Oggi i cittadini del Regno Unito saranno chiamati a pronunciarsi sulla permanenza del Paese nell’Unione Europea, in un referendum indetto dal premier conservatore David Cameron all’inizio dell’anno e che potrebbe cambiare per sempre la storia del Vecchio Continente. Il referendum ha preso il nome di “Brexit” dalla crasi delle parole “Britain” (Britannia) e “exit” (uscita).Britannici e nordirlandesi (oltre ai cittadini di Gibilterra, possedimento britannico d’oltremare) potranno scegliere semplicemente con un sì o con un no se aderire o meno all’ipotesi di divorzio da Bruxelles. Un matrimonio, quello fra Regno Unito ed Europa unita, iniziato nel 1973 sotto il governo conservatore di Edward Heath e sopravvissuto a decenni di euroscetticismo.Gli schieramentiA favore del Brexit si sono schierati il partito euroscettico “Ukip“, nato nel 1993 proprio per propugnare l’uscita di Londra dalla Ue e guidato dal vulcanico Nigel Farage, ma anche ampi settori del partito conservatore, capitanati dall’ex sindaco di Londra Boris Johnson (candidato in pectore alla segreteria del partito) e dal ministro della Giustizia Michael Gove.Contro l’uscita del Regno Unito dall’Unione si sono invece pronunciati la maggioranza del partito conservatore, il primo ministro David Cameron e buona parte del partito laburista, oltre a quello liberal-democratico. A favore della permanenza nella Ue sono inoltre i nazionalisti scozzesi dello Scottish National Party e gli irlandesi del Sinn Féin.Da ultimo – last but not least, come dicono gli inglesi – va segnalata anche la posizione della piazza finanziaria della City, la più importante d’Europa e forse del mondo, decisamente contraria al Brexit.Le ragioni del “Leave”Secondo la Bbc, i sostenitori del sì al Brexit “ritengono che la Ue rappresenti una zavorra per il Regno Unito, che impone troppe regole sul mercato ed esige tasse miliardarie senza corrispondere granché in cambio.” Fra gli altri argomenti della separazione da Bruxelles vanno ricordati anche l’opposizione alla politica europea delle frontiere aperte (nonostante il Regno Unito non aderisca all’area Schengen) e la richiesta – cruciale – di più controlli sull’immigrazione dagli altri Paesi Ue.Le ragioni del “Remain”I partigiani della permanenza del Regno nella Ue sostengono che Londra “riceva una grande spinta dall’Unione Europea, in termini di import/export e benefici degli influssi dell’immigrazione di molti giovani europei alla ricerca di lavoro, che poi contribuiranno a mantenere il welfare state dei britannici”I sondaggi e il caso Jo CoxCome già i partiti, anche i sondaggi d’opinione si dividono fra i favorevoli e i contrari alla Brexit. Il 22 giugno, alla vigilia del voto, la rilevazione del conservatore The Telegraph dava il “Remain” al 51% e il “Leave” al 49%, mentre il Financial Times dava il “Leave” al 45% e il “Remain” al 44%, rilevando però un vistoso 11% di indecisi.A proposito delle intenzioni di voto, non si può non rilevare come le quotazioni del “Remain” abbiano subìto un’impennata dopo l’assassinio della deputata laburista ed europeista Jo Cox, uccisa il 16 giugno scorso da un folle con simpatie di estrema destra. La campagna elettorale pro e contro il Brexit è stata sospesa per tre giorni a seguito dell’omicidio, che non è improbabile abbia contribuito a sottrarre più d’una preferenza al fronte del “Leave”.Cosa succede se vince il Brexit?In caso di vittoria del “Leave”, gli scenari previsti sono essenzialmente quattro: uno scenario detto “norvegese”, con Londra che rimane all’interno dell’Associazione europea di libero commercio (Efta) e allo Spazio economico europeo (See), con una cooperazione estesa anche ad alcuni aspetti delle politiche di sicurezza.C’è poi lo scenario “svizzero”, con il Regno Unito che esce dalla See ma non dall’Efta, mantenendo gli accordi sul libero scambio di merci e persone ma con una sorta di “passaporto finanziario” per le banche che sarebbe invece escluso nella cosiddetta “opzione turca”, limitata ai soli accordi doganali.Una quarta ed ultima opzione, invece, prevederebbe il ripristino di controlli alle frontiere e dazi doganali: i rapporti fra Londra e Bruxelles tornerebbero ad essere regolati secondo gli accordi del Wto.Il precedente del 1975Pochi lo ricordano, ma nel 1975, appena due anni dopo l’ingresso nel Mercato comune europeo,  nel Regno Unito si tenne un altro referendum per confermare la permanenza del Paese nelle istituzioni comunitario. Allora oltre il 67% dei votanti si espresse a favore del matrimonio con l’Europa, sposando le posizioni del governo laburista di Harold Wilson.Da notare come Margaret Thatcher, allora semplice deputata per i Tories, votò a favore del primo Brexit, in dissenso dalla linea ufficiale del partito conservatore. 





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