L’accusa è pesantissima: secondo un’inchiesta esclusiva di The Intercept, l’ex ministro della Difesa della Bolivia Luis Fernando López, ministro ad interim del governo di Jeanine Áñez, avrebbe tentato di servirsi di mercenari statunitensi per ribaltare il risultato elettorale delle elezioni dell’ottobre 2020 e impedire così la presa del potere da parte di Luis Arce, attuale presidente boliviano e membro del Movimiento al Socialismo (Mas) nonché legittimo erede dell’ex Presidente Evo Morales. Secondo i documenti di cui The Intercept è entrato in possesso, lo scopo del reclutamento dei mercenari Usa era quello di impedire, con la forza, che Luis Arce, protetto dell’ex Presidente Evo Morales, assumesse la carica di presidente dopo la schiacciante vittoria alle ultime elezioni presidenziali con il 55% delle preferenze. Lopez è fuggito in Brasile tre giorni prima che Arce assumesse la carica.

Bolivia, emerge un tentativo di colpo di stato contro il socialista Arce

In una delle registrazioni trapelate, l’ex ministro della Difesa del governo di Jeanine Áñez afferma di lavorare per evitare “l’annientamento del Paese” e scongiurare così la vittoria dei socialisti. Le forze armate, osserva, devono “insorgere” e bloccare sul nascere l’amministrazione Arce: “Le prossime 72 ore sono cruciali” spiega all’indomani delle elezioni del 18 ottobre 2020. Tuttavia, i disaccordi e le divisioni all’interno delle forze armate scongiurarono infine il colpo di stato architettato dall’ex ministro. Diversi alti funzionari del governo Áñez fuggirono dalla Bolivia o furono arrestati per accuse legate alla corruzione e al loro presunto ruolo nel colpo di stato del 2019.

Come ricordava a suo tempo Andrea Walton su InsideOver, la Bolivia veniva da un anno molto difficile. Il 12 novembre del 2019 Jeanine Áñez era stata nominata Presidente ad Interim. L’obiettivo della sua amministrazione era quello di traghettare la Bolivia verso nuove consultazioni, che si sarebbero dovute svolgere il 12 maggio del 2020. Lo scoppio della pandemia ha però impedito lo svolgimento del voto, che è stato posticipato dapprima al 6 settembre ed infine al 18 ottobre. Il Movimento al Socialismo, il partito di Evo Morales, ha accusato la Áñez di aver sfruttato la pandemia per rimanere al potere e di aver perseguitato i propri rivali politici: l’ex Capo di Stato, fuggito in Argentina, non ha potuto candidarsi come senatore ed è stato accusato di sedizione e terrorismo. Nell’ottobre 2019, quando Morales era in ballottaggio per un – controverso – quarto mandato, l’opposizione lo aveva accusato di brogli elettorali e l’Organizzazione degli Stati americani, la Oas, ha rapidamente fatto eco a tali accuse. Tra proteste diffuse, l’ammutinamento della polizia e la pressione dell’esercito, Morales fu costretto a dimettersi e ad abbandonare il Paese. Dopo un anno di crisi è infine arrivata la vittoria di Arce, supportato dalla maggioranza della popolazione indigena, che costituisce la maggioranza degli abitanti del Paese. 

Washington sapeva del colpo di Stato?

La domanda che molti si pongono è la seguente: fino a quanto è coinvolta Washington? Come sottolinea The Intercept, due fonti militari statunitensi hanno confermato che i comandi per le operazioni speciali per cui lavorano sapevano del complotto che avrebbe portato al colpo di stato in Bolivia. D’altro canto, è difficile che a Washington non si sappia cosa accade nel cortile di casa. Ma non ne è mai venuto fuori nulla, hanno spiegato alla testata fondata da Glenn Greenwald. Una fonte legata alle operazioni speciali ha aggiunto: “Nessuno li ha presi sul serio, per quanto ne so”. The Intercept è entrato in possesso di una chiamata di 15 minuti fra Luis Fernando López, ex paracadutista e uomo d’affari nominato ministro della Difesa da Áñez nel novembre 2019, e Joe Pereira, che vantava legami con le forze speciali Usa.

I riferimenti alla vittoria elettorale di Arce indicano che la chiamata si svolse dopo il 18 ottobre e prima del 5 novembre, quando López fuggì dalla Bolivia per il vicino Brasile, tre giorni prima dell’insediamento di Arce. “Ci abbiamo lavorato tutta la settimana”, sottolinea López. “Posso garantirvi che in questo momento abbiamo le forze armate unite, anche se non al 100%” spiega l’ex ministro della Bolivia al suo interlocutore. “Vi garantisco che il 95, 98% sono super patriottici e non vogliono scomparire”, conclude. “Sono 11 mesi che lavoro perché le forze armate abbiano dignità, morale, siano preparate e soprattutto siano devote alla patria. Ti garantisco che questo non fallirà” spiega l’ex ministro della Bolivia. La storia, come sappiamo, prenderà tutt’altra direzione, e la Bolivia eviterà un colpo di stato che avrebbe potuto generare un bagno di sangue o esiti decisamente complicati e difficilmente calcolabili.





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