata dall’antagonismo nei confronti di Bolivia, Cuba, Nicaragua e Venezuela, e attraversata da divergenze con Argentina, Brasile e Messico. Una possibile vittoria di Petro e del Pacto Histórico costituisce, di fatto, una bomba a orologeria per gli Stati Uniti, in relazione ai delicati equilibri politici, economici e commerciali della regione, e alla pressione esercitata su Nicolás Maduro, in diverse fasi e metodi, a partire da interventi sul confine territoriale fra Venezuela e Colombia, e al peso esercitato nell’Organizzazione degli Stati Americani (Oea).

Sul fronte opposto, in un contesto di marcata polarizzazione, si trova il candidato di destra, Federico Gutiérrez, alias Fico, già sindaco di Medellín. Quest’ultimo deve risolvere l’incognita dell’appoggio del Centro Esperanza, di gran lunga depotenziato alle urne, e del Centro Democratico, partito dell’ex presidente Álvaro Uribe, passato a quinta formazione nel senato dopo il ritiro del suo uomo di punta dalla competizione. Fico rappresenta un’alternativa solida per i conservatori, ma si attende di sapere se riuscirà ad orchestrare una manovra, complessa nel linguaggio e nella pratica, per guadagnare i voti dell’uribismo e, al contempo, evitare di esservi associato. Uribe ha infatti determinato l’elezione di tutti i premier dalla sua uscita, tranne il secondo mandato di Juan Manuel Santos, considerando che, per la prima volta in vent’anni, sarebbe un deterrente. Tra l’altro, il trionfo della sinistra denota capacità di aggregazione, grazie alla simpatia espressa nei confronti di Petro dal Partido Liberal dell’ex presidente César Gaviria e alla presenza della popolare leader ambientalista afro-colombiana Francia Márquez, vincitrice del Goldman Environmental Prize, il Nobel per l’ambiente, e fra le 100 donne fonti di ispirazione nel mondo secondo la Bbc.

Le difficoltà per Fico

I temi classici della destra, che fanno perno su sicurezza, ordine, opportunità e amore per la patria, potrebbero non essere sufficienti per lo sceriffo di Medellín così come lo si conosce. Per prevalere, vanno conciliate le variegate anime del conservatorismo e riorientate a suo favore quelle di un centro alla deriva. L’operazione contiene alcuni livelli di contraddizione che potrebbero giocare contro la sua credibilità. Al contrario di quanto accadde nel 2018, l’eventualità di un governo di sinistra non è percepita come un pericolo da guerra fredda e gran parte dell’elettorato non vede nemici nel Venezuela, Russia o Cina, al pari dell’amministrazione Biden. Il lavoro di tessitura dei progressisti latinoamericani – Alberto Fernández per l’Argentina, e Andrés Manuel López Obrador per il Messico -, la recente installazione di Gabriel Boric in Cile e il previsto ritorno di Luiz Inácio Lula da Silva in Brasile, fanno da sfondo propizio. Petro darebbe una spinta al ridisegno che si viene auspicando all’interno dell’infrastruttura politico-istituzionale e della cooperazione regionale, Oea in testa, attraverso la quale gli Stati Uniti hanno promosso i propri interessi nazionali, per esempio pilotando la fuoriuscita di Evo Morales durante la crisi politica del 2019 e sostenendo l’esecutivo, da molti definito golpista, di Jeanine Añez.

Chi è Gustavo Petro

Petro, senatore ed ex-sindaco di Bogotá, è un politico di lunga data: critico dello status quo in un paese dove per tradizione comandano i conservatori. Ha forgiato la propria reputazione in coraggiose campagne contro la corruzione e la parapolitica, ovvero il fitto sistema di relazioni di scambio tra i paramilitari e la classe dirigente. Nel passato appartenne alla M-19, una guerriglia urbana dei circoli intellettuali progressisti, poi convertita in partito, senza essere stato parte dell’insurrezione armata. Ha vincolato il suo contributo all’azione sociale, accompagnando centinaia di famiglie emarginate che hanno creato insediamenti informali e proponendo l’esproprio dei latifondi incolti per distribuirli ai contadini poveri senza terra. La destra lo associa al castrochavismo; la sinistra vede in lui un’inversione di rotta a fronte dell’inerzia di uribismo e derivati, sostenuta da Washington. Le sue cifre sono da record: 5.7 milioni di voti per la coalizione, 4.5 milioni di preferenze individuali, il totale più alto in una primaria, corrispondente al 90 per cento del totale degli schieramenti. In aggiunta, ha migliorato la performance personale, aggiungendo 1.2 milioni di voti all’esito della corsa che perse contro il presidente uscente, Iván Duque, il quale non ha saputo dar voce e risposta alle esigenze degli esclusi dalla crescita economica. Soprattutto, il ciclone Petro spazza i tentativi per la produzione di consenso, vincolate da mezzi di comunicazione di massa, oliate reti clientelari e feudi elettorali, che in questa tornata non hanno prodotto l’effetto previsto.

Le prospettive future

Con il doppio dei voti di Fico e sei volte più del centro, nessun candidato di sinistra si è mai trovato in una posizione di tale vantaggio nella Colombia moderna. Malgrado ciò, la migliore chance per Petro di arrivare al Palacio de Nariño, per il mandato 2022-26, è quella di scommettere sul primo turno. Il secondo, previsto per il 19 giugno, è un cammino pieno di insidie. La maggioranza assoluta, ottenuta solo da Uribe nel 2002 e nel 2006, richiede un patto allargato che metterà a dura prova il suo lavoro di statista. L’aritmetica per raggiungere questa meta è difficile, si tratta di sommare altri 5 milioni che l’avvicinamento al Partido Liberal e il Partido Verde non assicurano. Petro, come spesso avviene per le figure carismatiche, attrae con la stessa veemenza seguitori e detrattori. Il rischio è quello di arrivare a un secondo turno in cui la destra si compatti intorno a un plebiscito antipetrista. Queste transazioni potrebbero contemplare la cooptazione della vice presidenza guadagnata sul campo nei termini degli accordi della sinistra previsti da Márquez, terza dopo Petro e Fico, con un risultato miliare di 785 mila voti per una donna nera, militante comunitaria, anti-capitalista e femminista, simbolo della cultura popolare ed espressione delle minoranze, proveniente dal mondo rurale, teatro del narcotraffico, il conflitto armato, e lo sfruttamento fossile delle multinazionali, causa di disboscamento e inquinamento delle falde acquifere.

Gli Stati Uniti sono il primo socio commerciale e finanziario della Colombia con importanti investimenti nell’industria estrattiva e il settore manifatturiero; la Colombia è il terzo socio di questi in America Latina, con transazioni reciproche di beni che, nella fase pre-pandemia, avevano un valore di 29 mila milioni di dollari. Negli ultimi decenni, il paese ha vissuto in condizioni di tutela politica ed economica, con Washington in una posizione dominante negli affari interni. Documenti resi pubblici da WikiLeaks, mostrano che il bunker dell’ambasciata degli Stati Uniti a Bogotá ha funzionato come una sede alterna e parallela del governo, con potere decisionale su questioni centrali, incluse le candidature politiche, amministrative e militari. Tuttavia, la Colombia di oggi non è comparabile con il passato e l’ingerenza, la sottomissione consenziente delle élite e quella che è stata la progressiva naturalizzazione dell’intervenzionismo statunitense, potrebbero non essere compatibili con il nuovo ordine che si profila all’orizzonte. Il paese affronta due mesi di campagna fondamentali per il suo destino, che avrà un impatto anche sul futuro dell’America Latina, con la prospettiva di relazioni internazionali simmetriche e plurali.

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