La storia di Istanbul, attraversata da tante dominazioni e diversi cambi di denominazione, ha una grande costante: essa è infatti la città da sempre ponte tra oriente ed occidente, tanto da essere l’unica al mondo attualmente ad agiarsi tra due continenti. Sulla metropoli turca convergono gli assi provenienti dalla Grecia, dall’est Europa e dall’Anatolia ma, soprattutto, lungo gli stretti del Bosforo che vi è la convergenza anche con i paesi del Mar Nero, un collegamento fisico e storico tra questa parte orientale del vecchio continente ed il mar Mediterraneo; la centralità di Istanbul dunque è un qualcosa che rende unica la metropoli ma, al tempo stesso, dona al governo turco importanti carte da giocare nell’ambito dello scacchiere geopolitico. Lo sa molto bene Erdogan, che di questa città è stato Sindaco negli anni 90 ed è da qui che è partita la sua scalata verso la presidenza; dopo il progetto del mega aeroporto, prossimo all’inaugurazione, adesso è il turno di un’opera che appare quasi utopistica: il nuovo canale parallelo a quello del Bosforo.

Il progetto faraonico per i 100 anni della Repubblica Turca

Giocar con e sui simboli è di certo uno dei punti forti della comunicazione di Erdogan: nulla viene lasciato al caso, il presidente turco è stato in grado di trasformare in festa nazionale persino la data del golpe del 16 luglio, con tanto di manifestazioni oceaniche in tutte le principali città del paese; non è un caso se quello che potrebbe divenire il principale lascito, almeno in termini di opere, della politica di Erdogan, ha un perentorio termine prefissato coincidente con il 29 ottobre 2023. In quel giorno, tutta la Turchia festeggerà i cento anni dalla nascita della Repubblica voluta da Ataturk; l’obiettivo del presidente è quello di poter tagliare il nastro proprio durante le celebrazioni, in modo da presentarsi quale nuovo padre della patria. La ‘Yeni Turkiye’ (‘Nuova Turchia’) passa dunque anche dai 45 chilometri di nuovo canale che trasformerebbe Istanbul in una vera e propria isola.

Il progetto non sembra essere stato partorito di recente dalla mente di Erdogan e dei suoi collaboratori, già nel 2011 il presidente turco aveva annunciato l’avvio dell’iter per la costruzione del canale; ma non solo: il nuovo aeroporto prossimo ad essere aperto, sorge proprio a due passi dal tragitto che dovrebbe essere percorso dal nuovo canale, segno di come le nuove infrastrutture di Istanbul sono state progettate in funzione della fisionomia urbana e territoriale sognata da Erdogan. Il nuovo canale fino alle scorse ore era solo un progetto sulla carta, le più importanti novità sono arrivate invece nella giornata di lunedì; è stato in particolare il Ministro delle Infrastrutture, Ahmet Aslan, a mostrare in dettaglio la situazione: “Il canale – ha dichiarato il rappresentante del governo turco – Costerà venti miliardi di Dollari, il 70% del finanziamento sarà dello Stato”. La nuova opera dovrebbe estendersi dall’area di Durusu, fino all’insenatura di Kurucesme e le sue dimensioni garantirebbero il transito di 160 navi al giorno.

Tra favorevoli e contrari

In Turchia, da quasi un decennio a questa parte, si è fatto riferimento al nuovo canale con lo stesso approccio di come in Italia si parla del ponte sullo stretto di Messina; a molti, specie trai  membri dell’opposizione al governo dell’AKP, il progetto della struttura parallela al Bosforo è apparso come utopistico ed irrealizzabile. Oggi però, con i dettagli svelati dall’esecutivo di Ankara, è possibile tracciare pro e contro circa la funzionalità del nuovo canale; l’obiettivo del governo turco è quello di sgravare in qualche modo lo stretto del Bosforo, che divide in due la città ed in cui il traffico di navi e mezzi appare spesso difficile da gestire, oltre che pericoloso per gli stessi cittadini di Istanbul. Il canale naturale da sempre simbolo dell’ex Bisanzio, è attualmente l’unico vero corridoio tra il Mar Nero ed il Mar Mediterraneo, da qui passano navi militari e commerciali ma, soprattutto, da questa piccola striscia d’acqua posta tra le due sponde della metropoli turca passano anche gli equilibri geopolitici, con la Russia ovviamente prima spettatrice interessata.

Ecco perché tra i favorevoli alla nuova opera, in tanti fanno riferimento proprio alla necessità di sgravare il centro di Istanbul dal ‘peso’ del Bosforo, un peso che è tanto pratico (con le centinaia di navi pesanti a pochi passi dai quartieri storici e frequentati ogni giorni da migliaia di persone) quanto storico/politico. Il Bosforo, in poche parole, da solo non potrebbe più svolgere la funzione che ha da oramai diversi secoli; la costruzione del nuovo canale, oltre a dar prestigio ulteriore ad Istanbul, permetterebbe quindi alla più grande città della Turchia di riappropriarsi del ‘suo’ storico corridoio tra Mar Nero e Mar Mediterraneo.

Ma c’è chi non è dello stesso avviso; alcune associazioni di ingegneri turchi, già nel 2011 hanno bollato il nuovo canale come ‘çilgin proje’, ossia ‘progetto pazzo’: per alcuni detrattori della nuova opera, il ‘Bosforo bis’ è semplicemente irrealizzabile e dunque nemmeno proponibile alle imprese per iniziare i lavori; altri invece sostengono che i margini per aprire i cantieri ci sono, pur tuttavia le conseguenze per l’ambiente potrebbero essere devastanti. Tra di essi, ad esempio, vi è Derin Orhon; professore di ingegneria ambientale dell’Università di Istanbul, le sue teorie sul nuovo canale vengono spesso citate dai membri dell’opposizione contrari al progetto: “Gli scienziati di tutto il mondo dovrebbero far pressione su Erdogan per ottenere rassicurazioni ambientali prima del via a questi lavori – si legge, tra le altre cose, in un suo articolo pubblicato qualche anno fa su una rivista specializzata – A livello ambientale sarebbe un disastro. Istanbul soffre già per una disordinata espansione edilizia, l’inquinamento ha distrutto l’ambiente circostante, il nuovo canale segnerebbe la fine dei caratteristici paesaggi del mar di Marmara”.

Istanbul sempre più “hub” per l’oriente: ecco l’obiettivo finale di Erdogan

Grande aeroporto, alta velocità e nuovo canale parallelo al Bosforo: la ‘cura infrastrutturale’ di Istanbul prosegue ed è volta a portare la città, nonostante le sue contraddizioni, verso la sua vocazione di ponte tra Europa ed oriente. Se già all’inizio degli anni 2000 la metropoli ha iniziato ad avere una migliore estensione dei collegamenti urbani, culminata poi con il progetto inaugurato nel 2013 del ‘Marmaray’, ossia il tunnel ferroviario che sottopassa il Bosforo, dal 2014 Istanbul è diventata capolinea della ferrovia ad alta velocità che le consente di essere collegata ad Ankara in tre ore e mezzo di treno. Con il progetto che è in procinto di essere sottoscritto con il governo greco, il quale prevede l’alta velocità tra Salonicco ed Istanbul (unita a quella di prossima attivazione tra Atene e la seconda città greca), ben si comprende come la metropoli turca si appresti a diventare tra i principali hub per le merci che sbarcano presso i porti del Pireo e del resto del paese ellenico.

Ma è il mezzo aereo quello che potrebbe, per davvero, far decollare il sogno di una Istanbul vitale per i collegamenti tra occidente ed oriente; l’aeroporto Ataturk è il quinto in Europa per numero di passeggeri, compete in tal senso con lo scalo londinese di Heathrow e con Francoforte, la Turkish Airlines permette il collegamento con almeno 247 destinazioni internazionali di tutto il mondo e, per cinque anni consecutivi, è stata premiata quale migliore compagnia aerea d’Europa. Ma adesso Istanbul si prepara ad un ulteriore salto di qualità: come detto, il nuovo aeroporto è quasi pronto per l’inaugurazione, i lavori dovrebbero terminare entro questo mese di febbraio e lo scalo ha un potenziale di 90 milioni di passeggeri l’anno; il ‘vecchio’ Ataturk è pronto a fare spazio alla nuova struttura, con Erdogan a sua volta pronto a scommettere subito dopo sulla realizzazione del nuovo canale tra Mar Nero e Mar Mediterraneo.

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