In molti hanno voluto vedere nell’esplosione dell’indipendentismo catalano una sollevazione legata a fattori esterni che hanno supportato il movimento. In particolare, in molti hanno ritenuto che ci sia una scientificità tale per cui a volte sembra veramente difficile credere che sia tutto frutto della (pur evidente) astuzia dei leader della Generalitat. Escludendo dietrologie e complottismi che non aiutano a decifrare il tema catalano, probabilmente, più che un’azione di agenti esterni in Catalogna, bisogna capire effettivamente a chi possa giovare la separazione di Barcellona da Madrid. Una domanda cui nessuno può dare una risposta definitiva, ma che è interessante per comprendere se esistono effettivamente degli interessi internazionali in favore del separatismo catalano e soprattutto se si tratti di strategia o di puro tatticismo degli Stati terzi.

Data l’importanza della Spagna sul piano internazionale, esistono molteplici attori interessati a questo referendum, che vanno da Occidente fino all’Estremo Oriente, passando per l’Europa e la Russia. Perché la Catalogna indipendente è sì, identitarismo, ma è anche, prima di tutto, una regione all’interno dell’Unione europea che, almeno nei primi anni, ne starebbe fuori. Così come starebbe fuori dal circuito Nato e fuori dal mercato europeo.

Partendo da Oltreoceano, non sembra che gli Stati Uniti abbiano interesse alla destabilizzazione della Spagna. Pur con delle divergenze mai sopite fra Madrid e Washington, l’appartenenza della Spagna nella Nato, l’impegno nelle missioni internazionali, la presenza delle basi di Rota e Cadice, la fondamentale posizione a cavallo tra Europa, Nordafrica e Atlantico e, oggi, i buoni rapporti fra Trump e Rajoy, sono fattori che fanno credere che gli Usa non siano affatto interessati a creare un problema alla Spagna né a trarne vantaggi. Sia Mattis che Trump, a margine dell’incontro con Rajoy alla Casa Bianca, il 27 settembre, hanno sostenuto pubblicamente l’unità della Spagna, nonostante una campagna mediatica, soprattutto da parte del New York Times e affini, avversa all’azione di Madrid.

Sul fronte opposto della politica estera statunitense, cioè quella della Russia, i media spagnoli hanno accusato quelli filorussi di aver supportato il referendum catalano. La stampa iberica ha puntato il dito contro la volontà di Putin di destabilizzare l’Unione europea e, siccome in Spagna non c’è un movimento euroscettico vicino a Mosca, l’occasione sarebbe arrivata con la Catalogna. Il Cremlino è stato tra i primi a condannare il referendum separatista, tacciandolo come illegale e ritenendolo un affare interno alla Spagna, ma è anche vero che la Russia potrebbe in definitiva avvantaggiarsi da tutto questo. La Russia non ha interesse ad attaccare la Spagna, ma potrebbe ottenere dei vantaggi dalla creazione di uno Stato formalmente extraeuropeo e con forti componenti anti-Nato al suo interno, nonché aperto al commercio con Mosca. C’è la Russa dietro la Catalogna? Non esageriamo. Che invece Mosca possa ottenere qualcosa dalla secessione o anche soltanto apparire come potenza destabilizzante in Europa, questo è altrettanto vero.

Passando all’Asia, la Cina non sembra assolutamente interessata ad avere una mina vagante in Europa, specialmente dopo che la Nuova Via della Seta ha reso i porti spagnoli di Valencia, Bilbao e Barcellona dei terminali basilari delle rotte commerciali cinesi in Europa. In questo senso, è evidente che gli accordi presi con il governo di Madrid per il porto di Barcellona, fanno della Spagna l’interlocutore di Pechino e non la Catalogna. Inoltre, non va dimenticato che il governo cinese ha nell’Unione europea un partner economico imprescindibile e non può né vuole che qualcosa destabilizzi la struttura europea. Cosa avvenuta già ai tempi della Brexit e che la Cina ha visto con estrema rigidezza, proprio per aura di perdere un interlocutore all’interno dell’Europa che potesse applicare politiche meno contrarie alla Cina.

Parlando di Unione europea, qui entrano in ballo diversi fattori. Da un punto di vista contingente, l’Unione europea non può sostenere in alcun modo il referendum catalano. La Spagna è Stato membro della struttura europea e l’Ue non può avallare alcun tipo di comportamento interno agli Stati che possa portare a una frattura del mercato comune e a futuri conflitti fra Madrid e Barcellona per l’ingresso di quest’ultima nell’ambito Ue. Detto questo, strategicamente, all’Unione europea potrebbe anche convenire una prima spallata allo Stato nazionale spagnolo, perché è evidente che Stati nazionali siano un limite all’espansione del progetto europeo. Avere un movimento secessionista e tendenzialmente filoeuropeo, come poteva essere la Scozia ai tempi del Regno Unito dentro l’Ue vuol dire avere comunque la possibilità di innescare un progetto di ampio respiro che vede sempre meno forza degli Stati nazionali e sempre più capacità di azione di entità piccole e filoeuropee che vedono nella comunità continentale il loro approdo naturale. Stessa idea che potrebbe avere la Germania. Il progetto della Kerneuropa del circuito intorno a Schauble, cioè di un’Europa germanocentrica con entità periferiche regionali legate al mercato tedesco, potrebbe sostenere la creazione della Catalogna – che importa moltissimo dall’Europa – così come sostenere altri indipendentismi di regioni ricche e legate all’apparato industriale di Berlino – come Fiandre e Veneto. La Francia, dal canto suo, potrebbe anche avere un interesse strategico nella Spagna senza la Catalogna. La geografia consegnerebbe a Parigi un Paese indebolito ai suoi confini meridionali, cioè la Spagna, e senza una regione ricca come quella separatista. E otterrebbe un altro Paese, piccolo e in cerca di sostegno, come la Catalogna, nonché utile per l’import-export e culturalmente affine con il meridione francese. Che oggi Parigi, Bruxelles e Berlino siano intenzionate a sostenere Puigdemont, non sembra plausibile. Che però tutto ciò serva come “stress-test” per capire fino a che punto sia possibile creare una situazione del genere in Europa, potrebbe essere una lettura verosimile. Non è complottismo, ma rispondere alla domanda che tutti si fanno in questo momento: cui prodest?

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