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Era il 4 febbraio del 1992 quando un gruppo di militari tentò un colpo di Stato contro il presidente del Venezuela dell’epoca, Carlos Andrés Pérez. A guidarli l’allora giovane tenente colonnello dei paracadutisti Hugo Rafael Chávez Frías. Il golpe non riuscì. “Compagni, purtroppo i nostri obiettivi non sono andati a buon fine nella capitale. Per adesso”. Fu quel “Por ahora” – in italiano “Per adesso” – che doveva far capire che il fenomeno Chávez era appena agli inizi.

Un golpista qualsiasi pensarono alcuni, un militare populista alla Aldo Rico che aveva tentato un golpe fallito in Argentina, nel 1987, dal momento che uno dei primi ideologi cui s’ispirò quello che oggi è ricordato da gran parte della sinistra mondiale come un eroe, fu Norberto Ceresole. Fu questo “filosofo” fortemente antisemita ad inculcare per primo nella testa del giovane Chávez la sua deleteria tesi “caudillo, esercito, popolo”, che ancora oggi regge il precario equilibrio sociale in Venezuela.Nessuno prestò attenzione alle lunghe chiacchierate tra Ceresole e Chávez alla vigilia del colpo di Stato del 1992, tanto meno il presidente Rafael Caldera che poi concesse l’amnistia a tutti i golpisti, e nessuno soprattutto pensò che il Movimento V Repubblica diretto da quel tenente colonnello dei parà si sarebbe trasformato rapidamente in quello che da tempo è in Argentina il peronismo ed a Cuba il castrismo, ovvero in qualcosa destinato a durare per molto tempo.Avendo come unica avversaria di peso un’ex Miss Venezuela – grazie al crollo del corrotto bipolarismo politico che nei 40 anni precedenti aveva garantito il potere a due soli partiti (Copei e AD) – Chávez stravinse le presidenziali del 1998 con un programma che prometteva di ridurre le enormi differenze sociali tra i ricchi e chi viveva nei ranchitos, come chiamano le baraccopoli in Venezuela.Chávez portava la cravatta in quella sua prima campagna elettorale vittoriosa e s’atteggiava a moderato ma, non appena entrato nel palazzo presidenziale di Miraflores, le cose erano destinate a cambiare in pochi mesi, in modo radicale.pobreza en venezuela From Visually.Indossata la divisa militare, Chávez impose fin da subito il suo modello politico ribattezzato oggi chavismo, un socialismo sui generis, a metà tra mito e realtà, con trasmissioni fiume alla tv venezuelana dove faceva a pezzi i personaggi chiave della sua politica contemporanea. “Sei un asino Mister Bush!”, disse a reti unificate una volta, attaccando il vertice di quell’Impero Usa che, nonostante tutte le polemiche, non ha però mai smesso di comprare petrolio dal Venezuela.Il popolo minuto, che non era mai stato prima considerato dai politici tradizionali del Venezuela, aveva trovato il suo idolo e poteva finalmente sognare con un presidente che parlava come lui, costruiva case popolari per lui, toglieva ai ricchi (ma solo a quelli che non l’appoggiavano ça va sans dire) per dare ai poveri.“Io ho lavorato per 30 anni ma per ricevere la pensione è dovuto arrivare El Comandante a Miraflores”, mi spiegava Garcia Rodríguez, 70enne, mentre sporgendosi dalla scala della sua umile casa mi offriva un caffè nell’ottobre del 2012, l’ultima elezione vincente di Chávez, già gravemente ammalato.Inutile negare il gran bacino di voti che sin dall’inizio ha avuto il chavismo tra la popolazione più povera del Venezuela, cui si è unita l’intellighenzia di molti intellettuali di sinistra, così come insensato il non ammettere le follie economiche introdotte da El Comandante che, man mano passavano gli anni, s’avvicinava sempre più al modello – fallimentare per economia e libertà d’espressione – del comunismo.[Best_Wordpress_Gallery id=”426″ gal_title=”Venezuela a 25 anni dal golpe”]Dal cambio fisso che ha sbriciolato il valore della moneta nazionale alle nazionalizzazioni, dall’inflazione più alta al mondo alla militarizzazione dell’esecutivo. Ma anche gli attacchi alle libertà fondamentali, con il carcere politico per gli oppositori e la chiusura forzata di televisioni e giornali non allineati al pensiero della “rivoluzione bolivariana”. Sono molte le responsabilità delle azioni di Chávez che oggi sconta, sulla sua pelle, il popolo venezuelano.A 25 anni dal suo esordio sul panorama mondiale con un colpo di Stato fallito festeggiato in pompa magna dal regime di Caracas, Chávez è ormai morto ma sopravvive, seppur in modo caricaturale, nella demagogia del suo successore, Nicolas Maduro, ed il Venezuela porta sulle spalle il peso di questa eredità.Oggi il Paese considerato un tempo l’Arabia Saudita dell’America latina grazie alle maggiori riserve di petrolio al mondo è sempre più simile ad un corpo in agonia. Mancano i viveri, i beni primari, le medicine, perfino la distribuzione della carta igienica è stata delegata ai militari, di fatto i veri padroni del Paese, mentre la corruzione della boliburguesía – ovvero i funzionari del regime diventati ricchi grazie ad operazioni “da galera” e al narcotraffico gestito direttamente da apparati dello Stato – ha fatto perdere gran parte dell’appeal del chavismo tra gli strati più poveri del pueblo.Le principali aziende straniere sono fuggite, la mortalità infantile è esplosa, la violenza è decuplicata, il Paese è al collasso e l’ultima notizia che arriva dal Venezuela è l’allarme lanciato da alcuni biologi, preoccupati dal fatto che in molti sono arrivati ad uccidere persino fenicotteri rosa e formichieri giganti – razze protette – per sfamarsi.





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