Viaggi, incontri, strette di mano. La diplomazia delle grandi potenze è in azione per favorire mediazioni, nuovi accordi e intese. L’uomo chiave di Xi Jinping, Wang Yi, a capo della diplomazia cinese nel doppio ruolo di direttore dell’Ufficio della Commissione Centrale per gli Affari Esteri del Partito Comunista Cinese (Pcc), nonché titolare del ministero degli Esteri dopo la rimozione del ministro Qin Gang, ha tenuto a sorpresa “diversi cicli di colloqui” nel fine settimana con il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan.

Il meeting è andato in scena a Malta e potrebbe esser stato propedeutico ad un possibile faccia a faccia tra Joe Biden e lo stesso Xi, presumibilmente in vista dell’Apec di novembre a San Francisco. Gli incontri di sabato e domenica tra Wang e Sullivan sono giunti peraltro in una fase critica delle relazioni bilaterali, tra questioni economiche e di sicurezza in gioco, come i controlli sull’export, la guerra in Ucraina e i timori americani che la Cina possa attaccare Taiwan.

Entrambe le parti hanno concordato sulla natura degli scambi “sinceri, sostanziali e costruttivi”, sulla comune volontà di lavorare per stabilizzare e migliorare le relazioni, e sul mantenimento delle comunicazioni aperte, nel rispetto del consenso raggiunto da Xi e Biden, nel loro unico faccia a faccia avuto in persona a Bali, al G20 di novembre 2022.

Il viaggio in Russia

Attenzione però, perché in tutto questo Wang non ha dimenticato di sottolineare due punti chiave. La questione di Taiwan, a maggior ragione dopo le armi Usa vendute all’isola ribelle, “è la prima linea rossa insormontabile nelle relazioni sino-americane e gli Usa devono attenersi ai tre comunicati congiunti e attuare l’impegno a non sostenere l’indipendenza di Taiwan”. Dopo di che, e siamo al secondo punto. Lo sviluppo della Cina, quanto alle restrizioni all’export di tecnologia Usa, “ha una forte spinta endogena e segue una logica storica inevitabile. Non può essere fermato e il diritto legittimo del popolo cinese allo sviluppo non può essere privato”.

Ribaditi questi concetti, l’alfiere di Xi è volato in Russia per un’altra delicatissima missione diplomatica, volta a “promuovere le relazioni bilaterali e approfondire il dialogo nella sicurezza strategica”, come ha spiegato la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning. Parlando nel briefing quotidiano, Mao ha detto che Pechino e Mosca “mantengono stretti contatti su questioni di reciproco interesse e la visita di Wang Yi è un evento di routine, pianificato nel quadro dell’attuazione del meccanismo di consultazioni su questioni di sicurezza strategica tra i due Paesi”.

Le parti, in sostanza, si muovono per mettere in atto il consenso raggiunto dai leader dei due Paesi, oltre a promuovere le relazioni bilaterali, ad approfondire lo scambio di opinioni su questioni relative alla sicurezza strategica e a condurre una comunicazione approfondita su questioni importanti.

I temi sul tavolo

In Russia, Wang ha incontrato il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, il quale ha ribadito che la cooperazione tra Russia e Cina “non è diretta contro qualcuno e non è influenzata da nessun altro Paese”. Wang, si legge in una nota del ministero degli Esteri cinese, ha aperto l’incontro salutando la “cooperazione strategica” tra i due Paesi e il loro impegno condiviso per un “mondo multipolare” e un “ordine mondiale più giusto”.

La visita dell’alto funzionario cinese è senza ombra dubbio servita per gettare le fondamenta della visita, appena confermata, di Vladimir Putin in Cina, ma è forse servita anche per riattivare la macchina della mediazione sulla guerra in Ucraina. Ed è qui che citiamo il vis a vis tra Wang e Sullivan, visto che sul conflitto ucraino gli Usa giocano una partita chiave nel sostenere Kiev. Accanto a questi temi, come detto, Cina e Russia continueranno poi a cooperare su più fronti implementando la loro partnership. In attesa di capire come (e se) ristabilire l’equilibrio fra le grandi potenze coinvolte nel mosaico.

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