Ha provocato non poco rumore la fine (quasi) improvvisa del governo guidato da Maia Sandu in Moldavia. L’oramai ex capo dell’esecutivo ha subito la sfiducia decretata dal parlamento nei giorni scorsi, passata con il voto di 63 parlamentari su 101. Il terremoto politico è avvenuto nel bel mezzo di un momento molto delicato per la Moldavia, paese da sempre spaccato tra filo russi e filo occidentali. Ed è per questo che la fine anticipata del governo di Maia Sandu ha suscitato scalpore soprattutto in Europa.

Quell’esperimento durato pochi mesi

Tutto nasce nel febbraio del 2019: a sorpresa, nelle elezioni parlamentari i socialisti, considerati più inclini a Mosca, hanno ottenuto una storica vittoria balzando al 31% dei consensi. Un’affermazione che è valsa al partito 35 seggi nel nuovo parlamento, a fronte dei 30 ottenuti dal Partito Democratico ed i 26 della coalizione “Acum“. Quest’ultima rappresenta le istanze europeiste ed è incline a trattare con Bruxelles per procedere verso un processo di integrazione sempre più marcato con l’Europa. Posizioni agli antipodi dunque rispetto a quelle dei socialisti, eppure le due formazioni, dopo mesi di stallo, sono riuscite a dar vita ad un esecutivo. A spingerli verso questa direzione la volontà di mettere ai margini il rivale comune, ossia il Partito Democratico guidato dal magnate ed oligarca Vladimir Plahotniuc.

Filo russi e filo europei dunque insieme all’interno di un governo per la cui guida è stata scelta, nello scorso mese di giugno, la leader di Acum Maia Sandu. Il nuovo esecutivo ha avuto la benedizione del presidente Igor Dodon, socialista: “Pur se divisi dalle rispettive posizioni politiche – ha dichiarato il capo dello Stato dopo l’accordo raggiunto con Maia Sandu – Siamo uniti nel voler dare alla Moldavia un governo che lotti contro la corruzione”. Ed in effetti è stato proprio quello l’elemento più discusso durante le settimane che hanno portato alla formazione del governo: lottare contro la corruzione, provare a togliere dalle istituzioni quello che secondo i principali protagonisti dell’accordo ha costituito negli anni precedenti il male principale della Moldavia, ossia la struttura di potere ruotante attorno a Plahotniuc.

La nascita dell’esecutivo moldavo a giugno ha suscitato reazioni positive sia da Bruxelles che da Mosca, un elemento questo che ha dato maggiore curiosità all’esperimento di socialisti e blocco Acum. Il governo però è durato poco: come detto, il voto di sfiducia ha aperto una nuova crisi politica destinata a dare vita ad un nuovo delicato passaggio per la storia moldava e per gli equilibri della regione.

La crisi aperta a seguito delle elezioni locali?

Andando ad esaminare i particolari, il governo è caduto a seguito della mancata approvazione della riforma sulla nomina del procuratore generale. I due partiti che componevano la maggioranza si sono divisi su questo punto, da qui il passo verso la sfiducia è stato breve. In realtà però, a risaltare maggiormente è la vicinanza tra il voto di sfiducia verso il governo di Maia Sandu e le recenti elezioni amministrative. Queste ultime hanno visto una grande affermazione dei socialisti. Il partito del presidente, come ha sottolineato Alessandro Lutman, ha vinto nella capitale Chisinau: per la prima volta, la città ha un sindaco socialista, la sconfitta del candidato di Acum ha rappresentato una dura mazzata politica per la Sandu.

Dunque, non è possibile escludere che la crisi è stata dovuta principalmente alla volontà dei socialisti di avere maggior peso in un nuovo esecutivo. Oppure, anche se questa ipotesi è stata esclusa dallo stesso presidente Dodon, di provare ad aumentare i propri seggi parlamentari fissando elezioni anticipate. Intanto nella sede della presidenza moldava sono iniziate già le consultazioni. Proprio nelle ultime ore è emersa la volontà dei socialisti di formare un nuovo governo, ancora una volta in coalizione con Acum. Un elemento questo che potrebbe confermare le intenzioni dei socialisti di varare un esecutivo in cui, forti dei risultati delle ultime elezioni amministrative, il loro peso questa volta risulti maggiore rispetto a quello avuto nel governo di Maia Sandu. Sulla Moldavia, e sulla sua nuova crisi di governo, intanto si stanno concentrando le attenzioni sia di Bruxelles che di Mosca.

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