La pandemia di Covid-19, la seconda Guerra Fredda tra Stati Uniti e Cina, il ruolo di Pechino e quello delle altre potenze regionali in Asia e nel mondo. E ancora: la penisola coreana di nuovo in subbuglio e, in generale, l’inizio di un periodo storico complesso che deve essere decifrato senza dare adito a facili letture. Per fare luce su questi e altri argomenti, abbiamo chiamato in causa Francesco Sisci, giornalista e sinologo nonché professore di politica internazionale presso l’Università di Pechino.

Professore, qual è il nuovo ruolo geopolitico della Cina nel post coronavirus?

“La Cina è il primo Paese a essere stato colpito dal Covid ed è stato il primo a ripartire, al di là dell’ultimo focolaio avvenuto negli ultimi giorni a Pechino. Certo, c’è la possibilità che il Covid possa ritornare in autunno. Ma, ad oggi, la Cina non esce affatto sconfitta dalla battaglia contro il nuovo coronavirus. Soprattutto se guardiamo a cosa è successo ad altri Paesi, come ad esempio agli Stati Uniti, che in teoria avevano il vantaggio di prepararsi meglio alla pandemia e, sempre in teoria, potevano contare su strutture sanitarie e sociali migliori. La Cina può dire a se stessa e al mondo di non essere uscita sconfitta dal Covid grazie alla propria forza di organizzazione. E questo, in un momento complicato per tutti, non è un elemento banale. Anzi: può avere il suo fascino non tanto in Occidente, ma in quei Paesi in via di sviluppo dove il passaggio alla democrazia non si è ancora verificato completamente. Possiamo dire che c’è un’attrazione oggettiva nei confronti di Pechino.

Come si svilupperà il rapporto tra Stati Uniti e Cina alla luce della pandemia?

Ci sono due importanti aspetti da considerare. Primo: il Covid non è un acceleratore del conflitto tra Usa e Cina, ma è nato a causa dello scontro tra le due potenze. Nel 2003, quando ci fu l’epidemia della Sars, dopo un po’ di confusione, i cinesi si aprirono. Arrivarono nel Paese sia gli specialisti americani che l’Oms: la malattia fu messa sotto controllo, tanto a livello nazionale che internazionale. Questa volta è successo che i cinesi hanno cincischiato per un mese, forse due. Chi lo sa? Quando si sono aperti, forse non si sono completamente aperti. Perché? Avevano il timore – come poi è stato – che qualunque loro apertura sarebbe stata usata o manipolata da forze contrarie alla Cina. Secondo aspetto: quando la Cina si è aperta, dato che lo ha fatto in modo parziale, gli Stati Uniti (e l’Occidente) non hanno preso sul serio la minaccia del Covid. Questo ha aumentato la pericolosità dell’epidemia. In altre parole l’epidemia è cresciuta, in Cina e nel mondo, a causa del sospetto reciproco tra Stati Uniti e Cina. Alla fine, come in un circolo vizioso, la malattia accelera le dinamiche negative intorno alla Cina. Se l’inasprimento delle relazioni tra questi due Paesi non dovesse frenare, nei prossimi mesi dovremo aspettarci un peggioramento della situazione internazionale con ripercussioni difficili da prevedere.

Cosa sta succedendo tra le due Coree? Cosa si nasconde dietro alle ultime minacce di Pyongyang?

A Pyongyang sta accadendo qualcosa di strano. È singolare che a fare dichiarazioni così bellicose sia la sorella del leader (le minacce di Kim Yo Jong nei confronti della Corea del Sud ndr). Questo indica che Kim Yo Jong ricopre un ruolo molto importante. È poi possibile che la Corea del Nord abbia dei problemi interni e che, per nasconderli, proietti verso l’esterno un atteggiamento minaccioso. Dato che non sappiamo veramente cosa sta succedendo in Corea del Nord, l’unica raccomandazione è che bisogna stare molto attenti a segnali del genere.

Quale può essere il ruolo del Giappone in Asia in questo momento?

Oggi il ruolo del Giappone è tanto importante quanto delicato. È il Paese più ricco della regione insieme alla Cina. Ha rapporti buoni ma non idilliaci con la Cina. Da una parte Tokyo non ha interesse a esasperare la tensione con la Cina perché, così facendo, danneggerebbe il suo ambiente commerciale ed economico; dall’altra parte, però, Pechino è preoccupata del confronto sempre più teso con gli Usa. In questo confronto, infatti, il Giappone si schiera con Washington, non certo con la Cina. Possiamo affermare che il Giappone non ha interesse ad aumentare la tensione, ma se la tensione aumenterà il Giappone si schiererà con l’America.

A causa delle tensioni commerciali fra Stati Uniti e Cina potrebbero emergere nuove “Tigri asiatiche”?

Lo scontro geopolitico in atto ci sta portando verso una Guerra Fredda, tra l’altro già in atto. Un contesto del genere non consente la nascita di altre Tigri asiatiche. Sta tuttavia avvenendo una rilocalizzazione in altri Paesi di aziende che prima erano in Cina. Il Bangladesh e l’Indonesia, più del Vietnam, da questo punto di vista sono interessanti. Prima del Covid, nel 2018, l’Indonesia, con oltre 200 milioni di abitanti, ha avuto una crescita del 10% del Pil. In generale, in Asia e nel mondo, l’economia sta cambiando da anni. La crescita della Cina ha messo in moto sia l’economia dell’Asia che dell’Africa. Tuttavia non parlerei di “Tigri asiatiche, un lessico più da anni ’80”.





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