Si accelera la corsa per la cura contro il Covid-19. La Cina è la più avanzata e ha cominciato la sua seconda tappa di sperimentazione clinica. Gli Stati Uniti seguono a ruota. Nel mondo, secondo la prestigiosa rivista scientifica Nature, ci sono 115 progetti in marcia, di cui 73 in stadio esploratorio, il 72% del settore privato e il 28% del settore pubblico, università o organizzazioni non governative. Si stima che il vaccino potrebbe essere pronto per il 2021, quando il tempo abituale per uno sviluppo di laboratorio occupa in media dieci anni. Anche per la crisi dell’Ebola ne furono necessari cinque, prima che fosse disponibile.

Qualche giorno fa, Cansino Biologics, responsabile della ricerca, in collaborazione con l’Accademia di Scienze Mediche dell’Esercito popolare di liberazione (Epl) cinese, e l’equipe medica della generale di brigata Chen Wei, di istanza a Wuhan, ha informato di aver raggiunto il punto di stabilità di una formula di nuova generazione che non include agenti patogeni, come quelli conosciuti e utilizzati sinora, ma solo alcuni antigeni specifici. Quello elaborato da Moderna Therapeutics, e finanziato dall’istituto nazionale di salute degli Stati Uniti, invece, impiega una tecnologia, che copia il codice genetico del virus per crearne una versione con minor carica virale, conosciuta come Arn. D’altra parte, il suo utilizzo di non è stato approvato negli esseri umani.

La soluzione cinese è stata applicata a 108 persone sane, scelte fra oltre 5.200 candidati. Una dose diversa è stata inoculata a tre gruppi separati. Il South China Morning Post riporta la testimonianza di Xiang Yafei, un uomo di 30 anni, proprietario di un ristorante, sul quale è stata testata la dose più bassa. Afferma di aver avuto febbre a 37.6 gradi nel corso dei primi giorni, e di aver avuto i sintomi di un raffreddamento con sensazione di fatica, ma di essersi recuperato completamente senza ricadute.

Al termine di due settimane di isolamento in una struttura militare, Yafei è stato dimesso. Parte del suo sangue è in analisi per l’identificazione degli anticorpi generati. Una pubblicazione sul profilo ufficiale dell’Epl nelle reti sociali ha dato a intendere che il generale Wei, e altri sei collaboratori, si sarebbero per primi iniettati l’antidoto come cavie, prima dell’avvio del progetto con il gruppo di volontari di cui ha fatto parte Yafei. I dati preliminari sono positivi e le prove saranno replicate su una mostra maggiore, che si prevede di alcune centinaia di soggetti, per osservarne l’efficacia e la sicurezza. Un piano di vaccinazioni è previsto come terza ed ultima tappa.

Non vi è dubbio che la dimensione propagandistica si allarga con l’avanzare del contagio in occidente e la seconda ondata che sta colpendo l’Asia. Tuttavia, al momento, in Cina, si sta lavorando su nove ipotesi che ricorrono ad almeno cinque tecniche differenti, come vaccini inattivati, di vettori virali o genetici, che si trovano in varie fasi di controllo, e impiegano fino a mille scienziati. Il 14 aprile, il consiglio di stato ha annunciato che altri due composti inizieranno la sperimentazione. Uno di questi è stato realizzato dall’istituto di prodotti biologici di Whuhan, sotto la direzione del gruppo farmaceutico nazionale; l’altro da Sinovac Research and Development, un’impresa con sede a Pechino.

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