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Le trattative del Brexit stanno per entrare nella fase clou. È dunque giunta l’ora di analizzare le possibili ripercussioni di quest’evento storico per l’Italia. In realtà un’analisi in tal senso è stata fatta fin da subito. I giorni successivi al Referendum britannico sono stati riempiti con editoriali sugli effetti del Brexit per lo stivale. Il Foglio e il Corriere sottolineavano come l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione potesse essere una grande opportunità per l’Italia. Sopratutto per Milano.Milano nuova capitale della finanza europeaVeniva evidenziata la possibilità che molti istituti finanziari potessero traslocare dalla City verso Piazza Affari. Questo perché molte attività finanziarie difficilmente potranno operare fuori dall’Unione europea mantenendo le garanzie date dalla Bce. Milano risulterebbe quindi l’alternativa preferibile a Francoforte o a Parigi per quella che il Corriere descriveva come “maggiore flessibilità politica” dell’Italia rispetto agli altri due Paesi. Intendendo quindi una maggiore predisposizione a cambiare regolamentazione nel settore finanziario rispetto ai colleghi d’oltralpe. A questo si aggiungeva una migliore qualità della vita che l’Italia può garantire rispetto ai vicini europei.Tra le conseguenze negative invece si analizzava la possibilità di un “effetto domino”. Questo avrebbe portato l’Italia a seguire l’esempio della Gran Bretagna. Fu Christopher Wood, capo della società di gestione Clsa, a paventare una possibile “Italexit” in un futuro non troppo lontano. Una prospettiva che appare però molto remota. C’è infatti mancanza di coesione politica tra i partiti euroscettici (Lega Nord e Movimento5Stelle su tutti). Colpisce che di tutte le analisi fatte nessuna cerchi di comprendere le implicazioni riguardo alla politica internazionale condotta dall’Italia.L’asse Washington-Londra in EuropaL’avvio del Brexit, in concomitanza con l’insediamento di Trump rappresentano infatti il crollo delle certezze cui si era affidata l’Italia dal secondo dopoguerra in avanti. L’asse Washington-Londra, sbilanciato verso gli States, ha infatti dettato i passi della politica internazionale del Vecchio Continente. Se infatti Roma giocò sicuramente un grande ruolo di mediazione nelle fasi delle trattative che portarono alla ratifica dei primi trattati europei, quali la Ceca (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) e la Cee (Comunità economica europea), il Belpaese lì si è arenato.Complici i rigidi schemi imposti dalla Guerra Fredda, l’Italia, paese membro Nato prima e della Comunità europea dopo, non ha saputo sviluppare una politica estera, politica ed economica, fuori dai disegni decisi a livello sovranazionale. A questo si aggiungano le mire britanniche mai celate sul Mediterraneo. Da sempre considerato negli ambienti della Corona come il “British Lake”. Visto come indispensabile a garantire l’accesso diretto al canale di Suez, con tutte le implicazioni economiche del caso. Fatte salvo le sporadiche velleità di indipendenza craxiane, sempre rientrate nei ranghi, Roma ha recitato un ruolo subalterno all’interno dello scacchiere internazionale.Il ruolo subalterno dell’ItaliaAnzi la fine della Guerra Fredda ha rimarcato ancor più questo rapporto quasi vassallatico creatosi tra Usa e Italia. Il Belpaese ha infatti partecipato a tutte le missioni militari e “umanitarie” lanciate da Washington dagli anni ‘90 ad oggi. Comprese quelle che avrebbero potuto creare instabilità in zone pericolosamente vicine ai confini italiani. Così come sono state le missioni in Bosnia, Kosovo e Libia. Come può il Brexit cambiare il ruolo secondario dell’Italia? L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea ha eliminato il partner privilegiato di Washington in Europa. Economico, ma soprattutto politico. Questo ruolo vacante verrà dunque conteso dalle principali nazioni d’Europa che sono storicamente la Francia, la Germania e l’Italia.Le recenti dichiarazioni di Trump sulla politica della Merkel hanno allontanato Washington da Berlino. D’altra parte gli apprezzamenti di Marine Le Pen verso il tycoon bloccano una stretta collaborazione tra Stati Uniti e Francia se la stessa non dovesse vincere le prossime presidenziali. L’Italia ha così la possibilità di diventare il partner di riferimento europeo per gli Stati Uniti. Complice anche la posizione geografica privilegiata occupata dallo stivale.La nuova opportunità per RomaRoma avrebbe così la possibilità di lavorare con un America non più esportatrice di democrazia, ma isolazionista. Questo permetterebbe all’Italia di dettare l’agenda politica per la ricostruzione della Libia, in modo che possa tornare ad essere uno Stato solido e baluardo contro il terrorismo, senza le scomode ingerenze transalpine. L’Italia avrebbe poi la possibilità di essere grande mediatrice tra Stati Uniti e Russia, considerato il ruolo avuto dal Belpaese nell’interruzione delle sanzioni economiche europee al Cremlino. L’attuale Governo, capeggiato proprio da un ex Ministro degli Esteri, ha il compito dunque di sfruttare la potenziale fine dell’egemonia angloamericana in Europa.

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