Era il dicembre 1999 quando, dieci anni dopo il crollo del Muro, Boris Eltsin annunciò inaspettatamente le sue dimissioni e nominò Vladimir Putin presidente ad interim. Promettendo di ricostruire una Russia indebolita, l’austero e riservato Putin vinse facilmente le elezioni del marzo 2000 con circa il 53% dei voti. Da subito individuato come un hardliner, nemico giurato di oligarchi e affaristi, ha costruito un’immagine da uomo solo al comando, differente dai leader storici sovietici, così schiavi del partito dei militari. Ma Putin è tutto tranne che solo nel guidare la Russia nel nuovo millennio e il suo cerchio magico ne è la dimostrazione. Mentre ora è all’apice del suo potere come presidente russo, è da lungo tempo circondato da alcuni funzionari, sia dentro che fuori il famoso gruppo di Pietroburgo, chiamato anche dei siloviki, la parola russa per indicare tutti gli uomini e l’intero apparato di agenzie dedite alla sicurezza antioccidentale. Questi uomini potenti – in gran parte nati nell’Unione Sovietica degli anni ’50, hanno stabilito posizioni ancora più reazionarie del loro presidente, e sono in prima linea nella lotta contro presunti nemici in patria e all’estero. L’aria di crisi e il conflitto con l’Occidente non restringe i loro ruoli, anzi, permette loro di estendere la propria rete di hard e soft power.
Sergej Shoigu: il più popolare dopo Putin
Classe 1955, dal 2012 è ministro della Difesa. Il membro di gabinetto più longevo della Russia e il suo secondo politico più popolare dopo Putin, spesso dato come prossimo leader russo. Sergej Shoigu ha avuto un ruolo chiave nel rilancio delle forze armate russe, culminato nel loro dispiegamento “di successo” in Siria. La sua agiografia lo vuole come salvatore dell’esercito, ed è su quello che è stato definito “fenomeno Shoigu” che si fonda il suo potere da tecnocrate. Sebbene Shoigu non sia mai stato un soldato, ha ricevuto la prestigiosa medaglia di Eroe della Federazione Russa (come il suo rivale Chemezov) e la sua frequente apparizione in uniforme aiuta a rafforzare la sua immagine di uomo d’azione e difensore della Patria. Nostalgico della Siberia, ha lanciato un enorme progetto che qui porterà alla costruzione di nuove città.

Il suo nome è tipicamente russo, pur essendo originario di Tuva, una provincia povera abitata da buddisti di lingua turca che confina con la Cina nord-occidentale. Alcuni intellettuali tuvani lo considerano addirittura una reincarnazione di Subedei, un generale mongolo il cui esercito ha devastato quelle che oggi sono Russia e Ucraina otto secoli fa: una mitopoiesi d’eccellenza. Shoigu ha iniziato la sua carriera all’inizio degli anni ’90 come capo del ministero delle Emergenze, rendendolo una struttura militarizzata altamente efficace e in cima a tutte le classifiche politiche anni prima che Putin diventasse presidente. Asseconda l’interesse di Putin per la vita all’aria aperta come presidente della Società geografica russa ed è proprio lui l’uomo che viene ritratto nelle immagini in cui il presidente è a pesca o a caccia nei boschi siberiani, un’unzione simbolica che secondo alcuni lo rende il suo più probabile successore.
Nikolai Patrushev: il nostalgico dell’era sovietica
Classe 1951, ha servito come Direttore del Servizio di sicurezza federale russo (FSB), che è la principale organizzazione succeduta al KGB dal 1999 al 2008, ed è Segretario del Consiglio di sicurezza della Russia dal 2008. Fra i siloviki d’acciaio, Patrushev è uno dei maître à penser della attuale glorificazione del passato sovietico. Patrushev sostiene che il crollo dell’Unione Sovietica “ha completamente sciolto le mani dell’élite neoliberista occidentale”, consentendole di imporre i suoi valori non tradizionali al mondo. Lui e i suoi colleghi hanno definito la Russia una nazione destinata a riconquistare quello status di baluardo contro l’Occidente, con l’Ucraina e altri paesi post-sovietici appartenenti alla legittima sfera di influenza di Mosca. Per questo ha descritto la russofobia in Ucraina come il risultato di una campagna di propaganda occidentale che risale a “scribi europei gelosi” che hanno infangato nientemeno che la figura di Ivan il Terribile.

Mentre la politica estera russa spetta ufficialmente al ministro degli Esteri Sergey Lavrov, il vero processo decisionale è sempre più guidato da una piccola cerchia di ufficiali dell’intelligence e funzionari della Difesa con stretto accesso a Putin come Patrushev. Con gran parte della sua carriera trascorsa nell’ombra, Patrushev ha poche prove pubbliche del suo coinvolgimento nella politica estera. Ma è noto per essere stato uno del piccolo gruppo di consiglieri vicini a Putin intimamente coinvolti nella pianificazione dell’annessione della Crimea nel 2014. Il profilo crescente di Patrushev nei Balcani è coinciso con l’ aumento dell’attività russa nella regione negli ultimi anni.
Valery Gerasimov: il militare di ferro
Classe 1955, è l’attuale Capo di stato maggiore generale delle Forze armate russe. Ha frequentato la Scuola militare a Kazan e, tra gli Anni ‘70 e ‘80, ha iniziato la carriera nell’Armata Rossa. Shoigu lo ha descritto come “un militare fino alla radice dei capelli”, fin dai tempi del Northern Group of Forces. Dopo aver prestato servizio nei distretti militari dell’Estremo Oriente e del Baltico, è diventato capo di stato maggiore della 58a armata nel distretto militare del Caucaso settentrionale nel 1999, poco prima dello scoppio della seconda guerra cecena.

Secondo il servizio di sicurezza dell’Ucraina, Gerasimov è stato il comandante generale di tutti gli elementi delle forze russe e anche dei ribelli filo-russi durante la loro decisiva vittoria strategica nella battaglia di Ilovaisk nel 2014, dove furono uccisi oltre 1.000 soldati ucraini. Per questa ragione, dal 2014 è nel libro nero dell’Unione Europea a causa di “azioni che ledono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.
Sergei Naryshkin: il depositario della storia russa
Classe 1954, è Capo dell’intelligence straniera (SVR) dal 2016. Sergei Naryshkin è un alleato di Putin di lunga data e, secondo le notizie ufficiali che circolavano al momento della sua nomina, ha servito al fianco del presidente presso il KGB. Sua priorità speciale sembra essere la lotta senza quartiere per la storia russa, intrisa di teorie sul presunto decadimento morale della società occidentale. Non a caso sovrintende alla Russian Historical Society, aiutando a guidare l’istituto nel glorificare – e, secondo i critici, imbiancare – il passato della Russia. Nel 2009 Naryshkin è stato nominato presidente della Commissione russa per la verità storica, istituita per “contrastare i tentativi di falsificare la storia a scapito degli interessi della Russia”. Sotto la sua guida, l’SVR ha raddoppiato la sua campagna di pubbliche relazioni per plasmare la sua nuova immagine di organo potente e professionale, lontano dai metodi del KGB.

L’Ucraina è fra le ossessioni di Naryshkin. Insieme all’FSB, il servizio di sicurezza interna e controspionaggio, l’SVR gestisce da tempo spie e doppiogiochisti in Ucraina e nel mondo, supervisionando al contempo le operazioni di disinformazione globale: “Una specie di macchina del tempo ci sta riportando agli anni peggiori dell’occupazione di Hitler”, ha detto Naryshkin dell’Ucraina nelle scorse settimane, descrivendo il suo governo filo-occidentale come una “vera dittatura”. Dopo l’annessione della Crimea alla Russia nel marzo 2014, è stato incluso nell’elenco dei funzionari russi sanzionati dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Proprio come altri membri della cerchia ristretta di Putin, tuttavia, ha accettato la sanzione come una medaglia sul petto. Da circa un anno i rumors lo vorrebbero come papabile sostituto di Sergey Lavrov agli Esteri.
Aleksandr Bortnikov: l’uomo dell’intelligence
Classe 1951, è Capo del Servizio federale per la sicurezza (FSB), tuttavia si ritiene che abbia meno influenza su Putin di Patrushev o Naryshkin nonostante sia un siloviko. Bortnikov svolge un ruolo chiave nel mantenere il controllo di Putin sul Paese. Il tentacolare apparato di sicurezza che dirige impiega centinaia di migliaia di persone ed è responsabile di tutto, dall’antiterrorismo alla sicurezza delle frontiere, al controspionaggio, alla sorveglianza elettronica e, ufficiosamente, al contenimento dell’opposizione politica. Suo figlio Denis è il vicepresidente del consiglio di amministrazione della banca statale VTB Bank.

Il caso dell’avvelenamento di Alexander Litvinenko pose l’FSB sotto i riflettori internazionali. Litvinenko, che aveva ottenuto asilo nel Regno Unito, era stato bollato come “traditore” in Russia. L’inchiesta ufficiale del Regno Unito concluse che gli assassini probabilmente avevano l’approvazione di Putin e dell’allora capo dell’FSB, Nikolai Patrushev.