L’America centrale è da sempre considerata un territorio di diritto appartenente alla sfera d’influenza americana. Il “cortile di casa” di Washington, come molti lo hanno definito, che si è trasformato nel tempo nella traduzione fisica della strategia statunitense per cui l’intero continente americano, da nord a sud, dovesse essere esclusivo monopolio della forza degli Stati Uniti. Già solo il fatto che gli Usa si autodefiniscano America, quasi a volersi considerare rappresentanti di tutte le terre emerse tra Atlantico e Pacifico, dimostra quanto sia sentita da parte degli Stati Uniti quest’idea di potenza egemonica. Questo dato è incontrovertibile alla luce della storia recente delle politiche statunitensi nel continente, dove ogni tentativo di sovvertire questi rapporti di forza è stato represso in modo più o meno drastico. Ed è stato altrettanto evidente nel caso in cui una superpotenza rivale abbia tentato di penetrare la rigida sfera d’influenza della Casa Bianca.

Gli ultimi anni hanno però dimostrato una porosità di questa struttura gerarchica. L’ascesa dei governi di stampo socialista in Sud America ha rappresentato un vulnus nell’influenza statunitense su tutta la regione E anche in America Centrale, nonostante la debolezza strutturale degli Stati che la compongono – ad eccezione del Messico – si assiste repentinamente a una penetrazione di altre potenze mondiali che scalfiscono l’eredità secolare dell’egemonia Usa. Parliamo in particolare di Russia e Cina, emblemi del nuovo mondo multipolare che sta nascendo in questi anni. Da un punto di vista militare ed economico, queste due superpotenze hanno da anni avviato una politica d’intromissione in America ed uno Stato, su tutti, può essere considerato un simbolo di quanto sta avvenendo: il Nicaragua. Paese passato alla storia per l’intervento statunitense a sostegno dei controrivoluzionari, i Contras, attraverso finanziamenti illeciti da parte della Cia.

Il Nicaragua negli ultimi anni sta tornando lentamente a essere una spina nel fianco degli Stati Uniti grazie alle relazioni sempre più strette fra il governo di Daniel Ortega con la Russia, in particolare, e in parte con la Cina. Sul fronte delle relazioni tra Cremlino e Nicaragua, la situazione per gli Stati Unit si sta facendo decisamente complicata. L’agenzia spaziale russa, Roscosmos, ha installato in Nicaragua la prima base satellitare d’America per il sistema di geolocalizzazione Glonass, ossia l’alternativa russa al sistema Usa noto come Gps. La base “Chaika” è un punto interrogativo per l’intelligence statunitense nel Paese, ma si sa per certo che riceverà segnali da almeno 24 satelliti russi e che può accedervi solo personale russo. E sono in molti tra gli analisti statunitensi a ritenere che dietro alla copertura dell’utilizzo per Glonass si nasconda in realtà una base per spiare le attività americane nell’area. E in molti sospettano che la base militare di Puerto Sandino si sia trasformata, negli ultimi anni, in una vera e propria base condivisa tra forze nicaraguensi e forze russe, arrivate per la prima volta nel Paese dopo un accordo per l’addestramento delle truppe locali in ambito umanitario. A questi sospetti si aggiungono poi le notizie, questa volta confermate, dell’accordo per l’arrivo di 50 carri armati russi T-72 siglato dai ministeri della Difesa dei rispettivi Stati.

Anche la Cina, negli ultimi tempi, ha iniziato a intavolare dei rapporti con il Nicaragua improntati sulla possibilità d’investimento. Per molto tempo, il governo cinese ha avanzato proposte concrete per la realizzazione di un canale che tagliasse il Paese sul modello di quello di Panama. Un progetto ambizioso che aveva trovato gli investitori cinesi, ma che nel tempo si è completamente paralizzato. Ma già il fatto che i cinesi fossero pronti a investire miliardi di dollari nella costruzione del canale, dimostra che Pechino aveva iniziato a considerare il Nicaragua in un’ottica di penetrazione del mercato infrastrutturale americano. E sembra che i media filoamericani abbiano mosso intrapreso una campagna fortemente contraria alla realizzazione del progetto tanto da condurre il governo a dover evitare i di proseguire nelle trattative per escludere possibili sollevazioni popolari. Ma non è detto che non si possano intraprendere nuovi progetti. In particolare dopo che il governo cinese ha avviato contratti di centinaia di milioni di dollari con Panama. La situazione economica nicaraguense non permette di escludere l’arrivo di investitori cinesi. E c’è chi ritiene prossimo l’abbandono del riconoscimento di Taiwan da parte del governo del Paese per poter intraprendere relazioni più solide con Pechino. Cosa che ha già fatto Panama, attraendo su di sé gli investimenti di Pechino nel giro di pochi mesi dalla scelta politica di abbandonare l’isola di Taiwan al suo destino.

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