Il conto alla rovescia è ormai iniziato. La Cina sta ultimando gli ultimi preparativi in vista della XXIV edizione dei Giochi olimpici invernali, evento che andrà in scena a Pechino dal 4 al 20 febbraio del 2022. L’ultima volta che un appuntamento sportivo del genere ha toccato la Repubblica Popolare era il 2008. Altri tempi, altra Cina. All’epoca, infatti, il gigante asiatico era molto più simile a un panda che muoveva i primi passi nello scacchiere globale, che non – come oggi – un Dragone diventato parte integrante del sistema mondo. Soprattutto, i Paesi occidentali speravano ancora di poter convincere il governo cinese ad abbracciare la democrazia occidentale.
Il contesto attuale è differente, al punto che gli Stati Uniti hanno recentemente paventato l’ipotesi di utilizzare le Olimpiadi invernali come pretesto per colpire politicamente ed economicamente la Cina. Nei giorni scorsi Ned Price, portavoce del dipartimento di Stato, aveva affermato che il boicottaggio dell’evento sportivo era qualcosa “di cui certamente vogliamo discutere”. “Un approccio coordinato sarebbe non solo nel nostro interesse ma anche in quello dei nostri alleati e partner”, ha quindi puntualizzato Price, in linea con la strategia delineata da Joe Biden di alzare una sorta di muro occidentale per isolare Pechino. Nel giro di poche ore, e dopo aver scatenato reazioni piccate da tutto il globo, gli Stati Uniti hanno aggiustato il tiro. Jen Psaki, portavoce della Casa Bianca, ha usato parole emblematiche: “Non abbiamo discusso e non stiamo discutendo alcun boicottaggio coordinato con gli alleati e i partner”.
La (non) posizione dell’Italia
L’iniziale annuncio americano non ha portato risultati sperati. Anzi: l’opinione pubblica è stata scossa più dalle proteste dei funzionari cinesi che non da messaggi di sostegno a Washington da parte dei Paesi occidentali. La sensazione è che nessun governo occidentale intenda scoprire le proprie carte in anticipo, con il rischio di far adirare Stati Uniti e Cina a seconda della presa di posizione del caso. Prendiamo l’Italia. Roma, al contrario di Berlino, non si è ancora espressa sulla vicenda Olimpiadi. Mentre la Germania ha fatto capire che lo sport è un tema autonomo, e che deve essere lasciato fuori da altre questioni, il governo italiano è in stand-by. Piccolo problema: questo restare sempre “a metà del guado” all’interno di ogni vicenda, per l’Italia, potrebbe presto rivelarsi un boomerang. Già, perché non prendere posizione nell’ambito delle prossime Olimpiadi invernali equivale, indirettamente, a tirarsi fuori da una questione molto più che semplicemente legata al mondo dello sport.
Con questo non intendiamo affermare che Roma debba, dall’oggi al domani, esporsi esplicitamente a favore o contro il boicottaggio chiamato da Washington. Al contrario, per tutelare i propri interessi, l’Italia potrebbe (e dovrebbe) fare come la Germania. Berlino non ha steso tappeti rossi a Xi Jinping né ha ridicolizzato l’affondo americano. Su Pechino 2022 “vale il principio dell’autonomia dello sport“, ha spiegato una portavoce del governo tedesco, rispondendo alla domanda se la Germania intenda seguire Washington sul possibile boicottaggio degli Usa alle Olimpiadi del 2022. Ovviamente “sono in corso colloqui con i nostri partner, anche con gli americani”. Ma, messa in questi termini, la posizione tedesca sembra essere una sorta di assist a Xi Jinping, pur senza sferzare Joe Biden.
Tra boicottaggio e partecipazione
Nel braccio di ferro tra Cina e Stati Uniti il Comitato olimpico internazionale ha provato a restarne fuori invitando a non politicizzare i Giochi. “Non siamo un governo super mondiale in cui il Cio è in grado di risolvere o addirittura affrontare problemi per i quali né il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nessun G7 o nessun G20 ha soluzioni”, ha detto il presidente Thomas Bach in una conferenza stampa il mese scorso.
“La Cina rifiuta fermamente la politicizzazione dello sport e si oppone all’uso di questioni relative ai diritti umani per interferire negli affari interni di altri paesi”, ha invece dichiarato a marzo il portavoce del Ministro degli Esteri cinese, Zhao Lijian aggiungendo che un tentativo di boicottaggio “è destinato al fallimento”. E l’Italia? Come detto, al momento tutto tace. Un paio di precisazioni. Intanto, Roma non è affatto l’unico governo rimasto silente sulla vicenda Olimpiadi (pensiamo alla Francia o al Regno Unito). Inoltre, se diamo uno sguardo al passato, è interessante menzionare il precedente del 1980. Gli Stati Uniti boicottarono le Olimpiadi in Unione Sovietica in segno di protesta contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan, mentre i Comitati Olimpici di 15 Paesi decisero di partecipare sotto la bandiera olimpica (nella lista figurava l’Italia). Che cosa succederà tra un anno a Pechino?