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Africa e Cina, un rapporto complesso e dai toni chiaro-scuri. Da una parte la Cina sfrutta l’enorme ricchezza di materia prima in Africa per utilizzarla nella sua industria. Dall’altro lato, gli Stati africani ottengono denaro e infrastrutture in una fase di boom demografico. Le fabbriche cinesi, nel frattempo, riversano nel continente i loro prodotti più scarsi. Il consumo africano abbonda oggi di made in China a dir poco scadente.

In Camerun, la situazione si sta facendo molto difficile. La tensione si alza e il rischio è di arrivare a uno scontro totale fra governo locale e cinese. E la popolazione è esausta del rapporto con l’industria di Pechino. 

Il ministro delle Miniere, Ernest Ngwaboubou, ha ritirato le licenze per l’estrazione dell’oro alle aziende cinesi Hong Kong Mining, Peace Mining e Lu&Lang. Il ministro delle Miniere si era infatti accorto di alcune importanti irregolarità nell’estrazione delle aziende cinesi. Un dato curioso visto che i governi africani tendono a essere estremamente concessivi nei confronti della Cina.

Una miniera gestita dalla Hong Kong Mining non aveva i documenti necessari all’estrazione. Per le altre due aziende, invece, si tratta di problemi di ordine pubblico. Perché i rapporti fra cinesi e popolazione locale si fanno ogni giorno più difficile, con episodi di violenza molto duri.

L’ong locale Forets dèveloppement rural (Foder) ha riferito di “forti tensioni tra residenti e dirigenti cinesi delle miniere”. I dirigenti delle aziende cinesi arrivati nella parte orientale del Camerun, sono stati accusati di molti delitti: omicidi, corruzione e espropri di terre del tutto illegittimi. Lo scorso novembre, un dipendente cinese ha ucciso un camerunense mentre cercava oro su una porzione di terra che si ritiene fosse di proprietà dell’azienda con sede in Cina. Tanto è bastato per far scattare l’omicidio.

A quel punto, i residenti sono insorti. I cittadini di Longa Mali hanno ucciso a sassate il cinese accusato di omicidio ed è iniziata una vera e propria ribellione contro lo straniero. “Stanno devastano i nostri campi che comprano per delle briciole. Non puoi farci nulla: se contesti la vendita non ottieni alcun risarcimento. Il conflitto è permanente” ha denunciato Michel Pilo, capovillaggio di Mali. Come riporta Agi, “una parcella di terra dal valore stimato di circa 750 euro viene comprata dai cinesi mediamente per 120 euro”.

I villaggi della parte più orientale del Camerun sono molto preoccupati dal’attività cinese. E puntano il dito contro il governo, che non sta facendo molto per aiutarli nel tracciare i confini delle loro terre. In questa assenza di dati, la Cina compra appezzamenti di terre e lascia i residenti senza i loro poderi.

Inoltre, c’è un grosso problema legato all’estrazione aurifera. Le leggi vigenti in tema di estrazione dell’oro impone che il 25% della produzione di oro vada consegnata al governo. Ma non c’è alcuna trasparenza. E i cinesi dichiarano dati diversi. “Non c’è trasparenza sulle procedure di acquisto dei titoli minerari. Non siamo riusciti ad aver accesso al registro delle autorizzazioni di sfruttamento artigianale (Aea)” ha riferito l’ong Foder.

In Camerun non sono mai state concessi in questi anni autorizzazioni per lo sfruttamento industriale dell’oro. Tutto resta in ambito artigianale. I camerunensi che detengono autorizzazioni artigianali però le affittano o vendono agli stranieri. Che continuano a usare quelle licenze, ormai del tutto fuori luogo. Licenze vendute anche dagli stessi politici e affaristi locali.

I blogger e giornalisti locali parlano di un problema legato a una vasta rete di corruzione in cui l’uso della forza la fa da padrona. Addirittura c’è chi dice che i cinesi abbiano inviato le proprie forze militari per tutelare le aziende. Rendendo di fatto impossibile l’accesso alle forze di sicurezza locali, tanto meno agli attivisti che denunciano i traffici illeciti. Una situazione a dir poco esplosiva che getta un’ombra sulla globalizzazione voluta dalla Cina.

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