Le elezioni generali boliviane del 20 ottobre sono sempre più vicine e potrebbero provocare, dopo molti anni di stabilità, un cambiamento radicale ai vertici politici del Paese andino. Il presidente Evo Morales, al potere dal 2006, è insidiato dallo sfidante Carlos Mesa, ex Capo di Stato tra il 2003 ed il 2005 e secondo gli istituti demoscopici potrebbe essere necessario un ballottaggio, che dovrebbe aver luogo in dicembre, per determinare chi guiderà la Bolivia nei prossimi cinque anni. Il ballottaggio, però, potrebbe rivelarsi fatale per Morales che, in quel caso, vedrebbe convergere su Mesa i voti di un’opposizione frammentata e che deve quindi sperare, per evitare il secondo round, di ottenere il cinquanta per cento dei voti al primo turno oppure il quaranta per cento con almeno dieci punti di distacco su Mesa. Il presidente uscente è un fiero sostenitore dell’ideologia socialista mentre il suo rivale è schierato su posizioni conservatrici e questo scontro è destinato a riaccendere l’eterna  contrapposizione tra destra/sinistra in America Latina.

Un presidente con dei lati oscuri

I tre mandati presidenziali di Evo Morales, noto anche per essere stato a capo del sindacato dei coltivatori di coca, hanno prodotto esiti positivi e negativi. L’economia della Bolivia è cresciuta ad una media del 4,5 per cento l’anno, l’inflazione è stata ridotta, sono state costruite nuove infrastrutture e scuole, le culture indigene, per molto tempo discriminate, hanno iniziato a godere di nuova considerazione e il panorama politico si è stabilizzato. Il tasso di povertà nel Paese è considerevolmente calato e sono stati portati avanti progetti di redistribuzione dei terreni e pertanto Morales continua a godere di una certa popolarità e ad essere in testa ai sondaggi elettorali, con percentuali oscillanti tra il 35 ed il 43 per cento dei voti. Ci sono però anche dei lati oscuri ed accuse di autoritarismo. L’esecutivo è stato tacciato di voler indebolire l’indipendenza del potere giudiziario e di cercare di tenere sotto controllo le organizzazioni non governative locali. La Costituzione boliviana è stata modificata una prima volta per consentire a Morales di candidarsi ad un terzo mandato consecutivo ed è stato ignorato il risultato di un referendum popolare, svoltosi nel 2016, nel quale i votanti si erano schierati contro la possibilità per il presidente uscente di correre per un quarto mandato. La Corte Suprema, infatti, aveva annullato i risultati della consultazione affermando che Morales era stato oggetto di una campagna online diffamatoria e che ciò aveva inficiato sugli esiti del voto. Il proliferare degli incendi amazzonici anche in Bolivia ,quest’anno, ha portato centinaia di migliaia di persone a scendere nelle strade ed a protestare contro l’insoddisfacente risposta governativa al disastro ambientale.

Quale futuro per il Paese

La Bolivia potrebbe presto sperimentare il vento del cambiamento politico che ha attraversato, negli ultimi anni, buona parte dell’America Latina. Dall’Argentina al Cile e dal Brasile al Perù, infatti, molte amministrazioni progressiste sono state rimosse dal potere e sostituite da esecutivi moderati e conservatori. Questo ruolo, nel Paese andino, spetterebbe all’ex capo di Stato Carlos Mesa che, nel corso del suo breve periodo ai vertici del governo, sperimentò le costanti proteste popolari che attraversavano la Bolivia in quegli anni e che lo costrinsero alle dimissioni. Sucre è uno dei bastioni più stabili della sinistra latinoamericana, membro dell’Associazione Boliviariana per le Americhe, vicina a Caracas e lontana da Washington.

Il crollo di questa fortezza sarebbe destinato ad avere un profondo impatto psicologico sul progressismo regionale e lascerebbe il Venezuela in una posizione ancora più isolata sullo scenario continentale. L’esito delle consultazioni sarà deciso probabilmente al primo turno e Morales dovrà cercare in ogni modo di superare la fatidica soglia del 40 per cento e sperare di distanziare sufficientemente Mesa. Non è detto, però, che ciò accada. Gli indubbi progressi dell’economia boliviana, infatti, non possono nascondere come il Paese continui ad essere tra i più poveri dell’America Latina e le dinamiche politiche degli ultimi anni, secondo alcuni, rivelano un preoccupante trend antidemocratico da parte dell’esecutivo. L’opposizione, qualora riesca a compattarsi dietro Carlos Mesa già al primo turno, ha buone speranze di poter tornare a vincere, dopo molti anni di sconfitte, le elezioni in questa nazione troppo spesso dimenticata.

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