L’Azerbaigian è il grande ossequiato dell’Eurasia sin dai tempi di Heydar Aliyev, ovvero dall’ottenimento dell’indipendenza dall’Unione Sovietica. Incuneato perfettamente tra Europa e Asia, nonché incredibilmente ricco di risorse naturali di tipo strategico quali il gas naturale e il petrolio, l’Azerbaigian può essere considerato la stazione centrale del supercontinente.
Punto di origine della Baku-Tbilisi-Kars e tappa intermedia della neonata Ankara-Baku-Mosca, nonché fermata-chiave della Nuova via della seta, l’Azerbaigian è lo svincolo dell’Eurasia: imprescindibile, inaggirabile e indispensabile. Uno status che le contermini Ereven e Tbilisi non possono sfidare perché, anatemi geografici a parte, prive delle connessioni intercivilizzazionali di Baku, ponte tra imperi, fedi e culture sin dall’ottavo secolo post Christum.
È per le ragioni di cui sopra che l’Azerbaigian è il destinatario di una pervicace diplomazia del corteggiamento da parte delle principali potenze del supercontinente sin dall’epoca postsovietica: è il fattore inevitabile di cui va tenuto conto quando il tema al centro dell’agenda è l’Eurasia. Un fattore la cui significanza geopolitica e la cui rilevanza diplomatica sono cresciute esponenzialmente a seguito della vittoria nella seconda guerra del Karabakh, come estrinsecato dalla “corsa all’Azerbaigian” sorta di lì a poco e alla quale stanno partecipando sia atleti di vecchia data, come Italia e Turchia, sia ultimi arrivati, come Cina, Qatar, Pakistan, Spagna e Unione Europea.
Baku, un partner-chiave dell’Ue
Charles Michel, l’attuale presidente del Consiglio europeo, nella giornata del 18 luglio si è recato a Baku per una breve ma intensa visita di lavoro. Reduce da una due-giorni nella contigua Armenia, dove ha incontrato il primo ministro Nikol Pashinyan e il presidente Armen Sarkisian, e in attesa di partecipare alla conferenza internazionale di Batumi, Michel è volato nella capitale dell’Azerbaigian per dare concretezza ad un’agenda ricca di impegni, incluso un incontro di alto livello con Ilham Aliyev.
La bilaterale con Aliyev, da inquadrare nel più ampio contesto del tour sudcaucasico di Michel, si è rivelata utile a fare il punto della situazione sull’asse Bruxelles-Baku. Situazione che, cifre e fatti alla mano, è più che rosea:
- L’Ue rappresenta il primo mercato di riferimento dell’Azerbaigian – circa il 40% dell’interscambio commerciale complessivo della nazione sudcaucasica avviene con i 27.
- Oltre 1.700 le imprese comunitarie che hanno avviato attività e operazioni in Azerbaigian.
- Un terzo dell’intera Ue, cioè 9 dei 27, ha siglato degli accordi di partenariato strategico con l’Azerbaigian.
- Negli ultimi sette mesi, ovvero dal primo gennaio di quest’anno ad oggi, da Baku sono partiti più di tre miliardi di metri cubi di gas naturale in direzione dell’Ue.
L’agenda di Michel a Baku
Economia ed energia a parte, Michel e Aliyev hanno profittato dell’incontro per discutere di innovazione, investimenti e sicurezza regionale, nonché della possibile mediazione dell’Ue tra i due ex belligeranti a favore della normalizzazione e della pacificazione. Argomenti e fascicoli che Michel ha potuto toccare anche con mano, ovvero viaggiando da una parte all’altra della capitale azerbaigiana.
Oltre ad avere avuto un incontro con Aliyev, invero, il presidente del Consiglio europeo ha visitato il quartier generale di Azercosmos – dove è venuto a conoscenza dei risultati della cooperazione spaziale euro-azerbaigiana –, ha incontrato il titolare del Ministero dei Trasporti, Rashad Nabiyev, che lo ha invitato ufficialmente al Congresso astronautico internazionale – che Baku ospiterà nel 2023 –, ha messo piede nella bellissima moschea Juma di Shamakhi e, ultimo ma non meno importante, ha discusso con le autorità locali delle potenzialità del sistema infrastrutturale azerbaigiano e del ruolo che l’Ue potrebbe giocare nel suo potenziamento ai fini del consolidamento dell’asse con l’Azerbaigian e dell’aumento del commercio intracontinentale.
Capire il viaggio di Michel
Michel è volato a Baku con una consapevolezza: non Tbilisi, e neanche Erevan, ma solo e soltanto la Terra del fuoco può fornire a Bruxelles le chiavi della sicurezza energetica, o meglio della diversificazione energetica, e fungere da trampolino di lancio utile a raggiungere con comodità e sicurezza quella prateria sterminata che è l’Asia centrale. Una prateria, quella stesa dal Caspio alle estremità orientali degli –stan, che fa gola ai grandi concorrenti di Bruxelles, in primis Ankara, Pechino e Mosca, e all’interno della quale si può entrare soltanto con il permesso degli accoglienti ma diffidenti padroni di casa.
Mettendo Baku letteralmente al centro del tour regionale, in sintesi, Michel non ha discusso solamente di un’agenda comune per l’Asia centrale e gettato le fondamenta per un’ulteriore espansione della cooperazione bilaterale, specie in infrastrutture e transizione verde, ma ha anche voluto ribadire agli spettatori che il sogno di fare del Caucaso meridionale un’appendice dell’Europa allargata, lungi dall’essere morto, è più vivo che mai. E quanto questo sogno sia vivo, e quanto l’Ue sia in grado di renderlo incisivo, sarà possibile comprenderlo a dicembre, in occasione del prossimo vertice del Partenariato orientale.