Appare sempre più plausibile l’ipotesi secondo cui fu l’ex vicepresidente Joe Biden in prima persona a chiedere di indagare su l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael T. Flynn per aver potenzialmente violato il Logan Act durante le sue telefonate con l’allora ambasciatore russo Sergey Kislyak, secondo alcuni documenti divulgati questa settimana dal Dipartimento di Giustizia, e allegate ieri dalla difesa del tenente generale in una istanza alla corte. Lo rende noto il New York Post. Secondo la documentazione diffusa nelle scorse ora e prima rimasta top secret, anche l’ex presidente Barack Obama disse ai funzionari più importanti della sua amministrazione che le “persone giuste” avrebbero dovuto mettere sotto inchiesta Flynn. Tuttavia, l’allora direttore dell’Fbi James Comey, secondo quanto ricostruito, in un incontro risalente al 5 gennaio 2017 a cui parteciparono oltre a Obama e Biden anche il vice-procuratore generale Sally Yates e il consigliere per la sicurezza nazionale Susan Rice, avvertì che le conversazioni fra Flynn e Kislayk “sembravano legittime”.

Gli appunti di Strzok inguaiano Biden e Obama

Le ultime – e clamorose rivelazioni – sulle origini del Russiagate sono contenute in alcune note scritte a mano dall’ex agente dell’Fbi Peter Strzok. Trattasi, secondo gli avvocati di Michael T. Flynn, primo consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump, di “prove sbalorditive” che ora rischiano seriamente di inguaiare Joe Biden e Barack Obama, che hanno sempre negato ogni coinvolgimento nella vicenda. “Secondo gli appunti di Strzok, sembra che il vicepresidente Biden abbia sollevato personalmente l’idea del Logan Act”, hanno rilevato gli avvocati della difesa Jesse Binnall e Sidney Powell. “È diventato un pretesto per indagare sul generale Flynn”. Il Logan Act, che risale al 1799, impedisce ai cittadini americani non autorizzati di impegnarsi in “qualsiasi corrispondenza o rapporto con qualsiasi governo straniero”. Nessuno negli Stati Uniti è mai stato condannato per aver violato questa legge. Al momento la Campagna di Joe Biden non ha rilasciato alcuna dichiarazione in merito al coinvolgimento dell’ex vicepresidente nella vicenda.

Un ex alto funzionario dell’Fbi ha dichiarato a Just the News che gli appunti di Strzok sull’incontro tenutosi alla Casa Bianca il 5 gennaio 20917 dimostrano che il bureau guidato da James Comey potrebbe essere stato coinvolto illegittimamente in una disputa politica tra l’amministrazione Obama uscente e quella di Trump. “Si è trattato di un incontro politico su una disputa politica”, ha spiegato Kevin Brock, ex vicedirettore del bureau. “Nessun altro direttore dell’Fbi avrebbe mai partecipato a una simile riunione”. “Comey è citato nelle note in quanto afferma che la chiamata con Kislyak gli era sembrata legittima. A quel punto avrebbe dovuto alzarsi e lasciare la stanza” ha aggiunto.

Come ricorda Federico Punzi su Atlantico Quotidiano, è opportuno tenere in considerazione il contesto di quei giorni. Il giorno precedente al meeting fra Obama, Biden e i più importanti funzionari dell’amministrazione Obama, il 4 gennaio 2017, l’ufficio di Washington dell’Fbi raccomandava nel suo rapporto conclusivo la chiusura dell’indagine di controintelligence Razor, il filone sull’ex generale Flynn aperto sei mesi prima, ad agosto 2016, perché nulla di illecito o inappropriato era emerso (“no derogatory information”), nemmeno dalle sue conversazioni con Kislyak. Quello stesso giorno, nel primo pomeriggio, fu l’agente Strzok a chiedere e a ottenere dal collega “case manager” che l’indagine restasse aperta, come risulta dai suoi sms: “Hey if you haven’t closed RAZOR, don’t do so yet”, facendo riferimento ad una volontà in tal senso del settimo piano (quello dei vertici dell’FBI): “7th floor involved”. Gli appunti manoscritti di Strzok – aggiornato sui contenuti dell’incontro probabilmente da Comey o dal vicedirettore McCabe – mostrano un ruolo chiave del presidente Barack Obama e di Joe Biden.

Archiviata la causa contro Flynn

Come abbiamo spiegato qui, nelle scorse ore la corte d’appello federale di Washington D.C. ha ordinato al giudice federale Emmet Sullivan di accogliere la richiesta presentata nelle scorse settimane dal dipartimento di Giustizia di ritirare le accuse contro l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale di Donald Trump, Michael Flynn. Nello specifico, tre giudici della corte d’appello hanno infatti accolto la richiesta del generale di intervenire presso il giudice che si era rifiutata di accogliere la richiesta del dipartimento di Giustizia, richiedendo un parere legale esterno contro questa mossa. Il dipartimento di Giustizia guidato da William Barr ha giustificato la richiesta di far cadere le accuse contro Flynn facendo riferimento a prove che mostrerebbero come gli agenti dell’Fbi abbiano agito con pregiudizio cercando di incastrarlo e costringerlo alla falsa testimonianza. Esulta su Twitter il Presidente Usa Donald Trump: “Grande! La Corte d’Appello ha accolto la richiesta del dipartimento di Giustizia di chiudere il procedimento penale contro il generale Michael Flynn!”.





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