La nave Aquarius sbarcherà a Valencia e la sinistra spagnola esulta. E con lei una certa sinistra europea. Non tutta, ma quella che cerca di ricordare la propria identità attraverso una battaglia, quella sull’immigrazione, che non si sa dove possa approdare. Proprio come l’Aquarius, ferma davanti alle coste siciliane in attesa di capire in quale porto sbarcare il suo carico di 630 persone.
La verità che in Spagna, così come in Italia e in Europa, si è creato un circuito mediatico senza precedenti per una questione che andrebbe osservata sotto un altro aspetto. C’è davvero umanità in questi gesti? O c’è anche tanta (se non solo) voglia di apparire come diversi dagli altri, di essere considerati migliori di altri governi?
L’affaire Aquarius pone un interrogativo: dove finisce la beneficenza e inizia l’opportunismo? La gara fra città governate dalle sinistre spagnole per accogliere la nave bloccata da Matteo Salvini non rende giustizia all’umanitarismo. C’è dell’altro. Una guerra mediatica dove Barcellona e Valencia, primi porti in grado di accogliere la nave (poi si è parlato anche di Palma) si sono combattute per essere designate come città-rifugio.
I sindaci Ada Colau e Joan Ribó i Canut hanno subito dato disponibilità delle loro città. Manuela Carmena, sindaco di Madrid, ha detto che accoglierà una ventina di famiglie nella capitale spagnola. I partiti che compongono il nuovo esecutivo guidato da Pedro Sanchez, in particolare Partito socialista e Podemos, hanno subito voluto ricordare chi sia stato il primo a proporre la soluzione spagnola per la nave dell’Ong Sos Mediterranée
La domanda che sorge spontanea però è se si tratti realmente di solidarietà. E i dubbi restano. Specialmente in un sistema politico come quello europeo (ma potremmo dire anche occidentale) dove non esiste più una strategia diversa rispetto all’avversario, ma una vera e propria guerra ideologica.
Una guerra di religioni politiche, con i suoi totem, i suoi tabù, i suoi rituali e le sue liturgie. Da una parte il muro, dall’altra l’accoglienza. Da una parte il bene, dall’altra il male. Divisi con il coltello, come se fosse impossibile discutere di una soluzione che sia effettivamente per il bene dello Stato ma anche delle persone che si vogliono accogliere o respingere.
In questa corsa sfrenata all’accoglienza, per esempio, qualcuno si è posto il problema di come saranno sistemate queste persone? Qualcuno ha dato modo a queste centinaia di persone di capire dove vivere, che lavoro svolgere, come riuscire a raggiungere i luoghi dove desideravano arrivare? Non sembra questo il caso. Ne ha scritto El Pais, che ha un reporter sulla nave in rotta verso Valencia, mentre molti esultano, altri migranti sono furiosi, perché sanno che in Spagna troveranno la condanna al rimpatrio, soprattutto i nordafricani.
E allora, se tutto è così effimero, la logica sembra essere stata semplicemente quella di voler apparire. Essere in grado di dimostrare all’altra Europa, quella del sovranismo, che esiste una distanza culturale, quasi umana prima ancora che politica.
Il discorso appare cinico, come lo ha definito La Gaceta. Ma il cinismo è anche di chi sfrutta una situazione di crisi momentanea per mostrarsi come chi accoglie ma non per risolvere una crisi sistemica. Abbiamo accolto una nave, ma respingiamo migliaia di persone al confine con il Marocco. Come ha fatto Emmanuel Macron, che ha avuto il coraggio di dare lezioni a Roma sui migranti quando ne ha respinti migliaia a Ventimiglia o quando ha chiuso (lui sì) i porti alle Ong che trasportavano persone in fuga dall’Africa.
È cinico bloccare un porto a una nave che arriva carica di persone in fuga dall’Africa? Sì, come è cinico far finta di accoglierli e dare lezione di accoglienza. Ora che Sanchez ha fatto vedere di essere diverso dal suo predecessore, Mariano Rajoy, e dalle destre europee, vediamo se sarà coerente. La solidarietà a intermittenza si chiama strumentalizzazione, come al contrario: stesso meccanismo.