Il viaggio di Joe Biden in Medio Oriente è denso di significati. Il presidente degli Stati Uniti è arrivato nella regione dopo un periodo in cui molti, specialmente in Israele, lamentavano un disimpegno di Washington. Un disinteresse nato soprattutto da tre problemi che hanno contraddistinto l’agenda americana degli ultimi anni: Cina, Russia e coronavirus. E tutti gli effetti strategici che questi tre dossier hanno provocato sullo scacchiere geopolitico.
Il Medio Oriente però non ha affatto trovato le soluzione ai suoi annosi problemi. E l’allontanamento dall’agenda Usa, iniziato con le precedenti amministrazioni, si è palesato anche con Biden alla Casa Bianca. Dalle “guerre infinite” odiate da Donald Trump non è cambiato molto nella prospettiva di Washington, desiderosa concentrarsi su problemi ritenuti più urgenti. Ma quell’area incide eccome sui piani della Casa Bianca. E i grandi temi al centro della politica regionale impattano e a loro volta subiscono i grandi nodi della sfida imperiale tra Russia, Cina e Stati Uniti.
Il problema però è che dal Medio Oriente continuano ad arrivare richieste di risoluzione di alcuni nodi che Washington, specialmente in questa fase, non riesce a soddisfare. Biden, fragile in patria e col pensiero rivolto altrove, non appare in grado di gestire le complessità delle sfide. E questo incide inevitabilmente sulle possibilità dell’amministrazione americana di dare risposte a una regione costantemente in bilico, imperversato da conflittualità più o meno latenti. Il presidente Usa aveva promesso un certo impegno per porre fine ad alcune questioni irrisolte, dal nucleare iraniano ai rapporti di Israele con le forze del Golfo – avviati durante la presidenza Trump – fino al tema dei diritti umani alla corte di Mohammed bin Salman, in Arabia Saudita. Ma su tutti questi punti, per ora è impossibile osservare evoluzioni in senso positivo e coerenti con le affermazioni rese da Biden prima di questo tour mediorientale.
Il programma nucleare iraniano è un dossier aperto che non appare vicino a una soluzione. Le trattative, ormai paralizzate, non decollano. La Russia, coinvolta nell’accordo internazionale, non ha alcun interesse a sbloccare i negoziati. E Israele ha chiesto a Biden di prendere una posizione netta in caso di aumento della tensione. Nella dichiarazione congiunta si legge che Washington non permetterà che l’Iran arrivi all’atomica e che è pronto a utilizzare “tutti gli elementi del potere nazionale” per assicurare che ciò non avvenga. E l’ex premier Benjamin Netanyahu, che ha incontrato il presidente Usa, ha affermato che Biden ha “convenuto” con la sua analisi sulla necessità di un’opzione militare a prescindere dalla diplomazia. Qualcosa di ben diverso dai propositi diplomatici che animavano, almeno all’inizio, il capo della Casa Bianca. E la reazione del presidente iraniano Ebrahim Raisi, il quale ha detto senza mezzi termini che “la nazione iraniana non accetterà alcuna crisi o insicurezza nella regione” e che “qualsiasi errore commesso riceverà una risposta dura e spiacevole” appaiono come ulteriori segnali di gelo tra Washington e Teheran.
Anche sul fronte israelo-palestinese, l’iniziativa di Biden appare ben poco foriera di risultati tangibili. La soluzione all’annosa questione dei rapporti tra Stato ebraico e autorità palestinese non è certo facile né prossima, ma l’impressione è che per la Casa Bianca sia stato un nuovo buco nell’acqua anche solo a livello formale. La dichiarazione congiunta di Gerusalemme conferma che Israele e Stati Uniti “sono impegnati a continuare a discutere delle sfide e le opportunità nei rapporti israelo-palestinesi“, e a migliorare le condizioni di vita ed economiche dei palestinese, ma è solo Biden a ribadire il “durevole e coerente sostegno ad una soluzione con due Stati“. Cosa che dimostra non solo l’ambiguità della politica democratica, ma anche una certa disillusione rispetto al problema della Terra Santa.
Ancora meno incisivo il viaggio di Biden in Arabia Saudita. Quel saluto con con il principe Mohammed bin Salman, fatto con pugni battuti invece della stretta di mano, è stato considerato dalla stampa Usa come un gesto ipocrita rispetto alle promesse di considerare Riad un “paria” della comunità internazionale. Il presidente Usa aveva detto in campagna elettorale di volere la verità sull’omicidio di Jamal Khashoggi e di essere intenzionato a fare pagare il conto al mandante, che l’intelligence Usa ritiene sia proprio il principe saudita. Quell’intimità dimostrata tra i due ha invece scatenato la feroce reazione della stampa americana, in particolare del Washington Post. “Quello che è accaduto a Khashoggi è oltraggioso. Ho messo in chiaro che se accade ancora qualcosa del genere avranno una risposta” ha detto Biden. Ma quello che traspare dalla visita saudita è che di fatto le promesse non sono e non saranno mantenute. La realpolitik sembra essere molto più rilevante della battaglia sui diritti umani. L’emittente Al Arabiya cita una fonte del governo saudita che dice che Riad avrebbe affermato che “imporre valori con la forza crea risultati controproducenti“. E sul tavolo c’è l’intenzione di Washington di evitare che Mosca e Pechino possano intromettersi negli affari Usa sfruttando le spaccature interne ai suoi alleati in Medio Oriente.
L’inquilino della Casa Bianca sembra orientato a evitare problemi. C’è stata la prima apertura tra Arabia Saudita e Israele con lo sblocco dei cieli sauditi per i voli da e per lo Stati ebraico, e stando ad Axios, il premier israeliano Yair Lapid sembra abbia dato il suo placet alla restituzione ai sauditi delle isole contese di Sanafir e Tiran, nel Mar Rosso. Biden inoltre, vuole che nelle prossime settimane la corte di Riad dia risposte soprattutto sul fronte del petrolio, aumentando la produzione per colmare il vuoto lasciato da quello russo sottoposto all’embargo occidentale. Fare in modo che il prezzo della benzina si abbassi prima delle elezioni di metà mandato è un elemento essenziale per la già difficilissima campagna elettorale di Biden, che va incontro a una possibile debacle. Ma intanto dagli Emirati Arabi Uniti arriva una prima doccia gelata per la presidenza Usa: il consigliere diplomatico della presidenza, Anwar Gargash, come riportato da Al Arabiya, ha detto che Abu Dhabi ha intenzione di riallacciare le relazioni con l’Iran e di non voler partecipare a un’alleanza contro altri Paesi mediorientali. La dichiarazione, giunta dopo che si è nuovamente parlato di una sorta di Nato regionale in funzione anti Iran, è un segnale da non sottovalutare per le già flebili speranze di Biden di riportare il Medio Oriente sotto l’ala di Washington.