Theresa May esce sconfitta dal voto della Camera dei Comuni sulla Brexit. Con la bocciatura dell’accordo, raggiunto con estrema fatica durante mesi di negoziati fra Londra e Bruxelles, adesso l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea appare come un grande punto interrogativo. Una domanda cui forse, ma non è detto, potrebbe ancora rispondere Theresa May. La sconfitta è stata pesantissima: 432 voti contrari.

A questo punto, gli scenari per il Regno Unito possono essere molto diversi. Una delle possibilità, quella più grave per il governo britannico, è che il voto contro l’accordo sulla Brexit porti alle dimissioni di May. E le possibilità non sono così remote. La sconfitta ha mostrato l’incapacità del capo di governo di conciliare le due anime dei Tories, quella favorevole alla Brexit e quella contraria. E come per l’inquilina di Downing Street, potrebbe aprirsi la strada del suo predecessore David Cameron. Finora la leader dei Conservatori ha sempre negato questa possibilità: ma adesso i numeri sono chiarissimi.

Un’opzione possibile cui se ne può aggiungere contemporaneamente un’altra, quella che fa tremare Bruxelles e Londra: l’uscita della Gran Bretagna dal’Unione europea senza un accordo. È il cosiddetto no-deal, le cui possibilità aumentano di giorno di giorno, specialmente dopo il voto di Westminster. E proprio per questo motivo, sia nel Regno Unito che in altri Paesi dell’Unione europea, si sono preparati i piani per una Brexit senza accordo. La possibilità c’è ed è molto più prossima di quanto si possa credere. Anche se da Bruxelles continuano a ribadire di preferire un mantenimento dello status quo di Londra nell’Ue piuttosto che un’uscita senza accordo. “Il rischio di un ritiro disordinato del Regno Unito è aumentato con il voto di questa sera” ha detto Jean-Claude Juncker dopo il voto di Londra.

Alternativamente, Theresa May potrebbe scegliere di restare alla guida del partito conservatore e del governo britannico. Lo può fare, perché questo non è un voto di fiducia. Ma è chiaro che una sconfitta del genere cambia notevolmente il potere contrattuale di un leader. A questo punto, è anche possibile che la premier decida di ritentare la via del negoziato con l’Unione europea per cambiare l’accordo già siglato dal Consiglio europeo.

Dal momento che fra tre giorni, per legge, il governo deve tornare ai Comuni per informare il legislativo delle sue prossime mosse, è probabile che May decida di mettere nero su bianco le richieste del Parlamento per riportarle a Bruxelles. In particolare, l’ipotesi principale e che provi a rinegoziare la questione del backstop sul confine fra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda

L’Unione europea, sotto questo profilo, è rimasta particolarmente gelida. Juncker e Donald Tusk, oltre ad Angela Merkel, hanno sempre detto di non avere intenzione di riaprire i negoziati. Ma Jeremy Corbyn, leader dei laburisti, ha chiesto all’Europa di fare un passo in avanti per riaprire le trattative. Ed è anche possibile che a Bruxelles decidano per rivedere alcune cose. Un’ipotesi che secondo alcuni potrebbe palesarsi con un possibile vertice d’urgenza nel fine settimana convocato dal Consiglio europeo .

Ma la May potrebbe anche non avere il tempo necessario per i negoziati. Il Partito laburista da tempo chiede un voto di sfiducia contro il capo di governo. E dopo la sconfitta ai Comuni, il leader labour ha richiesto il voto di sfiducia per domani. Corbyn, prima del voto, ha detto che vorrebbe che questa sconfitta servisse per proporre qualcosa di nuovo e non solo per bocciare. In questo caso, è possibile che si vada a breve a elezioni anticipate. Elezioni che però non è detto siano foriere di un nuovo referendum: anche dal fronte laburista frenano per l’ipotesi di un secondo voto popolare sulla Brexit. E comunque bisognerà capire se i deputati ribelli del Partito Conservatore e del Dup siano interessati a sfiduciare il governo. Difficile credere che ci siano conservatori che voteranno contro la May insieme ai laburisti.

Ma esiste anche uno scenario finora mai ipotizzato: obbligare Theresa May a estendere l’articolo 50 o revocarlo del tutto. Un gruppo bipartisan sta già lavorando a questo scopo e molti pensano che potranno sfruttare un emendamento all’accordo con l’Unione europea che possa prevedere lo stop all’uscita automatica del Regno Unito. L’emendamento obbligherebbe May a chiedere all’Ue una proroga dell’Articolo 50. Ipotesi che però il governo britannico ha bocciato durante il discorso prima del voto. La premier è stata chiara:  l’Europa non vuole alcun “accordo alternativo”. Ma c’è il rischio di obbligare la May a ritirare unilateralmente la richiesta di uscita: ipotesi prevista recentemente dalla Corte di Giustizia.

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