L’Afd svolta ancora più a destra. Con il congresso che si è tenuto sabato ad Hannover, la terza forza politica in Germania ha di fatto sconfessato la sua ala liberalconservatrice, in favore di quella nazionalista. Alla guida del partito è stato riconfermato, infatti, il cinquantaseienne Jörg Meuthen, l’eurodeputato che dal 2015 guidato l’Afd in coppia con Frauke Petry. Ma al posto dell’ex leader fuoriuscita è stato eletto, con il 68% delle preferenze, Alexander Gauland, co-presidente del gruppo parlamentare dell’Afd al Bundestag. Ad Alice Weidel, candidata alla cancelleria e volto moderato della formazione, è andata, invece, la vice presidenza del movimento. 

Vicino a Bjoern Hoecke, uno degli esponenti di spicco dell’ala radicale a rischio espulsione per alcune sue dichiarazioni estremiste, sebbene sia considerato un liberali per le sue opinioni in campo economico, Meuthen, appartiene, come Gauland, alla corrente ultranazionalista del partito. Economista del Baden-Württemberg, schierato su posizioni anti-immigrazione, ha promesso di voler portare avanti “una politica patriottica per la Germania”. “Ci sono persone in questo Paese che non solo dicono ‘possiamo farlo’ ma che riescono anche a fare qualcosa”, ha detto nel suo discorso ai delegati, riferendosi provocatoriamente alle parole della cancelliera tedesca, Angela Merkel, che così aveva risposto a quanti dubitavano che il governo tedesco fosse in grado di gestire il flusso record di migranti arrivati in Germania nel 2015.

Più conosciuto all’estero per via del suo passato nella Cdu, Alexander Gauland, giurista 76enne ed ex giornalista, ha fatto spesso parlare di sé per le sue affermazioni sopra le righe. Fortemente anti-islamico, durante la campagna elettorale aveva proposto di “rottamare in Anatolia” la responsabile delle politiche migratorie del governo di origine turca, Aydan Ozoguz. Con l’elezione del duo Meuthen-Gauland alla guida del partito, lo schieramento moderato che faceva capo a Frauke Petry è stato quindi definitivamente sconfitto. I 600 delegati della formazione che ha ottenuto il 12,6% alle scorse elezioni hanno optato chiaramente per una linea più radicale. La stessa che ha portato la Petry, volto mediatico del partito, a rassegnare le proprie dimissioni e ad abbandonare il gruppo parlamentare subito dopo il voto, a causa delle posizioni assunte dal movimento, giudicate troppo “estremiste”.

Il processo di radicalizzazione del partito, però, sembra rappresentare una strategia vincente, visto il risultato delle ultime elezioni. Nato nel 2013 per raccogliere i voti degli euroscettici, l’Afd ha attirato a sé un numero sempre maggiore di consensi sulla scia della crisi dei rifugiati del 2015, che ha portato in Germania 1,3 milioni di richiedenti asilo. Il partito, che nel 2013 non superava neppure la soglia di sbarramento del 5%, ora conta rappresentanti in 14 dei 16 Land del Paese, oltre che  94 seggi al Bundestag.

E ad Hannover non sono mancate le proteste. Nella giornata di sabato alcune centinaia di attivisti sono scesi in piazza per manifestare contro il raduno dei delegati del partito nazionalista. La polizia in assetto antisommossa ha dovuto usare gli idranti per disperdere alcuni manifestanti che avevano espresso il proprio dissenso bloccando una strada. Nei disordini due poliziotti e un dimostrante sono rimasti lievemente feriti