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Qualche anno di pace, lunghi periodi di scontri aperti. Ma una costante ostilità presente anche nei momenti di relativa calma, che non cessa dal 1947, da quando, cioè, i due paesi dell’ex impero britannico sono stati divisi. India e Pakistan non hanno mai smesso di guerreggiare e di lanciarsi reciproche accuse. Gli scontri “verbali”, ma anche quelli a fuoco, sono ripresi dopo che nei giorni scorsi diciotto soldati indiani sono stati uccisi in un attacco contro la base militare di Uri, nel Kashmir.La regione himalayana rimane territorio conteso tra i due Paesi e, ogni volta in cui qualcosa vi accade, si riaccendono sospetti e violenze. Già poche ore dopo la morte dei militari indiani, New Delhi aveva attribuito ogni responsabilità, apertamente e senza giri di parole, al gruppo jihadista Jaish-e-Mohammed che ha base in Pakistan. L’intervento all’assemblea dell’Onu si è concentrato come sempre sul Kashmir, tanto è vero che mentre il ministro dell’interno indiano Rajnath Singh non esitava a definire il Pakistan uno “stato terrorista”, il ministro degli esteri pakistano replicava tirando in ballo la questione del territorio conteso. “New Delhi tenta in tutti i modi di sviare l’attenzione dalle violazioni dei diritti umani nel Kashmir amministrato dall’India”, è stata l’accusa diretta.Il ministro degli interni indiano Singh ha chiesto l’isolamento del Pakistan sulla scena internazionale, posizione condivisa dal quotidiano Hindustan Times, secondo il quale la risposta all’attacco di Uri “non dev’essere diretta dall’indignazione popolare, dalla rabbia dei militanti del Bharatiya janata party (Bjp, il partito nazionalista indù al potere) o dell’esercito”. I due Paesi hanno comunque trasformato l’Assemblea generale dell’Onu in un luogo di violente accuse reciproche perché, nonostante il premier pakistano Nawaz Sharif avesse usato ufficialmente toni morbidi, lui stesso aveva recapitato a Ban Ki-Moon un dossier sulle violazioni indiane in Kashmir. Islamabad intanto ha chiuso lo spazio aereo nelle zone vicine al conteso territorio del Kashmir dove sono state previste esercitazioni aeree. Quest’ultima circostanza ha fatto crescere il sospetto che le forze armate del Pakistan si stiano preparando a una possibile escalation militare. Lo stato di allerta è massimo e in alcune zone, come nel Maharashtra, è stato innalzato.Islamabad ha sostenuto che una pace con l’India potrà arrivare solo con la risoluzione del “contenzioso Kashmir” e con la sua demilitarizzazione, ma l’India, che segnala infiltrazioni terroristiche dall’area kashmira controllata dai pakistani, non può accettare l’idea. Come se un tale livello di tensione non bastasse, gli Usa, alleati di entrambi i Paesi, devono ovviamente dire la loro. E così il segretario di Stato Kerry, dando un colpo al cerchio e uno alla botte, ha condannato l’attacco di Uri ma al contempo si è detto preoccupato per le violenze in Kashmir. Parallelamente, due parlamentari americani hanno deciso di chiedere al Congresso un voto che definisca il Pakistan “Stato sponsor del terrorismo”.cristiani_sotto_tiroTra le pressioni esterne, non manca quella dell’Afghanistan, anch’esso eternamente diviso e contrapposto al Pakistan. Sarwar Danish, vicepresidente afghano, ha accusato il Pakistan di aver “allevato” i talebani, ospitato Al Qaeda e di dare rifugio alla Rete Haqqani, fazione talebana estremista. Intanto, scontri armati si sono verificati di nuovo in Kashmir in queste ore e la Russia continua ad inviare armi al Pakistan. Tra le ombre che oscurano il già cupo cielo orientale, resta la preoccupante questione delle armi nucleari delle quali sia India che Pakistan hanno fatto sfoggio negli anni a scopo deterrente. Una situazione particolarmente delicata, che richiede la massima attenzione.

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