In Algeria, il più vasto Paese dell’Africa, secondo fornitore di gas dell’Italia dopo la Russia, tornano le proteste del cosiddetto Al Hirak. Questo movimento popolare pro-democrazia costrinse due anni fa l’anziano e malato presidente Abldekaziz Bouteflika a dimettersi dopo 20 anni al potere. Come riferisce l’Agenzia Nova, migliaia di persone hanno ripreso a sfidare ogni martedì e venerdì le restrizioni anti-Covid occupando le piazze. L’ingente dispositivo di sicurezza messo il campo dalle autorità ha permesso di evitare scontri di rilievo e grandi sommosse, ma gli arresti della polizia hanno contribuito ad esacerbare la tensione nonostante i segnali apparentemente concilianti lanciati dal presidente Abdelmajid Tebboune. L’attuale capo dello Stato, eletto nel novembre 2019 con un’affluenza di poco inferiore al 40 per cento, ha sciolto il Parlamento, liberato decine di attivisti, indetto elezioni per il 12 giugno e ratificato una nuova legge elettorale. L’opposizione a Le Pouvoir (“Il Potere”, come viene chiamato il sistema che ha governato il Paese per decenni), anche e soprattutto di orientamento islamista legata ai Fratelli musulmani, ha la possibilità di scendere dal Colle Aventino dove si è auto-relegata e porre fine a un boicottaggio che, per ora, non sembra aver ottenuto grandissimi risultati.

Un’opposizione divisa

I partiti di opposizione algerini appaiono divisi e incapaci di creare un fronte unico. Sei formazioni politiche hanno annunciato l’intenzione di partecipazione alle elezioni parlamentari anticipate: il Movimento per la società della pace (il partito più vicino alla Fratellanza), il Movimento per la costruzione nazionale islamica (Harakat al-Bina al-Watani), il partito liberale della Nuova generazione (Jil Jadid), il Fronte del futuro nazionale (Jabhat El Moustakbel), il Fronte di liberazione nazionale e il Raggruppamento nazionale democratico (Rnd). Altri, tuttavia, in particolare il Partito laburista e il Raggruppamento per la cultura e la democrazia, hanno espresso riserve su questo passo. Un duro monito, intanto, è arrivato dalla rivista ” El Djaich” dell’Esercito. Gli oppositori del presidente Tebboune, il quale “desidera costruire nuova Algeria, forte, senza corruzione né odio”, sono considerati dai militari alla stregua dei pipistrelli: “Preferiscono l’oscurità e il buio, sfruttano l’Hirak e perfino la pandemia per seminare discordia e divisione, nell’intento di recidere i legami di coesione tra il popolo e il loro esercito, mettendo quindi in discussione le basi stesse su cui poggia la Nazione”.

La nuova legge elettorale

Tebboune ha recentemente ratificato una nuova legge elettorale che introduce alcune novità che, almeno in apparenza, sembrano voler tagliare con il passato e favorire un ricambio della classe politica:

  • non possono presentarsi al voto i deputati che hanno già servito per due mandati, consecutivi o separati
  • i candidati non devono essere “noti per aver avuto legami con circoli economici e finanziari dubbi e per avere un’influenza diretta o indiretta sul regolare svolgimento delle operazioni elettorali”;
  • le liste saranno aperte e non più chiuse, consentendo agli elettori di scegliere a chi assegnare la loro preferenza;
  • la soglia delle firme necessarie per presentarsi agli elettori scende da 250mila a 50mila;
  • i candidati e le liste devono nominare un tesoriere della campagna elettorale e presentare i conti all’Autorità elettorale nazionale indipendente (Anie);
  • la legge favorisce i giovani e le donne in caso di parità tra due candidati;
  • il testo aumenta la quota di giovani (under 40 anni) e degli accademici nelle liste elettorali.

Una fase delicata

Vale la pena sottolineare che dopo le dimissioni di Bouteflika, nel Paese è iniziata una vera e propria Tangentopoli in salsa algerina che ha portato all’epurazione di ex capi di governo, ministri e capitani d’industria. Secondo le testimonianze di leader di partito e parlamentari processati per casi di corruzione legati alle elezioni, i primi posti nelle vecchie “liste chiuse” dei partiti venivano stati assegnati in cambio di tangenti. La nuova legge ha di fatto abolito questo sistema, ma il rischio ora è quello di una compra-vendita dei voti tra candidati ed elettori. E i partiti di orientamento islamista, tramite il sistema della zakat (l’elemosina legale), rendono difficilmente tracciabili le loro transazioni. Ecco perché il presidente algerino Tebboune, durante la campagna elettorale del 2019, aveva promesso di lottare contro “l’ingerenza del denaro sporco” nel processo elettorale, facendo appello a una separazione netta tra denaro e politica. Il futuro del “gigante africano” dai piedi sabbia dipenderà da questa delicata fase pre-elettorale, tra proteste, pandemia e presunti tentativi di destabilizzare lo Stato da oltreconfine (in particolare dalla Francia).

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