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Nelle ultime ore sta facendo scalpore la notizia riportata da alcune testate riguardo alla minaccia jihadista nei confronti di Barron Trump, figlio del presidente degli Stati Uniti. Il ragazzo sarebbe divenuto oggetto di alcuni messaggi di un presunto gruppo jihadista Dak al-Munafiqeen (“Combatti gli ipocriti”) che attraverso l’uso di Telegram, veicolo ormai principale dei messaggi dei terroristi, ha inviato la foto del ragazzo con la geolocalizzazione della scuola che frequenta e l’invito ad uccidere “il figlio del mulo d’America”. La notizia ha chiaramente avuto eco negli Stati Uniti, dal momento che a farla circolare sono state alcune testate online che rimandavano a un report di Site, il famoso sito di Rita Katz che molto spesso viene utilizzato dai media Usa e occidentali per fornire notizie sul terrorismo e che ha subito pesanti critiche soprattutto per alcuni legami poco chiari con intelligence straniere che hanno fatto piĂą volte sospettare della veridicitĂ  di alcune informazioni.

Proprio per evitare allarmismi, va sottolineato che per adesso l’unico dato certo è che esiste un canale Telegram di sostenitori dello Stato islamico che minaccia il figlio del Presidente. Questo è l’unico dato certo. Un canale di sostenitori, non di persone legate direttamente allo Stato islamico. Parliamo di “tifosi” di Daesh, persone che non hanno collegamenti diretti e che, molto probabilmente, non avrebbero le possibilità tecniche di uccidere il figlio del presidente. In particolare, va sottolineato che i roboanti titoli di alcune testate online in realtà affermavano il falso, dal momento che il messaggio non contiene alcun piano dettagliato sull’omicidio, come è stato detto in particolare al The Daily Caller, ma ha soltanto la mappa Google della presunta scuola che frequenta il figlio del presidente. Presunta e poi rivelatasi falsa, visto che Barron Trump non frequenta la St Andrew’s Episcopal  di Washington, come segnalato nel messaggio pro-Isis, ma studia in un istituto del Maryland. Va quindi chiarito, immediatamente, che non c’è una minaccia dello Stato islamico a Barron Trump ma messaggi minatori di persone sostenitrici dell’Isis sui social network. E questo fatto è stato confermato dallo stesso Middle East Media Research Institute (Memri) che, sentito dal sito americano Snopes in qualità di portale citato da una testata americana, ha confermato che il messaggio esiste ma non ha alcun legame formale con lo Stato islamico. Per intenderci, Memri è un sito no-profit fondato da un colonnello del Mossad e dalla direttrice dell’Hudson Institute di Indianapolis che si occupa di questioni mediorientali.

Se il messaggio va dunque preso con cautela, non può comunque essere sottovalutato il fatto che circoli in rete l’immagine del figlio del presidente con la minaccia di morte. Proprio per questo motivo, nonostante la volontà di “declassificare” la minaccia, anche a livello mediatico, i servizi segreti americani hanno approvato un piano di aumento della sicurezza personale del figlio del presidente e di tutta la famiglia. Questa necessità di aumentare la sicurezza del presidente Trump e della famiglia non nasce, ovviamente, soltanto per il messaggio che circola in rete. Ma deriva soprattutto dall’allarme che nelle ultime settimane circola negli uffici dei servizi di tutto il mondo sulla possibilità che lo Stato islamico o gruppi affiliati ad esso vogliano colpire in grande stile un simbolo, un elemento di spicco, soprattutto dopo la vittoria dell’esercito di Assad nei confronti delle roccaforti del Califfato. La sconfitta territoriale dello Stato islamico è in realtà molto preoccupante, perché la minaccia dello jihadismo diventa più estesa e rarefatta rispetto a prima, dove aveva la possibilità di incanalarsi in una milizia territorialmente definita. Finora, va ricordato, lo Stato islamico, ma in generale il terrorismo di matrice jihadista, non ha mai colpito figure di rilievo nel panorama internazionale occidentale. Le vittime sono sempre cittadini qualunque, uccisi dalla barbarie dell’islamismo con attentati in luoghi pubblici o su mezzi di trasporto. Ma è anche vero che di fronte alla sconfitta dell’Isis potrebbe esserci qualcosa d’impatto più forte, anche dal punto di vista politico e mediatico. L’accordo di Trump, con Putin e i suoi alleati, per sconfiggere il Califfato in Siria e in Iraq ha trasformato il presidente Usa in un obiettivo jihadista.

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