La campagna di Budapest contro George Soros infiamma il dibattito. Il governo del Primo Ministro Viktor Orbán ha tappezzato l’Ungheria di manifesti contro il magnate – naturalizzato americano ma nato a Budapest il 12 agosto del 1930 – considerato dallo stesso premier «un nemico della patria» al servizio «dei poteri forti» contro il suo governo. Un braccio di ferro, quello tra Orbán e Soros, che prosegue da mesi, tanto che il parlamento nazionale ha votato, poche settimane fa, una legge che inasprisce i controlli sulle organizzazioni non governative (ong) che ricevono fondi esteri.

Nel mirino ci sono proprio le organizzazione finanziate dalla Open Society Foundations di cui lo speculatore – «filantropo» per la sinistra politicamente corretta e globalista – è il presidente. «Non dobbiamo concedere a Soros l’ultima risata» – si legge sui manifesti, dove si ribadisce, inoltre, che «il 99% degli ungheresi rifiuta l’immigrazione clandestina». La comunità ebraica ungherese ha condannato la campagna di Orbán definendola «antisemita». Soros, infatti è nato col nome di György Schwartz in una famiglia di ebrei ungheresi. Israele, tuttavia, pur prendendo le distanze dall’iniziativa, rincara la dose contro lo speculatore, affermando che il suo obiettivo è quello di minare la stabilità di governi eletti democraticamente.

Il ministro degli Esteri israeliano contro George Soros

La prima presa di posizione è quella dell’ambasciatore israeliano in Ungheria, Yossi Amrani, il quale ha criticato il governo, sottolineando che tale iniziativa «evoca ricordi tristi, ma semina anche odio e paura». Poche ore più tardi è arrivata la precisazione del ministro degli Esteri di Israele espressa attraverso un comunicato ufficiale: «In nessun modo la dichiarazione dell’ambasciatore ha l’obiettivo di delegittimare la critica contro George Soros, che mina l’operato dei governi democraticamente eletti di Israele attraverso il finanziamento di organizzazioni che diffamano lo Stato ebraico, cercando di negare il suo diritto a difendersi». Parole molto dure che testimoniano il rapporto conflittuale tra il noto speculatore e lo stato d’Israele.

Netanyahu a Budapest

Il caso scoppia pochi giorni prima della visita nella capitale ungherese del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo alcuni media locali israeliani, Netanyahu sposerebbe la linea adottata dal suo ministro degli esteri. Ma in Israele c’è anche chi difende Soros. Il leader del partito israeliano Meretz, Zeheva Gal-On, per esempio, accusa il governo di «sostenere l’antisemitismo mondiale». Al momento il magnate non ha commentato il fatto ma Human Rights Watch – ong finanziata dalla Open Society Foundations – si è scagliata contro Orbán, sostenendo che «i manifesti ricordano quelli dei nazisti contro gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale».

Lo scontro sull’immigrazione

Viktor Orbán e George Soros, non è un mistero, hanno due visioni del mondo completamente diverse, in particolare sul tema dell’immigrazione e dei rifugiati, sul quale si sono scontrati più volte. Il governo ungherese ha puntato il dito contro il magnate e la sua rete, colpevole di aver orchestrato una campagna diffamatoria contro Budapest dopo la chiusura delle frontiere operata dal governo Orbán, volta a delegittimarne l’operato. Lo scorso aprile, non senza polemiche e proteste, l’esecutivo ha approvato un disegno di legge che limita l’autonomia dell’università fondata da George Soros e dalla Open Society Foundations (la Central European University di Budapest) . Secondo Viktor Orbán, senza la nuova legge si sarebbe mantenuto in vita sistema che avrebbe dato alla Ceu dei privilegi di cui le altre università ungheresi non possono godere.

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