Lo scambio tra Israele e Stati Uniti a livello di intelligence è un elemento essenziale del rapporto tra questi due Paesi. Un canale di comunicazione che negli ultimi anni, anche per una precisa scelta politica oltre che di immagine, è diventato spesso pubblico, con una maggiore (e spesso sorprendente) copertura mediatica di quanto accade nelle agenzie di sicurezza di questi due alleati e che, quando coinvolge entrambi, serve anche a rafforzare l’idea di sinergia che intercorre tra di loro.
Non deve sorprendere quindi che in questi giorni i media abbiano riportato la notizia del viaggio del direttore dell’agenzia di sicurezza israeliana Shin Bet, Ronen Bar, a Washington. Nella capitale degli Stati Uniti, il capo di una delle più importanti strutture dell’intelligence di Israele ha avuto una serie di incontri di altissimo livello con funzionari dell’amministrazione democratica. Non è stato chiarito se nella serie di incontri ve n’è stato anche uno con il capo della Cia, William Burns. Lo Shin Bet non ha fornito ulteriori dettagli sull’agenda del capo dell’agenzia in visita negli Stati Uniti, ma in ogni caso appare probabile un incontro tra i due esponenti dell’intelligence visti anche i commenti dello stesso Burns sui timori di un’escalation a Gaza che possa sfociare in una nuova intifada. E come riportato anche dal portale Al Monitor, la situazione della Striscia, insieme a quella della Cisgiordania, è uno dei grandi temi della visita del funzionario israeliano in Usa.

In questo momento, a preoccupare gli esperti della sicurezza di Israele sono in particolare due elementi: la presenza di milizie apparentemente autonome rispetto alle sigle più note, e la penuria alimentare nella Striscia di Gaza causata dal taglio dei fondi al World Food Programme in Palestina. L’assenza di aiuti per migliaia di palestinesi, insieme a una recrudescenza della violenza e di fenomeni terroristici e alla carenza di leadership dell’Autorità nazionale palestinese, rischia di essere una miscela esplosiva. E al momento, sui fondi che dovrebbero arrivare al Wfp per scongiurare il taglio degli aiuti, non arrivano buone notizie.
Se questi sono i temi che preoccupano di più lo Shin Beth, che è appunto l’agenzia per gli affari interni dello stato di Israele e quella che si occupa dell’antiterrorismo in queste due aree, Israele ha però un altro motivo per discutere con gli Stati Uniti: l’Iran. Ed ecco che alla notizia del viaggio di Ronen Bar a Washington si deve aggiungere un altro viaggio negli Stati Uniti, sempre questa settimana, di due altri esponenti israeliani: il ministro israeliano degli Affari strategici, Ron Dermer, e il consigliere per la sicurezza nazionale, Tzachi Hanegbi. Sul tavolo il programma nucleare iraniano, vero punto dolente dell’agenda israeliana in Medio Oriente e spesso oggetto di confronto tra gli Stati Uniti e lo Stato ebraico, ma anche i rapporti con l’Arabia Saudita. Joe Biden, specialmente dopo l’accordo tra Riad e Teheran, vorrebbe che ci fosse un passo in avanti anche nella riconciliazione ufficiale tra la corte saudita e lo Stato di Israele. E questo permetterebbe a Washington di consolidare le partnership interregionali in un’area, il Medio Oriente particolarmente critica e sempre più oggetto dell’espansione degli interessi cinesi.