L’espansione della Cina passa per la Birmania. La Repubblica Popolare è il terzo Paese più grande del mondo in termini di superficie, con oltre 9,5 milioni di chilometri quadrati. Un’estensione enorme che tuttavia porta con sé numerosi problemi economico-commerciali da risolvere. Il primo e più importante tra tutti è la mancanza di una seconda costa in grado di consentire alle province cinesi interne di svilupparsi. Il secondo, e strettamente connesso al primo, è il cosiddetto “dilemma di Malacca“. Il petrolio che entra in Cina viene per lo più importato e passa attraverso lo stretto di Malacca, un canale di navigazione utilizzato anche da Stati rivali – se non nemici – situato nei pressi di Singapore.
Xi Jinping ha intenzione di restaurare l’alone imperiale della Cina, governando la globalizzazione e rafforzando la particolare economia del Paese, un incrocio tra socialismo e capitalismo. A ben vedere, l’abilità della Cina è stata proprio quella di utilizzare lo strumento del capitalismo, inteso come proprietà privata, profitto e libero mercato, all’interno di un ben radicato socialismo. A Pechino la parola d’ordine è progresso, inteso come miglioramento del benessere di tutti i cittadini. Il governo ha varato numerosi piani per contrastare la povertà e – nonostante nel Paese ci sia ancora un forte divario economico tra la popolazione che vive nelle megalopoli vista mare e quella dell’entroterra – la situazione potrebbe presto cambiare. Lo ha fatto capire Xi Jinping che, nel discorso alla nazione per celebrare l’ingresso nel nuovo anno, si è soffermato su una serie di dati. Il presidente ha dichiarato che sono stati creati oltre 13 milioni di nuovi posti di lavoro ma soprattutto più di 10 milioni di persone sono uscite dal giogo della povertà.
Fino a quando reggerà l’incessante sviluppo della Cina? Il contesto sembra saturo, a tal punto che il governo ha pensato di espandere la propria influenza in maniera ancor più insistente sul resto del mondo, affidandosi al mastodontico progetto che prende il nome di “One Belt One Road Initiative“. In breve, l’intenzione di Xi Jiping è creare le infrastrutture necessarie per collegare la Cina al resto del mondo, in particolare all’Europa, all’Africa e al Sud-Est Asiatico. La Nuova Via della Seta si affida da una parte a un reticolato di strade e ferrovie, ma dall’altra all’arte della navigazione. E in questo senso appare di vitale importanza risolvere i due problemi citati poco fa. La Cina ha tutti i mezzi per diventare l’economia più potente al mondo e, secondo alcuni analisti, il sorpasso sugli americani avverrà in tempi brevi. Per farlo deve però ovviare ad alcune mancanze: sbocchi sul mare e un adeguato corridoio marittimo.
La Cina è bagnata soltanto nella sua parte orientale. Una sola costa è troppo poco per chi ambisce alla leadership economica mondiale. Gli Stati Uniti d’America possono contare sull’Oceano Atlantico ma anche sul Pacifico, dove nella California si sono sviluppate alcune tra le più importanti industrie tecnologiche. Ecco, secondo alcuni analisti, alla Cina mancherebbe “una California”. Osservando una qualsiasi cartina si può notare come i centri rilevanti del Dragone siano quelli con vista mare (o comunque situati nei pressi di uno sbocco marittimo) come Pechino, Shanghai, Tsingtao e Guangzhou, oppure che siano nei paraggi del Fiume Giallo e Fiume Azzurro. Il restante entroterra non è ancora stato agganciato dalla modernizzazione. Dunque, come ovviare questo pesante handicap logistico? Facendo in modo che la Birmania diventi la “California cinese”.
Il progetto è in atto già da diversi anni, dal momento che i rapporti economici tra i due Paesi confinanti si è fatto sempre più intenso. Dall’inizio degli anni Novanta, l’apertura delle frontiere birmane ha spinto circa due milioni di cinesi a stabilirsi nel nord e nord-est di questo Stato. Oggi le imprese cinesi dominano larghe fette d’economia, mentre intere città sono diventate vere e proprie enclave di Pechino. La Cina sta inoltre costruendo una serie di infrastrutture per collegare la Birmania all’entroterra cinese, con strade e ferrovie. Il sogno è ottenere lo sbocco sul Golfo del Bengala. In questo modo si risolverebbe il “dilemma di Malacca”, affinché le merci provenienti dall’estero e viceversa non siano più costrette a transitare da una zona trafficata e strettissima. Un vero e proprio collo di bottiglia che in caso di future tensioni potrebbe essere utilizzato dagli avversari della Cina per tagliare i rifornimenti energetici diretti a Pechino. E Xi Jinping non vuole correre questo rischio.