Scoppia lo scandalo in Brasile dove la mole di documenti segreti pubblicati dal sito di giornalismo investigativo The Intercept mette a nudo il complotto dei pubblici ministeri architettato contro l’ex presidente Lula, attualmente in stato di detenzione per una condanna penale a causa di reati finanziari. Un’inchiesta giornalistica, destinata a scuotere il Paese guidato da Jair Bolsonaro, che mette in luce numerosi esempi di abusi da parte dei procuratori e, in particolare, di coloro che guidavano l’Operação Lava Jato (Operazione Autolavaggio) avviata nel 2014 e che aveva l’obiettivo di portare alla luce un sistema di tangenti all’interno dell’azienda petrolifera statale Petrobras.

L’inchiesta condotta dal giudice Sérgio Moro – spesso accostato al nostro Antonio Di Pietro – ora ministro della giustizia del Brasile nel governo Bolsonaro sarebbe, secondo quanto rivelato da The Intercept, fortemente politicizzata e faziosa. L’obiettivo dei giudici era fare in modo che Luis Inacio Lula da Silva finisse in carcere e non potesse candidarsi alle elezioni presidenziali del 2018. “Si tratta – ha spiegato Greenwald in un tweet – dell’inizio di ciò che intendiamo rivelare in merito alla condotta non etica di Moro e dei magistrati”. “Un’attenta lettura del materiale rivela che non ha nulla di sensazionale”, ha replicato Moro su Twitter. Ma i dubbi sulla condotta dell’attuale ministro della giustizia restano. “Siamo di fronte al più grande scandalo della storia” del Brasile, ha scritto su Twitter Haddad.

“Le inchieste giornalistiche sono basate su enormi archivi di materiali precedentemente non divulgati – tra cui chat private, registrazioni audio, video, foto, procedimenti giudiziari e altra documentazione – forniti da una fonte anonima. Rivelano gravi illeciti, comportamenti non etici e un inganno sistematico su cui il pubblico, sia in Brasile che a livello internazionale, ha il diritto di sapere”, hanno sottolineato i giornalisti.

Il “complotto” dei giudici contro l’ex presidente Lula

Esempio lampante di questa condotta tutt’altro che imparziale da parte di Moro e della task force, spiegano Glenn Greenwald e Victor Pugy, risale a 10 giorni prima le votazioni presidenziali brasiliane quando la Corte Suprema ha accolto la richiesta del più grande giornale del Paese, Folha de São Paulo, di intervistare l’ex presidente Lula, in carcere con l’accusa di corruzione. Immediatamente dopo aver appreso la notizia, la squadra di pubblici ministeri che ha gestito il caso di Lula ha iniziato a discutere in una chat privata su Telegram come bloccare, sovvertire, o minare la decisione della Corte Suprema. Il timore della task force espresso nelle chat è che l’intervista avrebbe aiutato il Partito dei lavoratori di Lula a vincere le elezioni. Sulla base del desiderio dichiarato di impedire il ritorno al potere del Pt, i magistrati hanno trascorso ore a discutere le strategie al fine di prevenire o attenuare l’impatto politico dell’intervista dell’ex presidente.

Uno dei procuratori, Laura Tessler, ha spiegato ai colleghi l’urgenza di sovvertire la decisione della Corte Suprema. “I magistrati – scrive The Intercept – si sono dichiarati preoccupati dall’intervista e di come questa avrebbe potuto aiutare il candidato del Pt Haddad. Basandosi esplicitamente su quella paura, i giudici hanno trascorso la giornata lavorando senza sosta al fine di sviluppare strategie per rovesciare la sentenza, ritardare l’intervista a Lula fino a dopo le elezioni, o assicurare che fosse strutturata in modo da minimizzare l’impatto politico e la sua capacità di aiutare il partito”.

“Impedire al Partito dei lavoratori di tornare al potere”

Mentre i giudici discutevano su come rovesciare la decisione della Corte Suprema inerente l’intervista a Lula, Deltan Dallagnol, il capo della task force, conversava con uno stretto confidente, un altro pubblico ministero che però non era coinvolto nell’inchiesta. Entrambi hanno espressamente convenuto che l’obiettivo principale era impedire il ritorno del Partito dei lavoratori al potere, e il procuratore capo era d’accordo sul fatto che avrebbe “pregato” affinché ciò non avvenisse.

I giudici della task force hanno poi gioito quando hanno appreso che il New Party (Novo in Brasile) aveva impugnato la decisione di concedere l’intervista a Lula e che l’autorizzazione era stata così trattenuta dal tribunale. Hanno festosamente celebrato questa notizia, tra le altre cose, prendendo in giro i conflitti che avrebbero potuto sorgere all’interno della Corte Suprema e lodando il partito che stava tentando di fermare l’intervista. Il giudice Paludo scrisse nella chat che “dovremmo ringraziare il nostro Ufficio di pubblici ministeri: il partito Novo!”.

Come sottolinea The Intercept, la task force Car Wash non ha smentito l’autenticità delle informazioni pubblicate. In un comunicato stampa pubblicato domenica sera, i giudici scrivono che “probabilmente tra le informazioni copiate illegalmente ci sono documenti e dati sulle strategie e indagini in corso e sulle routine personali e di sicurezza dei membri della task force e delle loro famiglie. È pacifico che tutti i dati ottenuti riflettano attività sviluppate nel pieno rispetto della legalità e in modo tecnico e imparziale, in oltre cinque anni di attività”.

E pare non sia affatto finita qui. Alla domanda sulla dimensione dei file ottenuti da una fonte tenuta segreta, Leandro Demori, direttore esecutivo di Intercept Brasil ha spiegato che non ha modo di fare una stima. “Direi che abbiamo guardato l’1% del materiale. Non possiamo quantificarlo, è molto”. Secondo l’editore, il materiale è “travolgente, molto vasto, contiene conversazioni, video, audio, file, documenti, foto, stampe, tutto ciò che facciamo abitualmente in un’applicazione di messaggistica. Non stiamo diffondendo la dimensione del file, ma in estensione è più grande del file Snowden”.

L’inchiesta sul ruolo del Ministro Sérgio Moro

Nella seconda – esplosiva – inchiesta di The Interceptil focus è sul comportamento di Sérgio Moro, ex giudice federale del Tribunale federale di Curitiba e attuale Ministro della giustizia. Nei dossier, scrive The Intercept, “le conversazioni tra il procuratore capo Deltan Dallagnol e il giudice istruttore Moro rivelano che quest’ultimo offriva consulenza strategica ai pubblici ministeri e trasmetteva consigli per condurre nuove vie di indagine. Con queste azioni, Moro ha oltrepassato pesantemente le linee etiche che definiscono il ruolo di un giudice. In Brasile, come negli Stati Uniti, i giudici devono essere imparziali e neutrali e non possono collaborare segretamente con una parte in un caso”.

Altre chat nell’archivio sollevano domande fondamentali sulla bontà delle accuse che alla fine hanno mandato Lula in prigione. L’ex presidente è stato accusato di aver ricevuto un appartamento triplex sulla spiaggia dal gruppo Oas come “mazzetta” per aver facilitato contratti multimilionari con la compagnia petrolifera statale Petrobras. Nelle chat di gruppo tra i membri del pubblico ministero, pochi giorni prima di presentare l’accusa, Dallagnol ha espresso i suoi crescenti dubbi su due elementi chiave del caso dell’accusa: se Triplex fosse in realtà di Lula e se avesse qualcosa a che fare con Petrobras.

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