Vivere costantemente in equilibrio fra due potenze, cercare di mediare, riuscire nell’intento di non passare come nemico di nessuna delle due parti del mondo, ma soprattutto cercare il più possibile di guadagnare posizioni nonostante il rigido schema Oriente contro Occidente che cerca di imporsi nell’attualità.Sono questi i tratti distintivi con cui si possono sintetizzare le scelte geopolitiche dell’Armenia. Non è, ovviamente, una strada facile: ma è quella che sembra voler percorrere il presidente Serzh Sargsyan. Nel 2013, l’Armenia sembrava essersi definitivamente spostata nell’orbita occidentale.In quell’anno infatti, soprattutto a seguito dell’incontro sulla partnership orientale fra Paesi dell’Europa Orientale e Unione Europea, sembrava che stesse per concludersi fra Armenia e Unione europea lo stesso accordo che avrebbe voluto stipulare anche l’Ucraina con l’Ue.Accordi di associazione e libero scambio che però naufragarono, lasciando però strascichi importanti nella situazione politica interna armena. Anche se non vi fu una vera e propria piazza Maidan come in Ucraina, pure a Yerevan furono inscenate diverse proteste, che si unirono successivamente al malcontento sociale per la politica dei prezzi sull’elettricità gestita dallo Stato.Queste proteste sono state da subito messe in stretta correlazione con quanto stava avvenendo a livello diplomatico fra Russia ed Armenia. Yerevan aveva infatti appena messo piede nell’unione doganale euroasiatica, mentre dal 2014 era entrata a far parte dell’Unione economica euroasiatica. Chiaramente queste scelte sono state dettate da molteplici fattori, in cui le relazioni con la Russia ma soprattutto le mosse del Cremlino tra Medio Oriente e Occidente, hanno svolto e svolgono tuttora un ruolo preponderante.L’Armenia ha nella Russia un partner di primissimo livello, sia a livello economico che politico, come del resto tutti i Paesi che vivono in prossimità della Federazione. In particolare l’Armenia rappresenta un unicum nel Caucaso poiché, pur non confinando con la Russia, è l’unica nazione che ospita basi militari russe sul suo territorio.Una relazione su base militare che è di vitale importanza per la regione, e che è fondamentale per entrambe le parti dell’accordo. Per la Russia, le basi in Armenia rivestono un ruolo di particolare importanza poiché servono a confermare il controllo strategico di Mosca sull’area del Caucaso, soprattutto in relazione alla questione osseta e dell’Abkhazia; un’importanza che  è stata recentemente accresciuta dal piano strategico di Mosca di rafforzare lo schieramento nel Paese di missili Iskander.Ma è un’alleanza militare che serve all’Armenia stessa per la tutela del proprio territorio, in quanto, in cambio della concessioni di basi sul suo territorio, la Russia ha l’obbligo di difendere l’Armenia da invasori esterni: un dato interessante se messo in relazione con il conflitto mai terminato con l’Azerbaijan per il controllo del Nagorno-Karabakh.In questo contesto, non può inoltre essere dimenticata la prossimità dell’Armenia all’Iran, alleato strategico della Russia in tutto il Medio Oriente e in Asia Centrale. Gli stretti rapporti economici che si stanno sviluppando soprattutto negli ultimi anni fra Teheran e Mosca, deve indurre gli osservatori a non sottovalutare il ruolo dell’Armenia, funzionale, da un punto di vista anche solo prettamente geografico, alla costruzione di una cintura di interessi reciproci fra le due potenze euroasiatiche.Nonostante la stretta alleanza con Mosca, l’Armenia non ha comunque accantonato le sue aspirazioni ad avere con l’Europa delle relazioni privilegiate. In questo senso, è di particolare interesse la firma questo mese di un Accordo di Partenariato Completo e Rafforzato nei settori di energia, trasporti, ambiente e ricerca fra Yerevan e Bruxelles.Un accordo importante, che pur non trattando ovviamente la questione doganale, essendo ormai di pertinenza della colazione eurasiatica, affonda le sue radici proprio nell’accordo pensato nel 2013 e poi naufragato sul nascere. Se questo equilibrismo armeno sembra dare suoi frutti per tutto lo Stato, le elezioni che si terranno il 2 Aprile, dopo che la riforma costituzionale ha modificato l’ordinamento statale in una repubblica parlamentare, potrebbero essere decisive per le sorti della politica armena. Dalle urne sembra dover uscire vincitore, senza troppi problemi, il partito repubblicano del Presidente Sargsyan, ma potrebbe dare una sferzata alle politiche molto personali del presidente, dovendo quest’ultimo risponderne a un parlamento eletto dal popolo. Dubbi sull’equilibrismo di Yerevan che, tuttavia, vista la crisi diplomatica fra Mosca e Occidente e vista soprattutto la difficoltà intrinseca dello scenario caucasico, rischiano di ricevere una risposta non tanto dal popolo armeno con le urne né dall’azione del parlamento e del Presidente, quanto dallo stesso inesorabile scorrere del tempo.





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