Il comitato ristretto della Camera che indaga sull’attacco del 6 gennaio 2021 al Campidoglio degli Stati Uniti ha dato il via, giovedì sera, alla prima di una serie di udienze pubbliche con la proiezione di filmati inediti dell’attacco e testimonianze varie. Come riporta la Cbs, il presidente del comitato Bennie Thompson e la vicepresidente, Liz Cheney, nelle loro dichiarazioni di apertura hanno spiegato come molte persone vicine all’ex presidente non credessero alla teoria dell’elezione “rubata”. Fra queste, l’ex procuratore generale William Barr, il quale ha dichiarato davanti alla commissione del 6 gennaio di aver detto a Trump che le sue teorie sulle frodi elettorali erano “cazzate”. La stessa Ivanka Trump era dubbiosa sulle teoria dell’elezione rubata, e avrebbe detto di fidarsi del giudizio di Barr.
L’attacco di Liz Cheney
Durante la prima udienza pubblica sui fatti del 6 gennaio, Liz Cheney – acerrima rivale repubblicana di Trump – ha spiegato che l’allora vicepresidente Mike Pence ha agito da “presidente ombra “mentre i rivoltosi assaltavano il Campidoglio. Fu Pence, infatti, a chiamare la Guardia nazionale, e non Trump. Cheney ha inoltre pronunciato parole molto dure nei confronti dei colleghi di partito e per coloro che si sono allineati all’ex presidente dopo l’attacco: “Verrà un giorno in cui Donald Trump se ne sarà andato, ma il vostro disonore rimarrà”.
Tuttavia, il tema principale di questa prima udienza è stato l’esame della violenza di quelle ore e la ricostruzione dei fatti. Come riportato dalla Cnn, il comitato ha reso nota la testimonianza di alcuni ex funzionari della Casa Bianca che hanno spiegato come l’ex presidente non volesse, a loro dire, che l’attacco al Campidoglio degli Stati Uniti si fermasse, e come The Donald si oppose con rabbia ai suoi stessi consiglieri che lo stavano esortando a richiamare all’ordine i rivoltosi.
L’ufficiale di polizia del Campidoglio Caroline Edwards, che quel giorno ha subito una lesione cerebrale, ha testimoniato della sua esperienza davanti alla commissione, descrivendola come “carneficina” e “caos”. Nel filmato che è stato mostrato dell’attacco, nessuno ha cercato di aiutare Edwards dopo che quest’ultima ha perso conoscenza dopo essere stata colpita con una rastrelliera per biciclette. “Posso solo ricordare il respiro che mi si bloccava in gola, perché quello che ho visto era solo una scena di guerra. Era qualcosa di simile a quello che avevo visto nei film. Non potevo credere ai miei occhi. C’erano agenti a terra, sanguinavano, vomitavano…”.
Il comitato ha inoltre presentato al pubblico americano i due dei gruppi di estrema destra presenti il 6 gennaio: i Proud Boys e gli Oath Keepers, considerati dalla commissione “l’avanguardia della rivolta”. Secondo quanto ricostruito, sono stati tra i primi ad entrare al Campidoglio e sono accusati di aver pianificato la violenza. Il regista di documentari Nick Quested, che ha testimoniato giovedì, ha detto che era con i Proud Boys quando si sono incontrati al Campidoglio prima del discorso di Trump all’Ellipse. Il loro obiettivo era Capitol Hill.
Trump attacca il comitato
La replica dell’ex presidente non è tardata ad arrivare. In una dichiarazione diffusa nella tarda serata di giovedì, Trump ha definito i membri del comitato ristretto degli “hack politici” (politico che appartiene a una piccola cricca che controlla un partito politico per fini privati piuttosto che pubblici, ndr), accusandoli di non aver interpellato “nessuno dei tanti testimoni e dichiarazioni favorevoli” all’ex presidente durante l’udienza. “Il nostro Paese è in tali guai!” ha scritto Trump. Il comitato sta pianificando una serie di udienze questo mese per continuare a esporre i risultati dell’indagine, durata 11 mesi. Il prossimo incontro sarà lunedì 13 giugno, seguito dal 15 giugno e dal 16 giugno.
Dopodiché il Comitato potrebbe chiedere l’incriminazione di Donald Trump. Secondo il Guardian, che cita alcune fonti anonime, la Commissione della Camera che indaga sull’assalto al Campidoglio potrebbe chiedere al ministero della Giustizia di accusare l’ex presidente di un ventaglio di reati che vanno dalla cospirazione per sovvertire il risultato delle elezioni a capi d’imputazione meno gravi come l’ostruzione diretta dell’attività del Congresso.
I dubbi del Premio Pulitzer
Non tutti gli opinionisti sono convinti che quello del 6 gennaio fu un serio tentativo di colpo di stato. Secondo il Premio Pulitzer Glenn Greenwald, infatti, questa narrazione è ampiamente gonfiata dai democratici per delegittimare i repubblicani. “Quello che è successo il 6 gennaio è stato brutto e inquietante. Ma non era affatto simile un’insurrezione, un colpo di Stato o qualsiasi cosa che minacciasse la democrazia americana (nella misura in cui si può dire che esista) in modo fondamentale o duraturo” osserva Greenwald. “Quella verità fondamentale – che era semplicemente una protesta arrabbiata che, come tante del suo genere, si è trasformata organicamente in una rivolta di tre ore che non ha ucciso nessuno tranne quattro dei manifestanti – ne distrugge il valore. Solo la falsa narrativa che è stata costruita nell’ultimo anno e consacrata dalle folli feste odierne può trasformare questo banale episodio in qualche evento storico mondiale che fa subito degli eroi di coloro che erano lì ad opporsi e giustifica tutto e tutto ciò che è stato fatto in il nome di impedirne la ripetizione”.