Tra i tanti temi caldi che stanno accompagnando l’opinione pubblica brasiliana al ballottaggio del 26 ottobre tra il candidato del Pt Fernando Haddad e il favorito Jair Bolsonaro, leader del Psl, vi è anche quello dell’immigrazione dal Venezuela. La frontiera settentrionale del Paese è, infatti, teatro di un’ondata migratoria senza precedenti, giacché tra agosto 2017 e agosto 2018 quasi 130 mila venezuelani sono entrati in Brasile, nel tentativo di fuggire dallo Stato caraibico, il quale versa in condizioni drammatiche. Mentre Caracas smentisce la sussistenza di un’emergenza umanitaria, l’Unhcr, al contrario, prevede che il numero di migranti è destinato a salire, tanto drammatica è la situazione del Paese.
Il governo dello Stato di Roraima, confinante a nord con il Venezuela, ha più volte sollecitato l’esecutivo di Temer affinché chiudesse la frontiera. Richiesta che è stata sempre rispedita al mittente, a vantaggio di una politica di ricollocamento dei rifugiati tra i vari stati della federazione.
A circa una settimana dalle elezioni, entrambi i candidati sembrano concordi nel reputare insostenibile la situazione. Le soluzioni che potrebbero essere applicate sono, tuttavia, pressoché opposte. Se, da una parte, Haddad intende rimanere neutrale e affidarsi al contesto diplomatico coinvolgendo non solo i Paesi oggetto della migrazione via terra (Colombia su tutti), ma anche l’Onu e l’Osa, Bolsonaro, dall’altra, potrebbe ricorrere a mezzi decisamente più drastici.
Stando a quanto dichiarato ai microfoni di Sputnik dal probabile ministro degli esteri di un eventuale governo del Psl, Luiz Philippe Orléans e Bragança, il Brasile potrebbe fornire “servizi umanitari per risolvere problemi specifici” , nella costante consapevolezza che occorra comunque cambiare strategia rispetto al governo uscente: “Quel che non faremo è pensare che il problema si risolva assorbendo rifugiati”.
L’emergenza migratoria potrebbe essere il casus belli di un clamoroso intervento militare del Brasile in Venezuela, eventualità tutt’altro che smentita da Orléans: “C’è una dittatura qui vicino e non stiamo facendo assolutamente nulla dal punto di vista politico, non ci stiamo schierando contro. Dobbiamo agire con principî, non possiamo tollerare una dittatura in America Latina, non chiudo le porte a un intervento militare”.
Sebbene il possibile futuro cancelliere abbia prontamente specificato che quella dell’invasione sarebbe in realtà l’extrema ratio, la quale dovrà essere preceduta da più prudenti operazioni di appoggio logistico e finanziario ai gruppi di ribelli, la probabile vittoria di Bolsonaro rappresenterebbe un nuovo ostacolo per la tenuta già precaria del governo di Nicolás Maduro.