La crisi della penisola coreana sta rimettendo in discussione molte certezze ritenute ormai granitiche nelle nazioni dell’estremo Oriente. L’elezione di Shinzo Abe alla guida del Giappone, con la sua idea di modificare la rigida interpretazione della costituzione giapponese, dando la possibilità di intervento militare in caso di attacco ad un alleato, è un esempio di come la Corea del Nord stia cambiando gli equilibri politici e miliare della regione. Ma non c’è solo il Paese del Sol Levante nella lista degli Stati intenzionati a modificare la loro politica in termini di maggiore capacità bellica. E in particolare, il settore dove potrebbero esserci cambiamenti rilevanti nel prossimo futuro, è proprio quello più temuto: la capacità nucleare.
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Secondo quanto riporta il New York Times, il 60% dei sudcoreani vuole dotarsi di un arsenale nucleare, perché teme che in caso di attacco da parte del regime nordcoreano, gli Stati Uniti non rischierebbero di intervenire contro Pyongyang ora che quest’ultima ha dimostrato di possedere non soltanto la bomba all’idrogeno (testata il 3 settembre scorso con una prova che ha scatenato l’ira e la preoccupazione di tutta la diplomazia mondiale) ma anche missili balistici in grado di colpire il territorio degli Stati Uniti, quantomeno nella parte occidentale. Come ricordato dall’ex segretario di Stato Henry Kissinger, la corsa all’atomica potrebbe caratterizzare l’intero continente asiatico, come avveniva ai tempi della Guerra Fredda: “Se (i nordcoreani) avranno ordigni atomici, allora questi si diffonderanno nel resto dell’Asia. Non potrà mai accadere che la Corea del Nord sia il solo Paese coreano ad avere l’atomica, senza che i sudcoreani non tentino di farsi la propria. E questo è valido anche per il Giappone. Pertanto stiamo tornando a parlare di proliferazione nucleare”. Ipotesi non del tutto remote, soprattutto perché è dall’inizio della crisi in Corea che sia a Seul che a Tokyo si discute animatamente della possibilità di avviare un proprio programma nucleare nazionale. Questo nonostante il Giappone sia lo Stato che da sempre evitava la possibilità di possedere un’arma nucleare anche e soprattutto a causa delle stragi di Hiroshima e Nagasaki che, ancora oggi, restano un monito ineluttabile dell’orrore della guerra atomica. Ma i tempi sono cambiati e anzi, il possesso di un arsenale nucleare è ormai divenuto forse la garanzia maggiore dell’impossibilità di una guerra con l’uso di queste armi. La deterrenza nucleare in fondo si basa proprio su questo concetto: mettere in campo una serie di contromosse, come l’uso di armi nucleari, per cui il nemico è dissuaso dall’intraprendere un attacco.
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La Corea del Sud e il Giappone hanno già le capacità tecniche e il materiale fissile necessario per dotarsi della bomba atomica. Le centrali nucleari per uso civile hanno infatti dato ad entrambi i Paesi scorte di combustibile non più utilizzabile che possono essere già usate per produrre armi. Come scrive il New York Times, “Seul ha 24 centrali nucleari e un ammontare di barre di combustibile non più utilizzabile per generare energia ma da cui si può estrarre il plutonio per costruire 4300 testate”. Il Giappone invece avrebbe già “10 tonnellate di plutonio nel Paese e 37 milioni di tonnellate conservate all’estero, con cui costruire 6.000 di bombe”. Una corsa al nucleare che, fra l’altro, potrebbe non vedere soltanto interessate Corea del Sud e Giappone. Anche Stati più o meno insospettabili come l’Australia o lo stesso Myanmar stanno valutando la possibilità di avere un proprio arsenale nucleare. E del resto, l’Asia si tra trasformando in uno dei Paesi con i maggiori rischi di utilizzo di questo tipo di armi. Dal Mediterraneo (Israele) all’estremo Oriente, passando per India, Pakistan e Cina, tutte le grandi potenze hanno un loro arsenale atomico. E al nord non va dimenticata la Russia, che, pur con la sua proiezione eurasiatica, è a tutti gli effetti anche una superpotenza orientale visto che i due terzi della Federazione risiedono nel continente asiatico. Le crescenti tensioni comportano inevitabilmente la volontà degli Stati di riequilibrare questo assetto di poteri, consapevoli che le sfide del futuro si giocheranno inevitabilmente in questo continente, sia dal punto di vista politico che dal punto di vista commerciale. La corsa per il controllo dell’Oriente andrà certamente di pari passo con una pericolosa corsa alle armi nucleari.