Il presidente Usa Joe Biden giunge in questi giorni in un’Irlanda sempre più “americana” e in un momento critico per il Paese. Intento a discutere il futuro della neutralità, cifra distintiva del Paese dall’indipendenza a oggi. Dopo la Svizzera che ha aderito alle sanzioni contro la Russia in ambito finanziario e progetta il potenziamento dello strumento militare, anche l’Irlanda ripenserà la sua neutralità nel prossimo futuro?
Nel 2022 Dublino ha già fornito “assistenza militare non letale” all’Ucraina, soprattutto giubbotti antiproiettile. Ora a giugno inizierà nell’Isola Verde un dibattito pubblico sul futuro dello status politico della Repubblica d’Irlanda, Paese che dall’indipendenza dal Regno Unito, ivi compresa l’intera Guerra Fredda, ha mantenuto una stretta neutralità pur aderendo al sistema valoriale ed economico dell’Occidente.
Il governo di Leo Varadkar ha convocato un forum collettivo per giugno, che farà tappa nella capitale Dublino e a Cork, per riunire politici, opinionisti, accademici e intellettuali sul tema del futuro della neutralità irlandese. E lo ha fatto a pochi giorni dall’arrivo nel Paese di Joe Biden, che poco dopo il venticinquesimo anniversario dell’Accordo del Venerdì Santo oggi scricchiolante ha programmato il viaggio nel Paese che fu dei suoi avi. Prima sarà a Belfast, capitale dell’Ulster fedele a Londra. Poi nella Dublino dell’Irlanda indipendente.
Il caso dell’incursione delle navi russe
L’Irlanda non è mai stata parte della Nato, ma la guerra in Ucraina ha iniziato a far pensare a una percezione attiva della neutralità. Le acque che lambiscono l’Irlanda sono pullulate da navi russe da diversi mesi e di recente due navi del ministero dei Trasporti russo, i vascelli da ricognizione Bakhtemir e Umka, dotati anche di mini-sottomarini per esplorazione subacquea si sono mosse pericolosamente vicine al confine sud-occidentale delle acque territoriali di Dublino ove passano strategici cavi sottomarini per la comunicazione transatlantica.
Il ben informato portale Ares – Osservatorio Difesa ne ha indicato che Dublino ha percepito la sua fragilità per l’assenza di strumenti militari tali da supervisionare l’azione dei russi. E dato che il tema dei cavi sottomarini è tra i più critici in potenziali scenari di conflitto, questo fatto ha portato a un crescente allarme sia a Dublino sia nella Nato per la porosità di un tratto di oceano critico, che in caso di guerra sarebbe una porta per la Russia nel pieno delle difese atlantiche
Il dilemma strategico
In quest’ottica si inserisce la visita di Biden, il quale arriverà a Dublino dopo aver visitato Belfast carico di aspettative e questioni aperte. Le aspettative sono quelle che portano gli Usa a essere profondamente attenti alla questione irlandese, vista l’enorme minoranza celtica presente negli States, e alla risoluzione della sfida dello scricchiolamento degli Accordi del Venerdì Santo per la riluttanza degli unionisti protestanti del Nord a cedere la guida del governo ai cattolici nazionalisti. Le questioni aperte sono quelle del posizionamento globale dell’Eire. Ecco che la messa in discussione della granitica neutralità dell’Irlanda può fornire un assist a Biden per incorporare pienamente la terra dei suoi antenati nell’Impero europeo dell’America, ampliare il presidio geostrategico di controllo delle aree critiche in cui Nato e Russia si marcano a zona, chiudere ogni gap nel fronte atlantico.
Nella Guerra fredda l’incubo strategico si chiama Giuk Gap, la zona non presidiata tra Regno Unito, Islanda e Groenlandia dove potevano incunearsi i sottomarini dell’Urss. Oggi l’Irlanda, lo dimostrano le mosse russe, è un fianco neutrale scoperto. E ora Biden visiterà l’isola attraverso il confine per ribadire il sostegno degli Usa agli Accordi del Venerdì Santo, al mantenimento della stabilità, alla risoluzione di ogni controversia tra Dublino e il Regno Unito e all’arruolamento dell’Eire nella sfida alla Russia. A cui non a caso entusiasticamente, tra Dublino e Belfast, aderisce a tutto campo la sinistra cattolica e nazionalista del Sinn Fein, primo partito a Belfast e in testa nei sondaggi a Dublino, che per ora non controlla i governi locali ma si prospetta destinata a una crescita strutturale.
Il Sinn Fein spinge da sinistra
Il partito che fu il braccio armato dell’Ira ha sostenuto la risposta della Nato alla Russia e dichiarato che l’Irlanda dovrebbe impegnarsi attivamente per sostenerla. Addirittura il General Post Office (Gpo) di Dublino, epicentro della Rivolta di Pasqua del 1916 contro il dominio dell’imperialismo britannico, è stato teatro del discorso con cui il 24 febbraio, anniversario dell’attacco di Mosca, la leader del Sinn Fein Mary Lou McDonald ha ribadito il sostegno del suo partito all’Ucraina.
L’entusiastico supporto del Sinn Fein agli accordi di Windsor tra Ue e Londra che hanno regolato il protocollo irlandese post-Brexit ha aggiunto un tassello. E ora i più “atlantici” tra i politici irlandesi sono coloro che formalmente perorano un’isola unita senza più domino britannico. Ma che al contempo immaginano Dublino alleata nella Nato alla Gran Bretagna. La visita di Biden, in quest’ottica, può accendere gli entusiasmi. E tra domanda di sicurezza e nuovi equilibri essere il motore del dibattito nazionale che si terrà a giugno.