I Democratici Svedesi rappresentano un elemento importante del campo della destra sovranista europea, in quanto formazione antisistema nata e prosperata all’ombra di un modello che si pensava inscalfibile, quello della socialdemocrazia scandinava.
Il modello svedese di equità sociale è stato fondato, per decenni, su un solido compromesso tra il ruolo dello Stato in sostegno all’economia e la costruzione di una fascia di diritti socio-economici garantiti per la popolazione. A partire dagli anni Novanta, i tagli alla spesa sociale hanno assestato una prima sforbiciata alla sostenibilità di questo sistema e, in seguito, la consistente immigrazione (160mila persone solo nell’ultimo quinquennio) ha creato un grave problema di sostenibilità sociale del modello, mano a mano che la crescente difficoltà che emergeva nel processo di integrazione andava di pari passo con la crisi finanziaria del welfare di Stoccolma.
L’ascesa dei Democratici Svedesi
Come segnalato su Gli Occhi della Guerra, nel campo dell’integrazione “il sistema di welfare svedese, così come quello inerente la mera accoglienza, ha fallito: non ci sono i numeri, nei bilanci, per offrire a tutti i cittadini stranieri le stesse tutele dei cittadini svedesi, così come è difficile la convivenza tra culture diametralmente differenti”, fatto molto spesso negato dall’establishment politico che ha sempre rifiutato un dibattito serio sul tema.
Ed è in questo contesto che sono state poste le basi per l’ascesa di un partito, quello dei Democratici Svedesi, fondato nel 1988 e rimasto a lungo marginale nel panorama politico nazionale, tanto da fallire l’accesso al Riksdag, il Parlamento di Stoccolma, nelle sue prime sei partecipazioni elettorali. Nel 2006, dopo aver conseguito il miglior risultato della sua storia, il partito dei Democratici Svedesi godeva infatti di un misero bottino di 162.000 voti e del 2,9% dei suffragi.
La svolta di Akesson
In quell’anno, tuttavia, iniziò a manifestarsi l’effetto dell’ascesa alla segreteria dei Democratici Svedesi del giovanissimo Jimmie Akesson, destinato a rivoluzionare in breve tempo le sorti della formazione.
Akesson ha espulso le frange estreme da un partito troppo spesso infiltrato da suprematisti bianchi e circoli filonazisti vicini al Nordic Resistance Movement e lavorato a una presentazione più istituzionale: il cambiamento più evidente è stato nello stesso simbolo della formazione, passato dall’essere una torcia simile a quella del National Front britannico a un più rassicurante fiore, un’anemone gialla e blu richiamante i colori della bandiera svedese.
I Democratici Svedesi, in conseguenza alle azioni di Akesson, si sono trasformati nell’ideale ricettore di consensi per i delusi della crisi del modello svedese. La lotta a un’Europa percepita come lontana andava di pari passo con le dichiarazioni contrarie all’immigrazione massiccia che la Svezia si era trovata a gestire. “La loro campagna elettorale”, scrive l’Agi, “ricalca temi e immagini ben conosciute anche nell’Europa del sud: falansteri di periferia dove gli abitanti vivono nella paura imposta dagli immigrati, lampeggianti della polizia, auto che esplodono”. Il tema della “Swexit” garantì, opportunamente cavalcato, l’ingresso in Parlamento nel 2010, mentre da allora in avanti sarebbero stati il tema del contrasto all’immigrazione e la volontà di una riforma economica capace di rivolgere esclusivamente ai nativi svedesi il modello di welfare a farla da padrona.
Il boom elettorale dei Democratici Svedesi
Opportunamente cavalcate, queste prese di posizione hanno garantito ai Democratici Svedesi consensi vicini al 13% nel 2014 e un boom oltre il 17% nel voto del settembre scorso, quando il partito di Akesson ha ricevuto meno di quanto attribuitogli dai sondaggi, che lo posizionavano sopra il 20, ma ha contribuito a erodere definitivamente la leadership del Partito Socialdemocratico, calato ai minimi da un secolo a questa parte.
Il fatto che il consenso verso i Democratici Svedesi fosse, di fatto, un fenomeno di opinione, una critica al modello svedese e al suo difficile incontro con i fenomeni di immigrazione massiccia ma partisse, in prospettiva, senza reali possibilità di portare alla formazione di un governo, vista la conventio ad excludendum dell’establishment, ha probabilmente contribuito a reindirizzare verso il centrodestra tradizionale parte delle preferenze dirette ad Akesson. Il quale ora si avvicina al voto europeo forte di un nuovo incremento nei sondaggi di opinione. Saldamente posizionato nel gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei, con un buon risultato a maggio il partito dei Democratici Svedesi potrebbe contribuire a svolgere il ruolo di “pontiere” tra il Partito Popolare Europeo e i populisti di destra nella formazione della nuova Commissione.