È sul confine dell’Irlanda del Nord che si gioca la partita decisiva per la Brexit. Il governo di Theresa May ha scelto, d’intesa con l’Unione europea, di prevedere una clausola di salvaguardia per il confine fra Eire e Ulster e per evitare il ritorno della frontiera fisica. È il cosiddetto backstop: ed è quello che agita i sonni degli unionisti del Dup, Democratic Union Party, che temono che questa sorta di differenziazione fra Irlanda del Nord e resto della Gran Bretagna sia il segno di un distacco dalla madrepatria.
Una scelta che serve sia a Londra che a Bruxelles per placare le ire di una parte importante della popolazione nord-irlandese, preoccupata per una Brexit senza accordo che rischia di colpire i rapporti fra le due parti dell’Isola di smeraldo, che dopo decenni di lotte sembrava aver ricucito le ferite.
La Brexit segna inevitabilmente un punto di svolta. E questa situazione, secondo molti, rischia di incendiare di nuovo gli animi irlandesi. L’Unione europea, con la fine della frontiera fisica fra Ulster ed Eire, aveva costituito una sorta di garanzia di pace, visto che il Regno Unito rimaneva ancorata alla sua moneta e alle sue leggi, ma l’Irlanda del Nord si era riallacciata alla Repubblica d’Irlanda riunendo dopo molti anni un’isola divisa. Adesso, con il no-deal alle porte e il 29 marzo che si avvicina ineluttabile, sono in molti a temere che le violenze del passato possano tornare ad agitare le notti d’Irlanda.
E proprio per questo, da Londra hanno iniziato ad addestrare la polizia (esclusivamente inglese e scozzese) per inviarla dalle parti di Belfast. Dovrebbero essere circa un migliaio le unità inviate in Ulster con l’avvicinamento della data di uscita dall’Unione europea. Ma da Londra continuano a dire che si tratta di una precauzione, non di una militarizzazione del confine.
Il problema è che questo backstop non piace a nessuno. Non piace agli unionisti, terrorizzati dall’idea che il confine vero fra Regno Unito e Unione europea sia solo quello dell’isola della Gran Bretagna, quasi a voler dire che l’Irlanda del Nord è un territorio a parte, diverso dalla madrepatria e legato più a Dublino che a Londra. Ma non piace neanche ai nazionalisti, ai repubblicani, a tutti coloro che non si piegano all’idea che Eire e Ulster siano due mondi nella stessa isola. Il Sinn Féin finge di disinteressarsi alla Brexit e al backstop, come quando si fanno eleggere come deputati britannici per poi non andare a Westminster. Ma in realtà sanno perfettamente che la questione del confine è uno dei nodi più importanti da sciogliere del ultimi decenni.
Come spiega La Stampa, “Peter Shirlow, storico e direttore dell’Istituto di studi irlandesi di Liverpool, evidenzia che proprio la questione del backstop ‘rischia di dare fiato alla causa nazionalista’. Con l’Irish Times Peter Sheridan, già membro del Police service dell’ Ulster, è stato più drastico: ‘Ci sono ancora estremisti pronti a far rinasce l’Ira, cercano solo una scusa'”. E il motivo è che ormai tutti in Irlanda del Nord e nei territori della Repubblica al confine, vivono come se la frontiera non esistesse. I transfrontalieri sono decine di migliaia. E sono molte le famiglie che vivono a cavallo di quel confine un tempo oggetto di violenze e controllato da polizia ed esercito.
Quel confine doveva scomparire, almeno questi erano gli accordi. Ma la Brexit sta cambiando tutto. E se il Dup è preoccupato di rimanere più parte dell’Irlanda che del Regno Unito con il backstop, i repubblicani temono di dover dire addio, e per sempre, ai sogni di un’Irlanda unita.